Bossio, Antonio (2013) Modellazione analitica del processo di corrosione di armature in calcestruzzo armato e validazione sperimentale mediante prove non distruttive. [Tesi di dottorato]

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Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: Modellazione analitica del processo di corrosione di armature in calcestruzzo armato e validazione sperimentale mediante prove non distruttive
Autori:
AutoreEmail
Bossio, Antonioantonio.bossio@unina.it
Data: 2 Aprile 2013
Numero di pagine: 232
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: Ingegneria Chimica, dei Materiali e della Produzione Industriale
Scuola di dottorato: Ingegneria industriale
Dottorato: Ingegneria dei materiali e delle strutture
Ciclo di dottorato: 25
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Mensitieri, Giuseppegiuseppe.mensitieri@unina.it
Tutor:
nomeemail
Bellucci, F.bellucci@unina.it
Montuori, M.mamontuori@unina.it
Lignola, G. P.glignola@unina.it
Data: 2 Aprile 2013
Numero di pagine: 232
Parole chiave: Corrosione, Modellazione, FEM, NDT tests
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 08 - Ingegneria civile e Architettura > ICAR/09 - Tecnica delle costruzioni
Area 08 - Ingegneria civile e Architettura > ICAR/12 - Tecnologia dell'architettura
Area 08 - Ingegneria civile e Architettura > ICAR/19 - Restauro
Area 09 - Ingegneria industriale e dell'informazione > ING-IND/22 - Scienza e tecnologia dei materiali
Aree tematiche (7° programma Quadro): SICUREZZA > Sicurezza delle infrastrutture e dei servizi pubblici
Depositato il: 08 Apr 2013 09:45
Ultima modifica: 15 Lug 2015 01:00
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/9262

Abstract

Il calcestruzzo armato è uno dei materiali da costruzione più resistenti e duraturo. I processi di degrado che interessano il calcestruzzo possono essere di carattere fisico (cicli di gelo-disgelo), meccanico (urti, abrasioni, erosioni), chimico (reazioni alcali-aggregati, attacco acido, solfatico), biologico (azione del fouling) e strutturale (sovraccarichi, sollecitazioni cicliche). Frequentemente alcuni processi si sovrappongono, dando luogo ad azioni sinergiche. Nelle strutture armate, invece, il calcestruzzo è rinforzato con armature in acciaio: in questo caso il fenomeno di degrado più frequente è la corrosione. La presenza di cloruri solubili provenienti, ad esempio, da sali disgelanti (si pensi che solo negli Stati Uniti d’America ogni anno ne vengono usati 15 milioni di tonnellate ed altri 4÷5 milioni sono utilizzati in Canada [1]), l’esposizione ad ambienti marini e la perdita di alcalinità del calcestruzzo dovuta alla carbonatazione (provocata dalla penetrazione dell’anidride carbonica) possono distruggere il film passivante di ossido che protegge le armature inducendo il fenomeno della corrosione [2]. Tutte le strutture in calcestruzzo armato esposte all’atmosfera sono soggette ad un processo di degradazione ambientale la cui conseguenza può essere la perdita della funzionalità. In condizioni ambientali particolarmente aggressive, in genere collegate alla presenza di anidride carbonica o cloruri, il calcestruzzo a contatto con le armature, benché correttamente confezionato e messo in opera, può perdere le sue caratteristiche protettive rendendo possibile l’innesco di fenomeni di corrosione in conseguenza alla distruzione del film protettivo. L'attacco corrosivo costituisce la forma di degrado del calcestruzzo armato di gran lunga più diffusa e pericolosa, in quanto, più delle altre, coinvolge la sicurezza delle costruzioni anche perché i danni provocati non risultano evidenti dall’esterno. Se da un lato i processi di degrado del calcestruzzo provocano il danneggiamento, più o meno ampio, del copriferro, riducendone le caratteristiche protettive, dall’altro, l’attacco corrosivo porta a fessurazioni o distacchi causati dall’azione espansiva dei prodotti di corrosione. La corrosione delle barre di armatura rappresenta la causa maggiore di degrado delle strutture in calcestruzzo armato. Il processo di corrosione, se non adeguatamente prevenuto e/o contrastato, conduce ad una serie di problematiche legate alla durabilità del manufatto intero. Si pensi, ad esempio, alla fessurazione del copriferro dovuta all’espansione dei prodotti della corrosione [3], la perdita di sezione trasversale della barra e la riduzione dell’aderenza all’interfaccia tra acciaio e calcestruzzo circostante [4] che può spingersi fino a valori tali da determinare il disancoraggio delle armature. Il risultato di tali effetti sulle strutture è la diminuzione della vita utile di servizio e della capacità portante dell’intera struttura [5-6]. La corrosione è, quindi, di fatto, la principale causa di danneggiamento, degrado e crollo delle strutture in calcestruzzo armato. Le principali conseguenze strutturali, direttamente legate al fenomeno della corrosione sono: la riduzione della sezione della barra, la perdita di aderenza delle stesse e la formazione di fessure che conducono all’espulsione del copriferro e, quindi, all’aumento di velocità di corrosione delle barre, rimaste ormai senza la protezione offerta dal calcestruzzo. La corrosione delle armature e la conseguente degradazione del calcestruzzo circostante rappresenta, pertanto, un problema reale di sicurezza pubblica e deve essere considerata con speciale attenzione. È fondamentale, pertanto, ai fini della determinazione del processo di degradazione, avere una stima della velocità di penetrazione del processo corrosivo. Fino alla seconda metà del secolo scorso non esistevano codici che fornivano indicazioni dirette al progettista in merito alla durabilità delle strutture in calcestruzzo armato. Il concetto di durabilità era basato un’idea approssimativa della vita utile della struttura ed i criteri erano affidati al progettista. Il conseguente degrado precoce di tali strutture ha portato a dover intervenire sulle strutture esistenti con alti costi di manutenzione e riparazione. A partire dagli anni ’90 del secolo scorso sono state sviluppate delle norme europee che forniscono ai progettisti indicazioni preziose per la realizzazione di strutture durevoli. In particolare la UNI EN 206-1 e l’Eurocodice 2, in campo europeo, si limitano a proporre dei valori limite sul rapporto acqua/cemento, dello spessore di copriferro e del contenuto minimo di cemento che, in funzione delle condizioni di esposizione ambientale, sono intesi a garantire una vita utile di progetto di 50 o 100 anni in relazione all’importanza dell’opera. Queste raccomandazioni, seppur contribuiscano notevolmente, rispetto al passato, a chiarire i criteri di realizzazione e messa in opera di strutture durevoli si sono, tuttavia, rilevate inefficaci in condizioni ambientali molto aggressive (soprattutto in presenza di cloruri). Oggigiorno, la prevenzione ed il monitoraggio delle infrastrutture in calcestruzzo armato rappresentano, quindi, un’importante ed affascinante sfida nel campo dell’ingegneria strutturale e dei materiali. Le tecniche di indagine rappresentano, di conseguenza, uno strumento cruciale per la salvaguardia del patrimonio esistente. Tecniche di diagnosi non distruttive (NDT) basate su metodi elettrochimici per la misura della velocità della corrosione e del potenziale di libera corrosione, usati per monitorare, già da principio, l’evolversi delle condizioni di sviluppo del processo corrosivo, al fine di poter predire la vita residua della struttura e di poter programmare interventi di restauro o ripristino conservativo, con conseguente risparmio economico ed aumento della sicurezza pubblica [7-8-9-10] sono innovative ed economiche, e restituiscono indicazioni chiare e precise dello stato di degrado generale dei manufatti in calcestruzzo armato. I danni subiti dall’acciaio in calcestruzzo possono essere valutati utilizzando il metodo di semi-cella, la tecnica di polarizzazione in corrente continua (DC), o con la tecnica di impedenza a corrente alternata (AC) [11-12]. Inoltre, esistono tecniche di indagine non distruttiva anche per la stima del degrado del calcestruzzo. In questo lavoro saranno presentate le potenzialità di indagine delle prove con ultrasuoni effettuate su campioni in scala reale. Ogni anno ingenti investimenti sono fatti in termini di prevenzione dei fenomeni di corrosione o di restauro e ristrutturazione di strutture danneggiate, tanto che in Italia, nel campo delle strutture in calcestruzzo armato, gli investimenti per la conservazione ed il ripristino delle strutture esistenti hanno ormai superato quelli per la costruzione di edifici nuovi. Negli Stati Uniti d’America, ad esempio, nel 1996 sono stati spesi circa 2 bilioni di dollari per riparare i danni accorsi ai ponti autostradali, e tale costo cresce ad una velocità di 500 milioni di dollari l’anno [13]. Secondo un rapporto dell’organizzazione americana del World Corrosion Organization (WCO) il costo mondiale della corrosione è di circa 2,2 trilioni di dollari, una cifra superiore al 3% del Prodotto Interno Lordo (PIL) mondiale [14]. Uno studio del CRESME (Centro Ricerche Economiche Sociali di Mercato per l‘Edilizia e il territorio), stima che in Italia, tale costo si aggira intorno al 4,5÷5% del PIL, pari a 70 mila milioni di euro. L’obiettivo di questo lavoro è di sviluppare modelli analitici e FEM che rappresentino lo sviluppo del processo di corrosione dalla messa in opera di una struttura fino al raggiungimento degli stati limite ne che compromettono la sicurezza e la stabilità. Nella prima fase di studio sono stati elaborati modelli analitici per il calcolo del consumo di barra in relazione ai parametri chimico-fisici, costitutivi e geometrici, dei materiali e degli elementi strutturali al fine di poter prevedere il meccanismo di innesco e sviluppo del processo di fessurazione ed espulsione del copriferro, che partendo dall’indagine della causa (corrosione) restituiscono l’entità dell’effetto (consumo di sezione resistente o diminuzione di aderenza). di ricerca è quello di modellare il processo di innesco, propagazione ed apertura della fessura in elementi strutturali in calcestruzzo armato, valutare l’effetto dei principali parametri del calcestruzzo e delle barre di armatura sul comportamento meccanico del calcestruzzo. Parallelamente è stata messa a punto una sperimentazione con campioni in scala reale, al fine di poter validare i modelli analitici e di potenziare e/o innovare gli strumenti di diagnostica non distruttiva in situ per la caratterizzazione delle strutture in calcestruzzo armato, per il monitoraggio del loro degrado e per la predizione del tempo di vita utile o residua dei manufatti. In tale ottica, saranno esaminate le potenzialità di indagine di tecniche di tipo elettrochimico (velocità di corrosione, mappatura del potenziale di libera corrosione, misure di resistività) con il fine di monitorare il degrado delle barre e tecniche con ultrasuoni al fine di monitorare il degrado del calcestruzzo ed il suo stato di alterazione interno, ancor prima del manifestarsi di sintomi del processo di corrosione. Infine, in un’ottica inversa, è stato realizzato un modello che partendo dallo studio dell’effetto (apertura della fessura all’esterno della sezione di calcestruzzo), risale ale cause (perdita di sezione delle armature). Nel primo capitolo saranno presentati i concetti generali del processo di corrosione ed esposti i parametri generali fondamentali per la realizzazione di calcestruzzi durevoli e le tecniche di protezione aggiuntiva. Nel secondo capitolo sono presentati i modelli analitici e FEM, sviluppati parametricamente, per la modellazione del processo di innesco e propagazione della fessura, che restituisce il valore di barra consumatasi affinché si arrivi alla fessurazione del copriferro. Nel terzo capitolo sono descritti i materiali per la realizzazione dei campioni usati per la sperimentazione ed i metodi di indagine utilizzati per la determinazione del loro stato di degrado in condizioni aggressive. Nel quarto capitolo sono esposti i risultati della sperimentazione e le potenzialità di indagine delle tecniche non distruttive utilizzate, con la messa a punto di un nuovo protocollo di prova per effettuare indagini su strutture esistenti, con il fine di raggiungere i livelli di conoscenza ed i fattori di confidenza previsti dal D. M. 14/01/2008 necessari alla redazione di un progetto di ripristino conservativo durevole ed economico. Nel quinto capitolo si riporta un esempio di calcolo eseguito con i modelli innovativi presentati ed il calcolo del tempo di vita utile della struttura nelle varie classi di esposizione ambientale in relazione ai parametri considerati per la modellazione. Nel presente lavoro è stato affrontato il problema del fenomeno della corrosione delle armature di strutture in calcestruzzo armato. La corrosione è, infatti, il problema che influisce maggiormente sul degrado dei manufatti, determinando, di fatto, problematiche di sicurezza e stabilità, oltre che a costituire un elevato costo di gestione durante la vita di esercizio. I modelli e le analisi presentate considerano sempre le variabili in riferimento alla più recenti normative nazionali ed europee ed a codici di calcolo internazionali senza trascurare i risultati di altri studi e sono condotte considerando la variabilità di ognuno di essi al fine di raggiungere una vasta casistica che possa cogliere il comportamento di una vasta gamma di strutture esistenti. Facendo riferimento alle normative sono stati, dunque, individuate le classi di esposizione ambientale che determinano, a loro volta, le caratteristiche di confezionamento del calcestruzzo e le dimensioni geometriche delle sezioni. In particolare la classe di resistenza a compressione del calcestruzzo, il rapporto minimo di acqua/cemento, il contenuto minimo di cemento e lo spessore del copriferro. I valori di queste caratteristiche determinano, a loro volta, altri parametri fondamentali, quali i moduli elastici ed i coefficienti di Poisson. Da un punto di vista elettrochimico, invece, la classe di esposizione ambientale restituisce i valori della velocità di corrosione ed il tipo di corrosione (generalizzata o localizzata) che affligge la struttura. I codici di calcolo sono stati utilizzati al fine di modellare le caratteristiche del meccanismo di fessurazione fornendo indicazioni sui valori dell’energia di frattura e sui parametri (tipologia e dimensione dell’aggregato) che ne influenzano il valore. Altro parametro fondamentale considerato è il creep (alterazione del modulo elastico del calcestruzzo), in quanto fenomeno di medio-lungo periodo, proprio come quello della corrosione. Infine, dalla letteratura sono stati ricavai i parametri del modulo elastico dei prodotti di corrosione e le leggi temporali di diffusione del processo di carbonatazione e di ossidazione da cloruri. A valle di tali considerazioni, e considerata la vasta diffusione del problema ed il peso economico collettivo che esso determina, lo studio è iniziato da un’accurata ricerca bibliografica al fine di approfondire lo studio dell’aspetto elettrochimico e delle cause principali della corrosione dell’acciaio in calcestruzzo e per la determinazione dei parametri esposti in precedenza. La prima fase del lavoro è stata rivolta, data la carenza in letteratura, alla formulazione di modelli analitici e FEM al fine di individuare i quali tra i parametri considerati avessero una rilevanza maggiore e definire le caratteristiche di fessurazione, rottura ed espulsione del copriferro. Le analisi FEM hanno avuto, invece, oltre ad un ruolo di conferma dei modelli analitici, anche lo scopo di indagare la possibilità di estendere i risultati ottenuti in laboratorio su provini, solitamente, cilindrici e con la presenza di una sola barra di armatura, a casi di elementi a geometria reale solitamente realizzati di forma rettangolare/quadrata con la presenza di più barre di armatura. Lo scopo delle analisi FEM, condotto in maniera parametrica sia su provini da laboratorio a singola barra che per elementi strutturali reali in calcestruzzo armato, è stato quello di verificare la possibilità di confrontare i risultati di modelli semplificati cilindrici a singola barra con il comportamento reale di elementi in calcestruzzo armato (armati con un numero superiore di barre) in termini di innesco della fessurazione del calcestruzzo. Un primo interessante risultato ottenuto è che le analisi FEM colgono meglio l’evolversi del processo qualora siano eseguite a controllo di pressione anziché a controllo di spostamento. Inoltre, si è evidenziato che la sottostima media del metodo proposto è quasi trascurabile solo se è adottato, nei modelli a singola barra, un valore di copriferro pari al minimo tra quello di copriferro, cc e la metà dell’interferro, ic. Sotto queste ipotesi, la massima sottostima del modello, è pari a circa il 10%, quindi ancora paragonabile all’incertezza tipica sul valore della resistenza a trazione del calcestruzzo. Questi primi importanti risultati ottenuti hanno consetito di proseguire il lavoro utilizzando geometrie cilindriche nelle successive fasi della ricerca [50]. La seconda fase della ricerca è volta alla determinazione del meccanismo di innesco della fessurazione nel copriferro a valle del verificarsi delle condizioni di innesco della corrosione. È stato, quindi, determinato un sistema di equazioni lineari di equilibrio e congruenza, il quale, noti i parametri dei materiali utilizzati e la geometria della sezione calcola la quantità di barra, x, che si è consumata all’atto della prima sezione di copriferro interessata del fenomeno nel momento in cui la tensione circonferenziale, σθ, che si instaura a causa dell’espansione dei prodotti di corrosione, n, raggiunge il valore della massima resistenza a trazione del calcestruzzo, fct. I principali risulati emersi dalle analisi parametriche del modello di innesco della fessura sono che la riduzione della sezione di barra, x, cresce al decrescere del valore del modulo di Young dei prodotti i corrosione, Eo, è maggiore per bassi valori del fattore di espansione volumetrica dell’ossido, n, e cresce al crescere del diametro della barra di armatura, mentre la percentuale di sezione trasversale di barra persa decresce leggermente quando il diametro della barra cresce e dipende dal valore del copriferro, cc=R4-R0, e cresce con il crescere dello stesso, mentre è scarsa la sua dipendenza dal diametro della barra quando il copriferro raggiunge valori superiori a quelli mediamente prescritti dalle normative pari a circa 35 mm. La terza fase della ricerca è la diretta conseguenza della seconda fase e, cioè, la determinazione della quantità di barra che si consuma nel momento in cui tutto il copriferro a protezione delle armature, risulta fessurato. A tale fine, il modello utilizzato nella fase precedente è stato opportunamente modificato al fine di introdurre un nuovo strato che individuasse l’avanzamento della porzione di copriferro fessurata. I risultati emersi delle analisi parametriche del modello di propagazione della fessura sono che la propagazione dipende dagli stessi parametri da cui dipendeva il processo di innesco della fessura, ma che tale dipendenza è in qualche modo differente dal caso precedente. La produzione di ossido, infatti, cresce al decrescere del modulo elastico dell’ossido, Eo. I parametri quali il tipo e le dimensioni dell’aggregato e l’effetto del creep, influenzano drammaticamente la propagazione della fessura [54]. La quarta fase della ricerca è diretta alla valutazione dei danni e delle modificazione al comportamento resistente della sezione in termini di variazione dell’aderenza. Sono stati considerati tre differenti modelli di aderenza: quello proposto dal First Complete Draft of Model Code 2010, un modello semplice alla Mohr-Coulomb e quello della normativa europea Eurocodice 2. Operando in condizioni di vantaggio di sicurezza è stato ipotizzato che l’espansione volumetrica dei prodotti di corrosione, n, generi, dapprima, un incremento del valore di aderenza; e che, successivamente all’apertura della fessura, tale valore di aderenza decresca istantaneamente fino al valore iniziale. Infine, a causa del protrarsi del fenomeno di corrosione decresce fino ad annullarsi quando lo spostamento relativo tra la barra ed il calcestruzzo supera il valore dell’altezza delle nervature. La valutazione della capacità di aderenza passa attraverso la valutazione della variazione della pressione laterale interna, fl, e che, quest’ultima è strettamente legata alla quantità di barra consumatasi e, di conseguenza, alla quantità di ossido formatosi. Tale considerazione nasce dalle analisi effettuate ipotizzando differenti classi di esposizione del calcestruzzo, le quali determinano differenti valori del copriferro e differenti classi di resistenza del calcestruzzo. Considerando, invece, una stessa classe di esposizione (e, quindi, stesso copriferro e stessa classe di resistenza del calcestruzzo) si è notato che il valore di riduzione di barra, x, che conduce alla fessurazione del copriferro, cc=R4-R0, è legato proprio allo spessore stesso del copriferro (determinato dalle normative in relazione alla classe di esposizione ambientale). Dai risultati delle analisi condotte emerge che il diametro di barra utilizzato è quasi ininfluente ai fini della variazione dell’aderenza. Si nota, però, che affinché vi sia la fessurazione del copriferro, diametri minori determinano maggiori consumi di barra, mentre diametri maggiori determinano un incremento, se pur lieve, della capacità di aderenza, probabilmente dovuto all’altezza maggiore delle nervature. Anche la classe di resistenza del calcestruzzo non riveste un ruolo importante in termini di aderenza. Non bisogna, però, dimenticare il benefico effetto sul processo di apertura della fessura, ritardando, così come il copriferro, l’ingresso e l’avanzare degli agenti aggressivi dall’esterno in quanto classi di resistenza a compressione maggiori, presentano, solitamente porosità inferiori. Il valore del copriferro, seppure fondamentale in termini di durabilità e protezione per le armature, ha effetti minimi sulla variazione del rapporto di aderenza, Ωp,tr, ed ha un effetto piuttosto lineare sulla riduzione di barra. Se si considera un copriferro pari a 40 mm, la riduzione di barra è, infatti, doppia rispetto a quella che si registra nel caso di copriferro pari a 20 mm. Il modulo elastico dell’ossido, Eo, ha un effetto del tutto trascurabile sull’aderenza, come, tra l’altro, anche sull’innesco e sulla propagazione della fessura. Tale scarsa dipendenza dal fenomeno dipende dal suo spessore. La corona di ossido, ha, infatti, uno spessore di qualche decina di micron, mentre la corona di calcestruzzo ha uno spessore di qualche decina di millimetri. Pertanto, la sua capacità di compressione è limitata dal suo scarso spessore a prescindere dal valore del suo modulo elastico. Un fattore molto influente sulle capacità di aderenza è, invece, il creep. Con il passare del tempo, infatti, a causa della maggiore riduzione del modulo elastico del calcestruzzo (il fattore di creep, ϕ, cresce) il consumo di barra, x, che determina la fessurazione del copriferro aumenta. Tale aspetto diventa pericoloso, in quanto l’espulsione del copriferro si presenta quando il diametro della barra si è notevolmente ridotto. Il fattore di espansione volumetrica dell’ossido, n, gioca, di sicuro, il ruolo più importante nel processo di ossidazione. L’innesco, la fessurazione e lo spalling del copriferro, sono tutti fenomeni che dipendono, infatti, tutti e tre fortemente da n. È proprio l’espansione dell’ossido, infatti, a far aumentare la pressione interna ed ad innescare, di conseguenza, l’intero processo. Infatti, minore è il suo valore, maggiore è il consumo di barra prima che verifichi la fessurazione. Un valore minore del fattore di espansione volumetrica dell’ossido, n, implica un minore volume a parità di barra corrosa. Inoltre, le differenti teorie sull’aderenza, sembrano avere un comportamento piuttosto simile tra loro, ad eccezione per l’Eurocodice 2, che per alcuni casi, è fortemente limitato dal valore massimo 1,4 nello sviluppo della capacità di aderenza [56]. Parallelamente allo sviluppo dei modelli teorici è stata condotta una campagna sperimentale molto vasta al fine di individuare/migliorare le tecniche di monitoraggio (per le costruzioni nuove) e di indagine (per le costruzioni esistenti) non distruttive ed innovative. In particolare si è prestata molta attenzione alla calibratura delle prove di misura delle velocità e del potenziale di corrosione per quanto concerne l’aspetto elettrochimico della corrosione delle barre, ed alla calibratura delle prove della misura delle velocità degli ultrasuoni per quanto concerne l’aspetto meccanico-strutturale della fessurazione del calcestruzzo. Assolutamente unica ed innovativa è stata la determinazione di una nuova tipologia di indagine che attraverso la misura della fessura sul bordo esterno del copriferro, restituisce il valore di barra consumatasi nel tempo, che la ha generata. Tale d tipologia di approccio ha una logica opposta a quella dei modelli analitici e FEM. Infatti, parte dalla valutazione del danno (effetto) per arrivare a definire il grado di corrosione (causa). In questo caso sono state ricavate formulazioni analitiche di immediata applicazione, e relativi abachi parametrici, che consentono un rapido calcolo in termini di consumo di sezione di barra [62]. Se le prime quattro fasi della ricerca sperimentale presentata sembrano meglio cogliere il funzionamento in un’ottica previsionale-progettuale, la fase sperimentale applicata ha fornito due potenti strumenti di diagnosi sull’esistente che favoriscono il raggiungimento dei livelli di conoscenza e dei fattori di confidenza propedeutici alla realizzazione di interventi di ripristino conservativo sulle strutture esistenti anche di particolare pregio storico, potendo essere eseguite mediante misure sul bordo esterno del calcestruzzo, senza cioè asportazione di parti dell’elemento strutturale. Il motore che ha spinto l’intera ricerca è l’ingente spesa (nell’ordine del 4÷5% del PIL in Italia e negli USA) che tutti i governi (e i cittadini) affrontano ogni anno per problemi connessi alla corrosione delle strutture.

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