Cerciello, Raimondo (2015) Ruolo protettivo del polisaccaride A (PSA) di Bacteroides fragilis nei confronti di stati infiammatori indotti da Bartonella henselae. [Tesi di dottorato]

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Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: Ruolo protettivo del polisaccaride A (PSA) di Bacteroides fragilis nei confronti di stati infiammatori indotti da Bartonella henselae
Autori:
AutoreEmail
Cerciello, Raimondoraimondo.cerciello@unina.it
Data: 31 Marzo 2015
Numero di pagine: 148
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: Biologia
Scuola di dottorato: Scienze biologiche
Dottorato: Biologia avanzata
Ciclo di dottorato: 27
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Gaudio, Lucianoluciano.gaudio@unina.it
Tutor:
nomeemail
Grimaldi, Maria Consiglio[non definito]
Avallone, Bice[non definito]
Data: 31 Marzo 2015
Numero di pagine: 148
Parole chiave: Bartonella henselae, Bacteroides fragilis, Polisaccaride A
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 05 - Scienze biologiche > BIO/06 - Anatomia comparata e citologia
Aree tematiche (7° programma Quadro): SALUTE e TUTELA DEL CONSUMATORE > Biotecnologie, strumenti e tecnologie generiche per la salute umana
Depositato il: 07 Apr 2015 13:43
Ultima modifica: 05 Mag 2018 01:00
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/10327
DOI: 10.6093/UNINA/FEDOA/10327

Abstract

Bacteroides fragilis è un batterio anaerobio, Gram-negativo e costituisce meno dell'1% della microflora intestinale umana. In B. fragilis sono stati individuati otto differenti polisaccaridi capsulari, tra cui il polisaccaride A (PSA). Il PSA appartiene ad una classe di carboidrati batterici noti come polisaccaridi zwitterionici (ZPS). Tali polisaccaridi sono caratterizzati dall'essere costituiti da unità ripetute presentanti ognuna una carica positiva ed una negativa che conferiscono alla molecola proprietà immunomodulatorie. Questi polisaccaridi, infatti, sono gli unici carboidrati capaci di stimolare una risposta immunitaria da parte dei linfociti T (Tzianabos A.O. et al., 2000). Il PSA presenta proprietà immunoregolatorie provate da vari studi, in particolare è in grado dare protezione dalla colite indotta sperimentalmente con Helicobacter hepaticus o chimicamente con il TNBS (Mazmanian S.K. et al., 2008). Per indurre una risposta immunitaria, il PSA deve essere processato tramite la via endocitica e presentato da un MHCII in maniera analoga a come sono presentati i peptidi antigenici (Watts C. et al., 1999). E' stato dimostrato che le principali cellule che presentano il PSA sono le cellule dendritiche sia plasmacitoidi (pDC) (Dasgupta S. et al., 2014) che convenzionali (Mazmanian S.K. et al., 2005). B. fragilis non aderisce però alla sua cellula bersaglio ma è in grado di rilasciare il PSA in vescicole di membrana all'esterno (OMVs) (Shen Y. et al., 2012). Tali vescicole sono riconosciute, sulla superficie delle cellule dendritiche, da recettori specifici ovvero i Toll-like receptor 2. Inoltre, l'attivazione di cellule T richiede la presenza di HLA-DR e molecole co-stimolatorie ICOSL e CD86 sulla superficie delle DC, che si legano rispettivamente a ICOS e CD28 sulle cellule T CD4+. Le cellule T CD4+ vergini riconoscono il PSA presentato da MHCII tramite il loro TCR e si differenziano in cellule T di memoria CD4+CD45+RBlow che producono la citochina anti-infiammatoria IL-10 (Dasgupta S. et al., 2014). Quando si ha una rottura della barriera intestinale molti batteri, tra cui B. fragilis, si riversano nella cavità peritoneale. Le cellule Th17 secernono IL-17 che è essenziale per la formazione dell'ascesso. I macrofagi interagiscono con B. fragilis e secernono IL-10 necessaria per il contenimento della malattia in quanto è noto che tale citochina inibisce la sintesi di citochine pro-infiammatorie quali IFN-γ, IL-2, IL-3, TNF-α e GM-CSF. Questo studio tende ad apportare ulteriori conoscenze sull'intricata relazione, tra gli organismi commensali e il sistema immunitario dell'ospite e a identificare se il PSA possa essere una molecola immunomodulatoria con rilevanza clinica. In particolare ho valutato l'eventuale miglioramento che il PSA può apportare nei confronti di stati infiammatori cronici come quelli indotti dal batterio patogeno Gram negativo Bartonella henselae, in siti diversi da quello intestinale. A tal fine nella prima fase del mio lavoro ho condotto indagini morfologiche, ultrastrutturali e molecolari su campioni di aorta e di fegato di topi immunocompetenti C57BL/6J. Ho confrontato i tessuti prelevati da un gruppo di controllo con quelli isolati da topi sottoposti a cinque differenti trattamenti. I topi sono stati infettati con il ceppo selvatico di B. fragilis NCTC9343, con il ceppo mutante B. fragilis ΔPSA che non esprime il PSA, con B. henselae ATCC49882 o co-infettati con B. henselae e, o il ceppo selvatico o il ceppo mutante, di B. fragilis. B. henselae è stata somministrata per via intraperitoneale una settimana dopo la somministrazione per via orale di B. fragilis. Gli organi sono stati prelevati 36 giorni dopo l'infezione con B. henselae. Le analisi morfologiche eseguite tramite colorazione con ematossilina-eosina e l'analisi ultrastrutturale mediante microscopia elettronica a trasmissione (TEM) hanno evidenziato la presenza nei topi infettati con la sola B. henselae, di granulomi nel fegato e di cellule del sistema immunitario nell'avventizia dell'aorta e l'assenza nei topi co-infettati con B. fragilis di risposta infiammatoria marcata, confermando l'effetto protettivo svolto dalla molecola di PSA del Bacteroides. Dato ulteriormente confermato da una risposta infiammatoria più debole nei topi co-infettati con B. fragilis ΔPSA. Nella seconda parte del mio lavoro ho effettuato ulteriori indagini morfologiche e ultrastrutturali su campioni di fegato e aorta di topi SCID, cioè topi con grave deficienza immunitaria combinata privi totalmente di linfociti B e T per blocco precoce della maturazione linfocitaria dai precursori midollari, sottoposti ai medesimi trattamenti dei topi immunocompetenti. Ciò al fine di valutare gli effetti delle infezioni e l'eventuale ruolo protettivo del PSA anche in condizione di immunodeficienza, condizione questa importante essendo l'infezione da B. henselae concausa di morte in esseri umani immunocompromessi (Chiaraviglio L. et al., 2010). Le indagini morfologiche su sezioni fini di fegato colorate con blu di toluidina e le analisi ultrastrutturali al TEM evidenziano che i topi SCID tollerano l'infezione da B. henselae a elevate concentrazioni. Il topo SCID, risponde all'infezione da B. henselae con una notevole deposizione di collagene che permette all'organismo di contenere i batteri, anche se offre agli stessi un ambiente protetto dove evitare la digestione da parte della risposta immunitaria. Nei campioni infettati da B. fragilis WT si è notato invece la riduzione nella produzione di collagene e una maggiore risposta da parte dei macrofagi dimostrando che in condizione di immunocompromissione il PSA stimola la proliferazione e attivazione di cellule dell'immunità innata riuscendo a contenere i danni indotti dall'infezione da B. henselae. Nell'ultima parte del mio progetto ho effettuato una serie di indagini su cellule progenitrici endoteliali (EPC) che vengono infettate e risultano una nicchia primaria di B. henselae (Salvatore P. et al. 2008). Si è inizialmente valutato tramite FACS se il numero di EPC viene influenzato dalle infezioni batteriche sia nei topi immunocompetenti sia in quelli immunocompromessi. Nei topi immunocompetenti infettati da B. henselae il numero di EPC diminuisce drasticamente di circa il 90% rispetto al numero di EPC dei topi controllo. Diminuzione sorprendentemente contrastata dal PSA dato che il numero di EPC aumenta nei soli campioni infettati o co-infettati da B. fragilis WT. Le stesse analisi condotte sul sangue di topi immunocompromessi, hanno evidenziato, invece, un aumento delle EPC nei campioni infettati da B. henselae rispetto ai controlli, oltre che, anche in questo caso, nei campioni infettati e ancora di più in quelli co-infettati con B. fragilis WT. L'aumento di EPC in risposta all'infezione da B. henselae nei topi immunocompromessi, potrebbe essere dovuto a un maggiore apporto di precursori endoteliali essenziali per far si che venga assicurato il turn over delle cellule endoteliali danneggiate dall'infezione con B. henselae. L'immunofluorescenza con anticorpi specifici anti-lipopolisaccaride di B. fragilis (LPS) e anti-B. henselae ha mostrato che sia B. fragilis WT che il suo mutante ΔPSA possono essere internalizzati dalle EPC come precedentemente documentato per B. henselae (Salvatore P et al., 2008) dimostrando che tale processo è indipendente dal PSA. I dati di immunofluorescenza sono stati confermati anche dalle osservazioni al TEM effettuate su colture cellulari di EPC umane sottoposte agli stessi trattamenti infettivi dei topi per 48 ore. Dalle micrografie è emerso che i B. fragilis sia WT sia ΔPSA riescono a infettare le EPC venendo però digeriti all'interno dei lisosomi e, inoltre, nelle co-infezioni con il B. fragilis WT, si è osservato un numero ridotto di invasomi rispetto alle cellule infettate dalla sola B. henselae, come se il batterio avesse difficoltà a duplicarsi all'interno di queste cellule. Tramite RT2 Profiler Array PCR e visualizzando contemporaneamente il profilo di 84 principali geni infiammatori codificanti chemochine, citochine e i loro recettori, in entrambe le co-infezioni sia con B. fragilis WT sia B. fragilis ΔPSA rispetto alla semplice infezione con B. henselae si è registrato un aumento del numero di geni differenzialmente espressi (DE) rispetto alle cellule non infette. In particolare, il confronto diretto dei livelli di espressione nei campioni co-infettati ha rivelato che B. fragilis WT esercita una significativa down-regolazione di chemochine pro-infiammatorie fornendo contemporaneamente una positiva modulazione di geni anti-infiammatori come IL-10 e Interferone-alfa 2 (IFNA2). Infine tramite test ELISA effettuato sui surnatanti delle stesse cellule infette risulta che nei campioni co-infettati il ceppo di B. fragilis WT esercita una significativa sotto modulazione di interleuchine pro-infiammatorie e, al contrario, un incremento positivo di IL-10, di TNFα e GM-CSF. Questo dato ha confermato che le early EPC possono svolgere un ruolo essenziale nella risposta immunitaria se stimolate dal PSA. Il PSA ha, quindi, un ruolo protettivo nei confronti dell'infiammazione cronica indotta da B. henselae. Tale molecola esercita il suo ruolo anti-infiammatorio stimolando il rilascio di IL-10 da parte di cellule T non solo a livello intestinale ma anche a livello sistemico. Inoltre stimola nei soggetti immunocompromessi la risposta immunitaria innata sia attivando macrofagi, sia stimolando cellule EPC, le quali si è visto che, in vitro, rilasciano se stimolate dal PSA citochine, quali GM-CSF, che portano a un'ulteriore proliferazione di macrofagi. Questi risultati preliminari ottenuti inducono a pensare che il PSA possa iniziare a essere utilizzato per trials clinici al fine di sviluppare innovative terapie nei confronti di malattie infiammatorie croniche.

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