Pollone, Stefania (2016) «Che forma la meraviglia dell’Intiera Europa». Conoscenza, interpretazione e restauro dell’antico a Paestum tra il tardo Settecento e la prima metà dell'Ottocento. [Tesi di dottorato]

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Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: «Che forma la meraviglia dell’Intiera Europa». Conoscenza, interpretazione e restauro dell’antico a Paestum tra il tardo Settecento e la prima metà dell'Ottocento
Autori:
AutoreEmail
Pollone, Stefaniastefania.pollone2@unina.it
Data: 31 Marzo 2016
Numero di pagine: 454
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: Architettura
Scuola di dottorato: Architettura
Dottorato: Storia e conservazione dei beni architettonici e del paesaggio
Ciclo di dottorato: 28
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Di Mauro, Leonardoleonardo.dimauro@unina.it
Tutor:
nomeemail
Russo, Valentina[non definito]
Data: 31 Marzo 2016
Numero di pagine: 454
Parole chiave: Paestum; restauro archeologico; conservazione
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 08 - Ingegneria civile e Architettura > ICAR/19 - Restauro
Depositato il: 03 Mag 2016 11:49
Ultima modifica: 18 Mag 2019 01:00
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/11069

Abstract

Il tema di ricerca si attesta nell’ambito del curriculum del dottorato di ricerca in Storia del restauro e declina l’attenzione su tematiche connesse al restauro archeologico. Oggetto dello studio sono i processi di conservazione dell'area archeologica di Paestum che vengono indagati, nello specifico, con particolare riferimento al periodo compreso tra il tardo Settecento e la prima metà dell’Ottocento. Il percorso di ricerca si articola affrontando i differenti tematismi secondo una scansione cronologica e approfondendo la conoscenza degli interventi e degli operatori del periodo indicato. Un intervallo temporale, quest’ultimo, nel quale si sono delineati gli indirizzi di metodo e gli sviluppi operativi più significativi e più utili anche al fine di poter tracciare un’evoluzione degli approcci nei confronti delle preesistenze, delle modalità di rappresentazione e di rilievo di queste, delle tecniche e dei materiali adoperati, nonché del concetto stesso di conservazione per il quale, nel caso specifico, l’attenzione si è andata ampliando dal singolo monumento al sito nella sua complessità. Partendo, quindi, da una lettura critica degli interventi di reimpiego, adattamento, riuso o, in alcuni casi, di restauro ante litteram che i lucani, i romani e gli operatori del Medioevo condussero sulle strutture preesistenti, la ricerca sviluppa una disamina di quei presupposti culturali che contribuirono alla ‘riscoperta’ ideale del sito di Paestum – avvenuta intorno alla metà del XVIII secolo – ovvero all’‘invenzione’ di quel mito – per dirla con Giulio Carlo Argan – al quale la cultura illuminista avrebbe associato una delle più significative icone delle grecità. Attraverso una contestuale interpretazione delle testimonianze letterarie, storiografiche e iconografiche che precedettero, accompagnarono e seguirono – con frequenza crescente – le fasi di riscoperta della città antica, lo studio mira a individuare un quadro critico dei primi approcci conoscitivi, tanto di natura erudita, quanto di slancio più propriamente scientifico che interessarono il sito e che videro impegnate alcune tra le più importanti personalità dell’epoca. D’altro canto, la disamina delle proposte e degli interventi condotti in corpore vili al fine di conservare la fragile materia antica e i significati da essa veicolati, definiti a partire dalla fine del XVIII secolo, diventa presupposto fondamentale per l’interpretazione delle influenze culturali e scientifiche, delle modalità operative e delle finalità di tali approcci. Il coinvolgimento di figure legate alla committenza regia, all’accademia e, dalla seconda metà dell’Ottocento, agli ambiti ministeriali – Francesco La Vega, Antonio e Carlo Bonucci, Ciro Cuciniello, Pietro Bianchi, Gaspare Fossati, Ulisse Rizzi, Raffaele D’Ambra, Giulio Minervini – permette, da una parte, di riflettere circa l’evoluzione degli indirizzi provenienti dal mondo ‘istituzionale’ e da quello scientifico in materia di conservazione del patrimonio archeologico; dall’altra, di cogliere i riflessi delle esperienze condotte nel sito pestano nella definizione dei principi del restauro archeologico e delle più generali linee di tutela e protezione di tale patrimonio, formulate, con sempre maggiore consapevolezza, durante il XIX secolo. Dei differenti operatori si analizzano, quindi, l’approccio nel restauro delle architetture del sito archeologico e, più in generale, quello nei confronti della conservazione delle antichità, operando paralleli rispetto ad altri cantieri di restauro, senza trascurare l’indagine dei riflessi dell’antico nella produzione della nuova architettura. Prestando particolare attenzione al contributo delle accademie internazionali d’architettura e, in modo particolare di quella francese, rispetto alle più generali questioni di ‘avvicinamento’ all’antico, si delinea, inoltre, quell’evoluzione metodologica che, nell’ambito del percorso formativo dei giovani architetti, avrebbe fatto dello studio e della comprensione dell’architettura antica, indagata attraverso l’attento rilievo e l’esercizio del disegno, lo strumento per costruire consapevolezza del restauro e del progetto del nuovo. Parallelamente a una lettura degli indirizzi operativi, non si tralascia, quindi, l’influenza che le pubblicazioni scientifiche – in primo luogo quelle di Delagardette e Labrouste – ebbero nel definire le metodologie di indagine e di interpretazione dell’architettura antica, focalizzando l’attenzione sul ruolo che le architetture di Paestum hanno assunto in tale processo interpretativo. Alla lettura sinottica delle testimonianze storiografiche, iconografiche e operative, si accompagna, inoltre, l’interpretazione dei provvedimenti ‘istituzionali’ rivolti alla tutela del patrimonio archeologico, dei quali – partendo dalle leggi borboniche, passando per le ‘istruzioni’ per i regi custodi predisposte dai Soprintendenti alle Antichità e agli Scavi del Regno e arrivando alle proposte della Commissione di Antichità e Belle Arti – si delinea, per il caso specifico di Paestum, un’evoluzione. In particolare, negli anni a cavallo dell’Unità d’Italia si fa riferimento alle indicazioni redatte da Giulio Minervini che rappresentarono una prima vera invettiva in favore della protezione dei monumenti pestani, costituendo, al contempo, un documento di fondamentale importanza per la comprensione dell’evoluzione delle istanze di tutela dell’area archeologica.

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