Sparice, Domenico (2015) Definizione delle litofacies e ricostruzione dell'architettura dell'Ignimbrite Campana. [Tesi di dottorato]

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Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: Definizione delle litofacies e ricostruzione dell'architettura dell'Ignimbrite Campana
Autori:
AutoreEmail
Sparice, Domenicodomenico.sparice@unina.it
Data: 30 Marzo 2015
Numero di pagine: 242
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: Scienze della Terra, dell'Ambiente e delle Risorse
Scuola di dottorato: Scienze della Terra
Dottorato: Scienze della Terra
Ciclo di dottorato: 27
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Boni, Mariamaria.boni@unina.it
Tutor:
nomeemail
Scarpati, Claudio[non definito]
Data: 30 Marzo 2015
Numero di pagine: 242
Parole chiave: Ignimbrite Campana; litofacies; corrente piroclastica; architettura delle ignimbriti
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 04 - Scienze della terra > GEO/08 - Geochimica e vulcanologia
Depositato il: 09 Apr 2015 11:49
Ultima modifica: 30 Apr 2016 01:00
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/10211
DOI: 10.6092/UNINA/FEDOA/10211

Abstract

L'eruzione dell'Ignimbrite Campana, avvenuta 39mila anni fa nei Campi Flegrei, ha prodotto due principali fasi eruttive, il cui impatto ha notevolmente influenzato l'ambiente dal punto di vista climatico e antropologico. Durante la prima fase dell'eruzione si è sviluppata una colonna sostenuta di tipo pliniano da cui sono ricaduti lapilli pomicei ad est del centro eruttivo; durante la seconda fase dell'eruzione una corrente piroclastica ha invaso l'intera regione campana, sedimentando un deposito di tipo ignimbritico su un'area vasta migliaia di chilometri quadrati. Molteplici studi sono stati dedicati alla ricostruzione di modelli petrologici riguardanti l'origine e la differenziazione del magma prima dell'eruzione, ma scarsa attenzione è stata data ai caratteri sedimentologici dei depositi poiché prevalentemente saldati. Inoltre, una forte disputa si è protratta nei decenni riguardo l'età dell'eruzione, l'ubicazione dell'area sorgente (Campi Flegrei, Piana Campana, etc.), il tipo di eruzione (da una bocca centrale o fissurale), la presenza o meno di una fase a colonna eruttiva sostenuta con la formazione di un deposito pliniano da caduta e la correlazione tra depositi da corrente piroclastica prossimali (Breccia Museo) e medio-distali. Il principale scopo di questa tesi è quello di ricostruire i processi di trasporto e deposizione che agivano durante la fase da corrente piroclastica dell'eruzione attraverso la ricostruzione dell'architettura dei depositi ignimbritici. L'architettura è stata definita attraverso l'individuazione delle litofacies presenti nel deposito e della loro distribuzione e sulla base dei dati granulometrici e dei componenti. Lo studio è stato, nella prima fase, effettuato attraverso un estensivo e dettagliato rilevamento di campo dei depositi medio-distali da corrente piroclastica in un'ampia area che comprende tutte le province campane ed in particolare lungo i rilievi che bordano la Piana Campana fino al vulcano Roccamonfina a Nord, la Piana del Sele a Sud e il fiume Calore ad Est. Sono state studiate 44 sezioni poste a distanze comprese tra i 30 e gli 80 km dal centro eruttivo. Lo studio stratigrafico e delle litofacies è stato effettuato in accordo con le unità stratigrafiche descritte da Scarpati e Perrotta (2012). L'unità basale è formata da un deposito cineritico incoerente e stratificato (USAF = Unconsolited Stratified Ash Flow), contenente lapilli pomicei arrotondati. Il colore passa, dalla base al tetto, da bianco a rossastro. Un livello ricco in litici e cristalli, depleto in fini, è localmente presente alla base dell'unità. L'unità soprastante (WGI = Welded Gray Ignimbrite) è formata da un deposito cineritico grigio saldato, spesso da molti metri a decine di metri, con pessimo sorting, contenente clasti (da lapilli a blocchi) scoriacei, a gradazione inversa, e subordinati litici e cristalli immersi nella matrice cineritica. In alcuni casi, è possibile osservare strutture da degassazione e abbondanti fessurazioni colonnari. La parte basale, per uno spessore di alcune decine di centimetri, è interamente composta da pomici immerse nella matrice cineritica. Il grado di saldatura è basso alla base ed incrementa verso la parte mediana del deposito. L'unità appare massiva, senza superfici erosionali interne. Questa unità rappresenta la maggior parte dello spessore (e quindi del volume) dell'IC. L'unità WGI grada in un deposito cineritico giallo, litificato per zeolitizzazione (LYT = Lithified Yellow Tuff), contenete juvenili (scorie prossimalmente, pomici distalmente) arrotondati, con dimensioni variabili da lapilli a blocchi. La sequenza è chiusa al top un'unità incoerente formata da pomici grossolane arrotondate, a gradazione inversa, immerse in una matrice cineritica (CPF = CoarsePumice Flow). Le unità USAF e WGI sono ubiquitarie mentre LYT e CPF sono localizzate in determinati settori della Piana Campana. Lo studio di dettaglio ha permesso di identificare 7 litofacies, e loro diverse associazioni verticali e laterali (queste ultime principalmente a scala regionale), caratterizzate da diversa struttura del deposito, prevalentemente nelle unità USAF e WGI. Le facies litologiche distinte sono: Fines-poor lithic lapilli tuff (f-poor lLT), stratified tuff (sT), diffuse stratified tuff (dsT), massive tuff (mT), massive lapilli tuff (mLT), pumice lapilli tuff (pLT), lenses of pumice lapilli (lenspL). Oltre a queste litofacies, l'analisi di campo ha reso possibile distinguere, esclusivamente nell'unità WGI, due diverse facies differenziate per la presenza di juvenili di diversa natura. Tali facies mostrano una distribuzione areale ben definita, governata dalla distanza dal centro eruttivo. È stata identificata una facies a scorie, formata interamente da juvenili scoriacei immersi nella matrice cineritica, la cui distribuzione è confinata dai rilievi nelle aree intermedie (fino a circa 45 km dal centro eruttivo e 1000 m di quota) e una facies a pomici. Quest'ultima è presente sia nelle aree intermedie, come un sottile livello basale (facies a pomici basale) che grada superiormente nella facies a scorie, che nelle aree distali dove le pomici costituiscono l'unico juvenile presente in tutto lo spessore di WGI (facies a pomici distale). Durante il rilevamento sono stati prelevati 155 campioni per le analisi sedimentologiche nelle facies incoerenti del deposito ignimbritico (USAF, CPF e WGI laddove il grado si saldatura è abbastanza basso da permettere la disgregazione del campione). Su tutti i campioni sono state eseguite analisi granulometriche e dei componenti, mentre alcuni campioni sono stati selezionati per misure di densità/vescicolazione dei clasti e per stimare il fattore di arricchimento in cristalli dell'ignimbrite. Oltre a campioni per le analisi sedimentologiche, sono stati campionati clasti juvenili (pomici e scorie) per analisi chimiche tramite XRF (62 campioni sono stati prelevati per le analisi chimiche in tutte le unità dell'IC). Tali analisi non sono state usate per produrre un nuovo modello petrologico dei processi magmatici operanti durante l'eruzione ma per evidenziare l'evoluzione spaziale e temporale della corrente piroclastica, attraverso la ricostruzione della distribuzione di alcuni elementi (es. Zr) usati quali traccianti chimici. Inoltre, la composizione chimica, unitamente ai valori di densità/vescicolazione degli juvenili, ha permesso di definire i possibili meccanismi eruttivi che hanno agito durante la seconda fase dell'eruzione Le analisi granulometriche sono state effettuate tramite setacciatura meccanica a secco, tra -5 (32 mm) e 4Φ (0,063 mm), ad intervalli di 1Φ, e sedimentazione in acqua per discriminare la frazione fine tra 5 e 10Φ (0,001 mm) mentre le analisi dei componenti sono state effettuate nell'intervallo granulometrico da -5 a 3Φ (32 – 0,125 mm) al fine di evidenziare le variazioni verticali e laterali dell'abbondanza delle frazioni juvenili, litiche e cristalline presenti. La variazione dei dati sedimentologici è stata investigata in relazione alla distanza dal centro eruttivo, alla quota sul livello del mare e rispetto a determinati settori angolari (azimuth) intorno all'area sorgente. I settori angolari sono stati discriminato in base alla morfologia a scala regionale (zone prevalentemente montuose o pianeggianti) al fine di comprendere l'influenza degli ostacoli morfologici sul moto della corrente. I campioni dell'unità USAF si presentano da ben classati a poco classati, con valori di sorting variabili da 1,2 a 2,9. La mediana copre un ampio intervallo variando da 0,6 a 4,4 Φ. Anche i campioni dell'unità WGI appaiono da ben classati a poco classati sebbene mostrino, in generale, valori di sorting più elevati, variabili da 1,6 a 3,5. La mediana dei campioni di WGI, pur ricoprendo un ampio intervallo al pari di USAF, è spostata verso classi granulometriche più grossolane, variando da 0,3 a 3,4 Φ. I campioni dell'unità CPF sono da poco classati a molto poco classati e mediamente più grossolani rispetto ai campioni delle altre unità. Le variazioni rispetto alla distanza e alla quota s.l.m. non sono lineari. La distanza di 50 km dal centro eruttivo e la quota di 250-300 m s.l.m. sembrano essere dei limiti oltre i quali i campioni appaiono meglio classati (decresce il valore del sorting) e più fini (aumenta il valore della mediana). Tale variazione è meno evidente in USAF. La variazione dei dati in base all'articolazione del substrato regionale ha evidenziato che, in contesti pianeggianti o con morfologia poco articolata o con rilievi distanti dal centro eruttivo, WGI mostra granulometrie tendenzialmente più grossolane, dettate dalla capacità della corrente piroclastica di scorrere quasi indisturbata. In contesti morfologicamente molto articolati, i depositi sono mediamente più fini probabilmente per l'effetto di blocco e di disturbo sul moto della corrente esercitato dai rilievi. L'unità USAF, al contrario, sembra poco o nulla influenzata dalla morfologia mostrando, indipendentemente dal contesto, una grande variabilità. Per quanto concerne i componenti, nelle unità USAF e WGI esiste una netta prevalenza degli juvenili (pomici). Il contenuto medio di pomici in USAF è del 86 wt% mentre in WGI è del 79 wt%. Anche il contenuto medio di litici risulta essere molto simile, attestandosi sul 10 wt% in USAF e 12 wt% in WGI. La differenza sostanziale tra le due unità è data dal contenuto medio in cristalli che in WGI risulta essere più del doppio di USAF (4 wt% in USAF e 9wt% in WGI). L'unità CPF presenta delle abbondanze molto simili a quelle di WGI. Il contenuto medio di pomici, litici e cristalli in CPF è, rispettivamente, 80,6 wt%, 10,7 wt% e 8,7 wt%. Analogamente a quanto osservato per i dati granulometrici, in USAF e WGI la variazione delle abbondanze dei componenti con la distanza dal centro eruttivo e con l'altitudine mostra che 50 km di distanza e 300 m s.l.m. rappresentano limiti oltre i quali si osserva un decisa variazione (decremento) del contenuto in litici e cristalli. Tale differenza è particolarmente evidente in WGI, molto meno pronunciata in USAF. Anche la morfologia dei diversi settori angolari intorno al centro eruttivo ha diversamente influenzato la distribuzione dei componenti (principalmente litici e cristalli). Inoltre, in base alle abbondanze dei componenti è stata fatta una stima del volume occupato dai litici e dai cristalli nei depositi associati alla fase da corrente piroclastica dell'IC. Il volume totale di tephra della sola fase ignimbritica preso come riferimento è 54 km3 (Scarpati et al., 2014). Il volume dei litici, calcolato considerando un'abbondanza di 11wt% (valore medio tra USAF e WGI), è ~3 km3. La quantità di cristalli mostra una netta differenza tra le due unità pertanto le percentuali in peso medie di cristalli in USAF (4 wt%) e WGI (9 wt%) sono considerate, rispettivamente, come valori minimo e massimo per l'IC. Il volume dei cristalli varia tra 1 e 2,3 km3. Le analisi chimiche hanno evidenziato un costante decremento dello zirconio (Zr) con l'altezza stratigrafica compatibile con il costante svuotamento di porzioni sempre più profonde della camera magmatica. Tale variazione è stata utilizzata per individuare superfici deposizionali criptiche (evidenziate da isolinee di Zr) interpretate in termini dinamici per ricostruire la mobilità della corrente piroclastica. Le isolinee di Zr, costruite per tre altezze stratigrafiche di riferimento, rivelano una variazione nel tempo dell'area coperta (legata a fattori energetici o interazione con gli ostacoli morfologici a scala regionale) dalla corrente piroclastica durante l'eruzione. Le analisi hanno anche mostrato che gli juvenili scoriacei sono leggermente più differenziati di quelli pomicei. Questi risultati suggeriscono che la composizione chimica non è determinate nell'influenzare la tessitura degli juvenili eruttati. L'analisi di facies e sedimentologica consente ricostruire la dinamica della corrente piroclastica e di ipotizzare che l'IC sia il prodotto della continua sedimentazione (aggradazione progressiva di Branney e Kokelaar, 2002) dalla base di una corrente espansa, diluita e turbolenta, i cui parametri fisici variano principalmente nel tempo. La variazione verticale (sono state osservate cinque associazioni verticali) delle facies (principalmente in USAF e WGI) evidenzia che la corrente piroclastica che ha generato l'IC sia stata caratterizzata da un comportamento dinamico variabile, legato ad una generale instazionarietà (variazione nel tempo dei parametri fisici della corrente; Branney e Kokelaar, 2002) delle caratteristiche di velocità e concentrazione nel buondary layer (i.e. la base della corrente piroclastica, a contatto con il substrato o con il deposito in aggradazione, dalla quale avviene la sedimentazione) durante la continua sedimentazione. La transizione verticale da facies stratificate o diffusamente stratificate a massive, associate in alcuni casi a diverse gradazioni interne dei componenti, testimonia il passaggio nel buondary layer da condizione trattive legate a bassa concentrazione a condizioni in cui la trazione era completamente soppressa a causa dell'incremento della concentrazione. La trazione nel boundary layer è testimoniata anche dalla presenza, localmente, tra le lamine della facies stratificata di lenti deplete in fini formate da lapilli pomicei fini, sub-angolari, erosi dalla sottostante unità da caduta e ridepositati dopo un breve trasporto. Viceversa, la transizione verticale da facies massive a diffusamente stratificate (principalmente in WGI) è interpretata come il prodotto della continua diluizione della corrente a causa della ingestione di aria e perdita di carico solido con la sedimentazione. La persistenza laterale delle facies (sono state osservate solo due associazioni laterali) indica, invece, una relativa uniformità (costanza dei parametri fisici nello spazio; Branney e Kokelaar, 2002) della corrente piroclastica. I dati sedimentologici dell'unità USAF, ubiquitaria dal punto di vista della distribuzione, appaiono poco o nulla influenzati dalla distanza dal centro eruttivo, la quota s.l.m. o l'azimuth. Anche la variazione spaziale dello Zr è completamente indipendente dalla morfologia del substrato ed evidenzia una costante progradazione (avanzamento) del fronte della corrente. Questi caratteri sono compatibili con una corrente estremamente energetica, instazionaria, dominata dalla turbolenza, capace di sormontare ostacoli morfologici di notevole altezza ed estensione laterale senza subire importanti modificazioni della capacità di trasporto o sostegno dei clasti. Al contrario, durante l'aggradazione dell'unità WGI, la morfologia a scala regionale ha avuto una forte influenza sulla sedimentazione e di conseguenza sui caratteri sedimentologici. Dopo la deposizione della facies a pomici basale, che al pari di USAF non risente degli ostacoli morfologici, nel sistema dinamico della corrente entrano contemporaneamente juvenili aventi diversa densità/vescicolazione (pomici e scorie), a causa della variazione dei meccanismi eruttivi (la differente tessitura degli juvenili è ascritta alla variazione della velocità di ascesa relativa tra il magma e le bolle di gas al suo interno). Scorie e pomici andranno a formare due facies ben distinte per componenti e lateralmente contigue (facies a scorie confinata dai rilievi in aree intermedie e fino a 1000 m s.l.m. e facies a pomici distale presente solo oltre 50 km dal centro eruttivo) che rappresentano la maggior parte del volume di WGI. Il carattere diluito ed espanso della corrente (bassa concentrazione) consente ai processi di segregazione di essere particolarmente efficienti, separando i clasti in base alla densità. Le scorie (juvenili più densi) non riescono ad essere sostenute nella corrente con la stessa efficienza delle pomici molto meno dense. Di conseguenza le scorie si distribuiscono prevalentemente nella parte bassa della corrente (<1 km di spessore) mentre le pomici sono segregate nella parte alta. La porzione basale della corrente (ricca in scorie) impatta contro i rilievi che bordano la Piana Campana (retrogradazione del fronte della corrente) sedimentando, nella stessa piana e lungo i versanti orientati verso l'area sorgente, decine di metri di ceneri e scorie. La parte alta della corrente, ricca in pomici, è capace di sormontare i rilievi grazie all'elevata turbolenza, trasportando esclusivamente juvenili meno densi (facies a pomici distale) oltre le più alte barriere montuose (comportando una nuova e quasi contemporanea progradazione del fronte della corrente). Le isolinee di Zr, costruite per la facies a pomici distale di WGI, sono molto influenzate dalla morfologia a conferma di tale interpretazione. La distribuzione dei depositi a scorie o pomici, in relazione alla quota s.l.m. e all'altezza dei rilievi incontrati dalla corrente durante lo scorrimento, permette di ipotizzare che lo spessore della corrente fosse superiore ai 1500 m. Inoltre, osservazioni sul grain fabric hanno evidenziato, localmente, il drenaggio sindeposizionale del deposito, sedimentato sui versanti, verso il fondo valle, (secondo quanto proposto da Fisher et al., 1993 sulla base delle anisotropie della suscettibilità magnetica), fornendo un'ulteriore prova a favore della deposizione da una corrente espansa e turbolenta la cui base, durante la maggior parte della sedimentazione (aggradazione di WGI), ha subito l'influenza della morfologia del substrato.

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