D'Auria, Emanuela (2013) L'immagine storica delle colline di Napoli e dei casali settentrionali: fonti e metodologie d'indagine per un catalogo iconografico. [Tesi di dottorato]

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Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: L'immagine storica delle colline di Napoli e dei casali settentrionali: fonti e metodologie d'indagine per un catalogo iconografico
Autori:
AutoreEmail
D'Auria, Emanuelamanudauria@yahoo.it
Data: 29 Marzo 2013
Numero di pagine: 419
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: Architettura
Scuola di dottorato: Architettura
Dottorato: Storia e conservazione dei beni architettonici e del paesaggio
Ciclo di dottorato: 25
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Di Mauro, Leonardo[non definito]
Tutor:
nomeemail
Buccaro, Alfredobuccaro@unina.it
Di Liello, Salvatoresalvatore.diliello@unina.it
Data: 29 Marzo 2013
Numero di pagine: 419
Parole chiave: casali di Napoli; colline settentrionali di Napoli; iconografie e cartografie
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 08 - Ingegneria civile e Architettura > ICAR/18 - Storia dell'architettura
Depositato il: 12 Apr 2013 09:56
Ultima modifica: 21 Giu 2016 01:00
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/9215

Abstract

Secondo i modelli della geografia urbana, citati da F. George, la città di Napoli avrebbe dovuto costituire, nel suo processo di espansione, un esempio tipico di accrescimento per «strappi» o «salti», sia in base alle peculiarità morfologiche del suo territorio sia per il ruolo degli aggregati sparsi di origine rurale: i casali. Così non è stato; anzi questi casali, dopo alterne vicende amministrative, nella maggior parte dei casi (soprattutto nel periodo compreso tra le due guerre per la formazione della “Grande Napoli”) sono stati inglobati nella città senza una logica di affinità ma semplicemente di prossimità, diventandone al tempo stesso periferie e quartieri senza storia e senza identità. Lo studio svolto durante il triennio di ricerca del Dottorato si è presentato subito come materia di straordinario interesse sia per le complesse vicende storiche – spesso poco approfondite – che legavano la città al suo territorio - , sia per le molteplici possibilità di sviluppo del tema, ancora lontano dal ritenersi completamente esaurito, che ha, tuttavia, avuto come obiettivo l’indagine e la comprensione delle peculiarità storico-urbanistiche delle colline di Napoli e dei suoi casali settentrionali. L’indagine è risultata quanto mai complessa, sia per la scarsa e frammentaria letteratura di riferimento, sia perché allo stato attuale bisogna fare i conti con una realtà che ha completamente stravolto, offeso e deturpato non solo gli antichi insediamenti rurali – di cui peraltro sopravvivono solo poche tracce – ma anche la loro permanenza nella memoria formae urbis. Lo studio si inserisce all’interno dei limiti del Parco Metropolitano delle Colline di Napoli, istituito nel 2004 la cui superficie totale, di circa 2.215 ettari, comprende l’intero sistema collinare della città, ad esclusione della collina di Posillipo. Si ritiene doveroso, in questa sede, accennare ai limiti dello stesso in quanto strettamente attinenti al tema della ricerca, che peraltro ne amplia i confini sulla base di un approccio storico-critico che intende il paesaggio, sulla base dei più recenti principi in materia di tutela, quale bene culturale unitario e, come tale, da salvaguardare a norma della Carta Europea del 2000. I limiti del Parco si estendono dalle pendici della collina dei Camaldoli, a ridosso delle conche dei Pisani e di Pianura, fino alla Selva di Chiaiano e al Vallone San Rocco; in alcuni punti esso raggiunge il centro storico, tanto da potere individuare all’interno dell’abitato urbano vere e proprie porte dischiuse sull’area protetta, come nel caso del Vallone di Sant’Antonio che raggiunge il Vomero, dello Scudillo che collega i quartieri di San Carlo e la Stella con i Colli Aminei, del Vallone di San Rocco che si allunga sui Ponti Rossi e che dopo aver aggirato il Parco di Capodimonte, si spinge fino all’Orto Botanico e al Real Albergo dei Poveri. Anche la Vigna di San Martino rientra nell’area del Parco: tale territorio, unitamente all’Eremo dei Camaldoli e agli altri numerosi e importanti monumenti e insediamenti storici, fornisce una chiara visione dell’evoluzione storica, culturale e paesaggistica del suburbio urbano. I confini del nostro ambito lambiscono quelli del Parco regionale dei Campi Flegrei nell’area di Pianura e Agnano, potendo questo territorio, in un certo senso, essere considerato, insieme con la Riserva del Cratere degli Astroni, un unico grande “paesaggio culturale” sottoposto a tutela. Al di fuori dei confini del Parco, ma immediatamente contiguo, si colloca anche il bosco di Capodimonte, che oltre ad accogliere uno dei più importanti siti storici e culturali della città, costituisce un altro importante polmone verde dell’area metropolitana. Dal punto di vista strutturale l’area protetta si presenta molto complessa; al suo interno, infatti, si alternano aree a vocazione agricola e naturalistica ad aree fortemente urbanizzate: si tratta della periferia nord-occidentale della città, ossia quella di più recente urbanizzazione. Lo spazio urbanizzato, di cui fanno parte le zone destinate a uso residenziale, ma anche quelle a forte impatto ambientale (come ad esempio discariche e cave), nel complesso costituisce circa un quarto dell’intera area del Parco. Per ciò che concerne il sistema abitativo, esso è caratterizzato da agglomerati urbani compatti, da insediamenti diffusi e da case isolate. Tuttavia, ai fini della definizione dell’area oggetto di studio, nell’adottare l’ambito già individuato dal Parco, se ne è approfondita l’articolazione attraverso l’esame delle origini e dell’evoluzione degli insediamenti di antica formazione che ne costituiscono l’ossatura, ossia, da ovest ad est, i casali di Pianura, Soccavo, Chiaiano, Polvica, San Rocco, Capodimonte, Miano, Secondigliano. Tra essi esiste un tessuto verde connettivo, ampiamente analizzato all’interno del Piano, ricco di presenze architettoniche significative, vale a dire masserie, ville, conventi ed eremi, giardini e parchi di pertinenza nobiliare o monastica: queste emergenze – tra cui l’Eremo dei Camaldoli, le ville di Capodimonte, dello Scudillo e del Moiariello, la Vigna di San Martino – che si aggiungono a quelle tuttora riconoscibili all’ interno degli insediamenti suddetti, da intendersi quali poli aggregativi e di sviluppo di quegli antichi casali, assumono in molti casi il ruolo di temi invarianti nel vedutismo sette-ottocentesco e come tali sono stati, nell’ambito della ricerca, oggetto di particolare attenzione. Si è, quindi, necessariamente partiti dal ricco bagaglio di esperienze accumulate dall’Ente Parco per integrare i dati storico-analitici già individuati ed elaborati all’interno del Piano, con un’indagine il più possibile capillare, relativa in particolare alle fonti iconografiche, cartografiche e vedutistiche reperite in varie sedi pubbliche e private in ambito nazionale, con riferimento all’area settentrionale e al paesaggio collinare della città di Napoli. La divisione in capitoli, così come proposta, ha cercato di favorire una lettura comparata tra le indagini bibliografico-archivistiche svolte per la ricostruzione dell’evoluzione degli insediamenti rurali e quelle più propriamente iconografiche e cartografiche tese ad affrontare una lettura dei caratteri tipologico-insediativi attraverso l’analisi accurata del catasto preunitario e un’attenta lettura delle Carte (solo per citarne alcune tra le più note, Lafrery 1566, Baratta 1629, Duca di Noja 1750-75, Rizzi Zannoni 1793, Luigi Marchese 1803, Reale Officio Topografico della Guerra, 1828-1873, Catasto d’ impianto fabbricati e terreni 1895-1905 per quanto riguarda gli ex comuni autonomi di Chiaiano, Polvica, Soccavo, Piscinola, Marianella, Miano, Secondigliano e Pianura, e i voli I.G.M. del 1907-9, 1919, 1929, 1936, 1943, 1956). Lo studio, oltre ad attingere, in molti casi, ad iconografie sinora mai analizzate dal punto di vista della ricerca, si è anche avvalso di materiale edito e inedito recuperato presso le sedi del Museo Nazionale di Capodimonte, della Raccolta delle Stampe “Achille Bertarelli” di Milano, del Museo Nazionale di San Martino, della Società Napoletana di Storia Patria, al fine di proporre una lettura analitica e ‘comparata’ dell’intero repertorio attualmente disponibile sul tema, attraverso l’esame esaustivo della cartografia e del repertorio vedutistico sette-ottocentesco con riferimento all’area. Tale repertorio, legato in molti casi all’attività di pittori stranieri in visita a Napoli tra il XVIII e il XIX secolo, in occasione del Grand Tour, o a quella di artisti napoletani dell’ Ottocento, ha reso possibile la redazione di un album catalografico, allo scopo di fornire, attraverso una ricca schedatura divisa cronologicamente e per ambiti, l’evoluzione dell’ immagine del territorio settentrionale di Napoli. In particolare, il patrimonio individuato ha evidenziato l’esistenza di iconografie di altissimo valore, rappresentate da vedute, disegni, incisioni, stampe inserite in guide o in giornali, schizzi di studio, porcellane, cartoline fotografie e gouaches, come testimonianza dell’attenzione posta da pittori, vedutisti, incisori e viaggiatori verso luoghi mai prima illustrati, la cui rappresentazione individua nuovi topoi vedutistici (in seguito ripresi dalla fotografia) e nuovi scorci: immagini esemplari di un paesaggio che oggi definiremmo “paesaggio culturale”. Attraverso la catalogazione delle unità iconografiche si è proposta una lettura storico-critica delle trasformazioni subite dal paesaggio rappresentato, volta a recuperare un’immagine oramai quasi del tutto scomparsa di quella parte del suburbio napoletano in un arco temporale compreso tra la metà del Settecento e gli ultimi decenni dell’Ottocento. Per quanto concerne la redazione della schedatura, i criteri di catalogazione adottati sono quelli già da tempo consolidati all’interno del Centro di Ricerca sull’Iconografia della Città Europea, nel cui catalogo confluirà lo studio oggetto della nostra ricerca, confluirà il materiale inedito oggetto di schedatura. Ad ogni scheda è stata associata la corrispondente immagine, il nome dell’autore (quando è noto), il titolo, la data e l’epoca di riferimento, nonché il materiale e la tecnica utilizzata, la relativa bibliografia specifica e le note descrittive dell’opera. Si sono così formati degli elenchi ordinati cronologicamente e per ambiti, volti a consentire una fruizione immediata delle trasformazioni delle aree oggetto di indagine. Lo studio, quindi, intende offrire l’opportunità di una rilettura e di un aggiornamento del repertorio cartografico-vedutistico riguardante il territorio collinare, leggendone l’evoluzione, lo sviluppo e le trasformazioni in funzione delle sue rappresentazioni attraverso i secoli. L’identità dei luoghi passa certamente attraverso lo studio del paesaggio ma, affinché se ne possa parlare anche in “territori ordinari e degradati”, c’è bisogno della presenza dello sguardo, dello spirito e della sensibilità di chi osserva e vive quei luoghi; e questo, a sua volta, si ottiene solo impossessandosi dello strumento prezioso offerto dalla storia.

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