Caccavale, Gianfranco (2014) ANALISI SISTEMICA PER UNA VALUTAZIONE DELLA SUSCETTIBILITA’ AL DISSESTO DI TERRITORI DELL’AGRO NOLANO CON PRESENZA DI CAVITA’ ANTROPICHE IN TUFO. [Tesi di dottorato]

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Item Type: Tesi di dottorato
Resource language: Italiano
Title: ANALISI SISTEMICA PER UNA VALUTAZIONE DELLA SUSCETTIBILITA’ AL DISSESTO DI TERRITORI DELL’AGRO NOLANO CON PRESENZA DI CAVITA’ ANTROPICHE IN TUFO
Creators:
CreatorsEmail
Caccavale, Gianfrancogeosunda@libero.it
Date: 31 March 2014
Number of Pages: 465
Institution: Università degli Studi di Napoli Federico II
Department: Centro Interdipartimentale di Ricerca Ambiente "CIRAM"
Scuola di dottorato: Scienze della terra
Dottorato: Analisi dei sistemi ambientali
Ciclo di dottorato: 25
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Fedi, Mauriziofedi@unina.it
Tutor:
nomeemail
Ramondini, MassimoUNSPECIFIED
Calcaterra, DomenicoUNSPECIFIED
Date: 31 March 2014
Number of Pages: 465
Keywords: Cavità antropiche; Anthropogenic sinkholes; Subsidenze;
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 08 - Ingegneria civile e Architettura > ICAR/07 - Geotecnica
Date Deposited: 07 Apr 2014 10:23
Last Modified: 15 Jul 2015 01:02
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/10014

Collection description

I dissesti del sottosuolo dell’area napoletana rappresentano una delle cause più diffuse di crolli di manufatti abitativi e di danni alle infrastrutture che si scoprono poi realizzate su vuoti di varia natura (cunicoli, cisterne, acquedotti) e, ancora di più, su una ignota rete di cavità antropiche. La realizzazione di queste opere sotterranee fu molto diffusa nei secoli scorsi soprattutto quando, per ridurre nei centri abitati i costi di realizzazione di edifici o di strutture di servizio, venivano reperiti “in loco” i materiali necessari per le murature e la produzione di malte. A nord-est della metropoli partenopea, nel lembo di pianura che si interpone tra il Vesuvio e l’Appennino, noto come Agro Nolano, la risorsa geologica principale fu rappresentata dalla formazione dell’Ignimbrite Campana (39 Ka) presente nel sottosuolo con significativi spessori. Sebbene la coltivazione del tufo e dei materiali di copertura sia terminata da tempo, lasciando grandi cave a fossa disperse sul territorio, il pericolo immanente è costituito dai condotti verticali comunemente noti come “occhi di monte” attraverso i quali l’attività estrattiva dell’ignimbrite campana si esplicava da una serie di camere ipogee disposte in serie e dalla ricorrente forma a “cupola” o “a campana”. Le condizioni di stabilità di queste cavità sono compromesse dalla presenza di esili franchi di volta e da una diminuzione dei coefficienti di sicurezza globali. La mancanza di database adeguati ed aggiornati sullo sviluppo di questi vuoti, per una serie di fattori limitanti (tempo, inconsapevolezza, incuria) rende talvolta difficile l’esatta individuazione delle aree più esposte al dissesto, addirittura di quelle situate nei centri storici e ricordate dai più anziani come grotte-cantina, permettendo a questo sistema sotterraneo di interagire con le stratificazioni e le nuove esigenze dell’attività umana senza un controllo e messa in sicurezza del soprassuolo. I dati che riguardano l’Ambito 5-Area Nolana, consultabili nella “Banca Dati delle Cavità del sottosuolo dei Comuni della Provincia di Napoli (AA.VV. 2004)”, si riferiscono solamente ad informazioni reperite all’epoca e non a tutte le cavità effettivamente presenti, pertanto, la ricerca universitaria ha attivato processi multidisciplinari tesi a fare chiarezza sull’incidenza del problema. I fenomeni di dissesto più ricorrenti, configurabili in “anthropogenic sinkholes” (Fairbridge, 1968) e che si verificano con una certa periodicità nei centri urbani di Casamarciano, Comiziano e Tufino, sono voragini che si creano a seguito del parziale crollo di una cavità dovuto o per cedimento del fronte di scavo o al crollo della canna di pozzo, frequentemente all’interno dei primi 20 metri di sottosuolo ed interessanti le piroclastiti sciolte, inoltre, la riesumazione dello “occhio di monte” e’ indotta quasi sempre da sovraccarichi esterni, da eventi pluviometrici estremi o dai richiami di perdite o infiltrazioni idriche. La presenza di alcuni dissesti areali, inoltre, fa presupporre che siano molteplici i fattori che concorrono ai segni di stanchezza delle cavità antropiche, una situazione che ha permesso di avviare un’attività di ricerca studi finalizzata alla definizione di una procedura integrata di previsione per le tipologie ricorrenti che coinvolgono il sistema suolo-sottosuolo di quest’area. L’importanza del presente studio, che si colloca nell’analisi di fenomenologie del “rischio idrogeologico”, tra l’altro, non contemplate dai recenti Piani di Mitigazione del Rischio (PSAI) della Regione Campania, è di sviluppare nuovi modelli sistemici per questa problematica, accanto a prototipi multi-rischio già proposti per il territorio comunale di Napoli (Zito, 2003; Sessa et al., 2005; 2006 ) Al contrario del rischio idraulico dove la scala di pericolosità è descritta da diversi livelli in funzione del periodo di ritorno dell’evento alluvionale e del tirante idrico medio dell’area allagata h, oppure come nel caso del rischio idrogeologico da frane, derivanti dal grado di suscettibilità all’innesco su basi geologiche, geomorfologiche, satellitari, idrauliche e di studi di dettaglio, gli anthropogenic sinkholes non sono eventi naturali e quindi non possono essere trattati statisticamente o con periodi di ritorno o, come qui si proporrà, con l’overlap di varie carte tematiche. Oggetto della Tesi di Dottorato consiste nello sviluppare una procedura semi-quantitativa per la valutazione alla propensione all’instabilità ipogea del predetto contesto territoriale. Il quadro delle conoscenze territoriali è stato organizzato in un database geografico G.I.S. (Geographic Information System) finalizzato ad essere il contenitore di tutti i dati litologici, stratigrafici, idraulici ed idrogeologici, le canne di pozzo, i rilievi plano-topografici delle cavità accessibili e delle grotte-cantina, le tipologie di dissesto riconosciute, infine, gli aspetti storico-urbanistici e infrastrutturali del sistema ambientale. Grazie al continuo ampliamento delle potenzialità dei GIS, il loro l’impiego costituisce una metodologia ampiamente utilizzata ed ormai consolidata, di valido supporto sia per l’implementazione di tecniche di valutazione molto complesse sia per la messa a punto di database gestionali versatili e aggiornabili in tempo reale. Dopo un’attenta visione geografica del territorio, finalizzata a mettere in relazione diretta le caratteristiche intrinseche delle cavità con quelle geologiche, morfologiche, litostratigrafiche, idrauliche, idrogeologiche ed insediative delle aree in cui ricadono, si illustrano i criteri ispiratori alla base della metodologia integrata di analisi ed elaborazione di tutti i dati disponibili dall’attività di ricerca e dalle rilevazioni nelle aree interessate. La valutazione della suscettibilità al dissesto potenziale indotto dalla presenza di questi antichi cavi e l’attuazione di conseguenti azioni di mitigazione del rischio, definite all’interno di una pianificazione urbanistica e di gestione dell’emergenza, sono l’obiettivo della fase finale del presente studio.

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