Acampora, Alessandra (2016) Crociere e città, un portus per ogni porto. [Tesi di dottorato]
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Item Type: | Tesi di dottorato |
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Resource language: | Italiano |
Title: | Crociere e città, un portus per ogni porto |
Creators: | Creators Email Acampora, Alessandra alessandra.acampora@unina.it |
Date: | 30 March 2016 |
Number of Pages: | 177 |
Institution: | Università degli Studi di Napoli Federico II |
Department: | Architettura |
Scuola di dottorato: | Architettura |
Dottorato: | Progettazione urbana ed urbanistica |
Ciclo di dottorato: | 28 |
Coordinatore del Corso di dottorato: | nome email Miano, Pasquale UNSPECIFIED |
Tutor: | nome email Amirante, Roberta UNSPECIFIED |
Date: | 30 March 2016 |
Number of Pages: | 177 |
Keywords: | progetto urbano, architettura, città-porto |
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: | Area 08 - Ingegneria civile e Architettura > ICAR/14 - Composizione architettonica e urbana |
Date Deposited: | 11 Apr 2016 14:01 |
Last Modified: | 31 Oct 2016 11:47 |
URI: | http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/10876 |
Collection description
Ieri. I viaggi come strumento culturale cominciano già a partire dal XVIII secolo quando i giovani aristocratici europei si spingono sulle coste del Mare Nostrum per studiarne la cultura, la politica, l'arte e le antichità. Nei secoli successivi il Mediterraneo consolida il suo ruolo di meta privilegiata. Nell’ambito del Grand Tour, le città erano tappe significative di un viaggio più complesso. Raggiunte prevalentemente da mare, presentavano la loro immagine al viaggiatore che ne coglieva lo skyline da lontano e poi le raggiungeva per farne esperienza, preparato a recepirne l’anima e a volte anche a rappresentarne il corpo. Oggi. Le grandi compagnie marittime a proporre modelli di tour comparabili (come estensione e qualificazione delle mete) con il viaggio di formazione culturale degli intellettuali europei. Ma assolutamente incomparabili come esperienze di viaggio perché incomparabili con il passato sono le variabili tempo e spazio dentro le quali "la massa", contenuta in queste città galleggianti sceglie di muoversi; approfittando della varietà delle rotte offerte dalle maggiori compagnie di navigazione e attirata dall’ idea di poter assaggiare, seppur in una logica “mordi e fuggi” l’essenza delle città mediterranee e del mare che le unisce. Ma il senso più proprio del viaggio nel Mediterraneo e nelle sue città, in apparenza elemento unificatore delle vacanze in crociera e sponsorizzato dalle compagnie, viene all’atto pratico negato dalle modalità e dai tempi ristretti di questo genere di esperienza. Talvolta la delocalizzazione delle banchine dedicate alle crociere, stravolge il primo approccio con la città che, raggiunta da mare, non sarà più quella vista e raccontata dai grandi viaggiatori del passato, da Goethe a Le Corbusier, ma un luogo spesso anonimo, senza tracce di identità locale e che sembra aver cancellato l’immagine legata all’immaginario collettivo: e questo vale anche per le città del Mediterraneo. Posto che la finalità della ricerca è quella di provare, attraverso un’architettura, a trasformare lo scalo veloce in un’occasione per aggiungere all’esperienza crocieristica un qualcosa in più che possa “aumentare” anche a distanza e in un tempo breve la conoscenza della città coinvolta, e posto che il luogo scelto per effettuare la sperimentazione è stato proprio lo spazio di soglia tra città e porto, è stato naturale aggiungere all’obiettivo principale anche la creazione di una relazione tra crocieristi e cittadini nella dimensione materiale e immateriale di un comune attrattore. Il termine edutainment , il neologismo coniato da Bob Heyman mentre produceva documentari per la società National Geographic, nasce dalla fusione di due termini educational (educativo) e entertainment (divertimento): si potrebbe tradurre come divertimento educativo. Considerata la premessa della ricerca che tende a ragionare sul “residuo” di mediterraneità che è possibile recuperare nel breve spazio/ tempo della sosta tecnica dei porti, questo concetto può incrociarsi con la nozione di portus, così come raccontata da Donatella Calabi: “un luogo chiuso, comunque protetto, utilizzato come deposito, o come tappa di un viaggio per il carico e scarico merci. È il senso originario di ingresso, imboccatura, passaggio, attraversamento, traghetto, assai più che quello figurato di meta ultima, rifugio, asilo che pare fornire qualche suggerimento in proposito. (…) Mercati e fiere sono periodici, il portus è una piazza permanente. È il centro di transito ininterrotto (vanno ad approvvigionarsi di continuo genti vicine e lontane); è un agglomerato di mercati che non solo lo hanno eletto come luogo della residenza, ma vi hanno collocato i propri fondaci. (…) si tratta (quindi) di considerare i vari centri finanziari e internazionali, nei quali lo scambio di merci, di persone, di informazioni, di modelli culturali e artistici è interrelato con funzioni amministrative, religiose, d’istruzione quanto mai complesse” (Calabi, 1993). Ecco che torna ancora la questione dell’edutainment (educare divertendo e divertire educando): considerato il passaggio da viaggio a vacanza, di cui si è parlato nel capitolo precedente, è possibile ritrovare nelle tipologie dei portus/mercati mediterranei, considerati nella loro nuova vocazione di spazi per l’edutainment, il riferimento che consente di interpretare in termini di architettura le complesse questioni poste. L’obiettivo di questa ricerca si inserisce in un processo di contaminazione produttiva tra porto e città proponendo un punto di vista più mirato: come si è detto prima punta a intercettare un target specifico, proprio quello dei crocieristi tradizionalmente convertiti in “truppe” che si muovono compatte verso un obiettivo. L’annullamento del tempo e dello spazio, nell’ottica sperimentale che questa tesi propone, può essere un modo per raccontare la città in una logica edutainment con le modalità cadenzate che le compagnie crocieristiche richiedono reinterpretando gli spazi, che Marc Augè identifica come non luoghi, come un’occasione positiva. Tre sono i punti di contatto con la più generale volontà di lavorare nella relazione città-porto sono evidenti: il primo è la necessità logistica di disporsi sul confine tra i due sistemi; il secondo è quello di ricorrere a un elemento architettonico-urbano che sia in grado di contenere in forma sintetica alcune delle funzioni tradizionalmente connesse all’edutainment; il terzo è la possibile contaminazione tra crocieristi e cittadini. A proposito del primo, la naturale posizione sul confine tra porto e città è legata all’elemento che tiene insieme tutte le escursioni: il percorso dei crocieristi a un certo punto passa attraverso il confine e spesso lo segue per un tratto, all’interno o all’esterno del territorio portuale. A proposito del secondo, l’elemento architettonico-urbano a cui si fa riferimento in questo caso può coincidere con l’intero percorso che il crocierista compie per uscire dal porto o anche solo con alcuni dei suoi tratti: quel che conta è che sia sufficientemente fluido da non rallentare troppo il percorso e sufficientemente articolato da suggerire delle pause. A proposito del terzo, qui la contaminazione tra cittadini e crocieristi potrebbe anche essere parziale, perché alcuni tratti del percorso per motivi di sicurezza o di fluidità dell’attraversamento potrebbero essere riservati. Ma nella logica della dilatazione “spazio-temporale” imposta o solo consentita ai crocieristi, la connessione con pezzi di vita urbana, anche in forma di eventi, potrebbe essere un elemento fondamentale dell’edutainment. Il lavoro di ricerca, muovendo dalla differenza tra soglia, bordo e limite, punta dunque all’individuazione degli spazi di connessione tra crociere e città: la loro posizione e la loro configurazione è fondamentale per identificare la dimensione conforme dell’area progetto e la sua ricaduta sul territorio. Possono essere sia edifici che spazi aperti; devono essere disposti nello spazio di confine tra il porto e la città; devono essere “disponibili” alla trasformazione, nelle logiche di riassetto delle aree portuali che hanno visto coinvolti negli ultimi anni la maggior parte dei porti nazionali e internazionali; devono trovarsi nel tragitto che i crocieristi fanno quando scendono dalla nave per recarsi in gita. Obiettivo della sperimentazione è dunque la costruzione/ricostruzione/riciclo di uno spazio ( di soglia, di bordo, di limite) capace di accogliere grandi masse che possa essere funzionalizzato per presentare la città a chi la intercetta, attraverso uno sguardo che sia culturale ma anche pop e nello stesso tempo attrarre i cittadini verso il porto. Uno spazio poroso e permeabile, di passaggio e di incrocio interno al porto che si insinui nella scaletta dell’escursione crocieristica. Il tentativo di portare la città (e la sua immagine complessiva) nel porto dovrebbe giocarsi quindi nello spazio di contiguità che viene attraversato dai crocieristi, il “portus”, “l’agglomerato di mercati”, che alcune volte è sulla soglia, altre volte è nel bordo e altre volte è sul limes/limen. La logica che dovrebbe ispirare l’azione utilizza l’idea di “pubblicità” e si fonda sulle funzioni latamente commerciali (vocazione di ogni porto sin dall’antichità), espositive, informative e formative, che sono chiamate da un lato ad aumentare la possibilità di conoscenza della città dal punto di vista culturale, dall’altro a costruire relazioni fisiche più porose tra porto e città. In questa operazione, la configurazione fisica del “portus” assume un rilievo significativo in sé: non solo per la “precisione” della sua posizione ma anche per la conformazione dei suoi spazi, per i punti di vista che privilegia, per le relazioni – anche a distanza – che costruisce. La ricerca, come si è detto, tenta di rispondere a questa domanda attraverso la costruzione di un percorso che possa in qualche modo rallentare il passaggio tra la nave da crociera e il punto d’inizio dell’escursione programmata e che definisca al suo interno delle pause un po’ più significative che si traducano in un “aumento di conoscenza” delle città in senso sia spaziale che culturale. A partire da questi elementi si è provato a capire quale potesse essere lo spazio più adatto a questo genere di operazione: uno spazio che non fosse meccanicamente una connessione fisica sul bordo ma che dovesse, attraverso un esperienza spaziale affidare al tempo – limitato - e allo spazio -fluido - un messaggio che vada al di là del semplice collegamento. Il ”portus” potrebbe incarnarsi in una nuova architettura, attraverso il riuso di un edificio esistente, attraverso la costruzione di un percorso che tiene insieme cose diverse, attraverso il montaggio di spazi diversi, che potrebbero contenere al loro interno una serie di funzioni miste che trasformino l'immagine della città in un “immaginario” più ricco, più profondo. La ricerca nata attraverso la formulazione di una forma di “domanda” proveniente dalla realtà esterna (il difficile rapporto tra crocieristi e città), orientata da un punto di vista culturale che collega, seppur a grande distanza, la crociera nel Mediterraneo al Grand Tour, finalizzata ad “aumentare” l’esperienza della città che i crocieristi fanno in uno spazio-tempo limitato e tradotta in termini di architettura attraverso l’identificazione di un concept spaziale del “portus” che si esprime in termini di posizione e relazione, ha bisogno di uscire dalla genericità per confrontarsi con dei casi esemplificativi. Queste applicazioni hanno tra l’altro il compito di verificare la tenuta generale del concept e le caratteristiche della sua possibile articolazione in termini di struttura, di misura, e di spazi, in relazione ad alcune condizioni contestuali definite in termini più articolati. Lo studio più approfondito delle tre città, scelte dunque in base alla struttura, alle misure, al carattere degli spazi di intersezione tra le aree passeggeri e il “confine” del porto, in alcuni casi ha consentito di lavorare sulla soglia (Napoli), in altri casi sul bordo (Venezia) e in altri sul limite (Marsiglia). Le modalità con cui oggi i crocieristi si muovono all’interno dell’area passeggeri hanno consentito di identificare per ognuna di esse l’azione propria relativa alle tre condizioni del confine. Lavorare in un punto specifico quando l’area d’intervento si trovava sulla soglia; su una linea quando bisognava attraversare un’area di bordo; attraverso la costruzione di una rete quando bisognava lavorare sul limite ha consentito di declinare in forme diverse sia il ragionamento sul percorso che quello sul “portus” identificando specifici interventi puntuali per ciascuna condizione. La connessione diventa dunque un percorso che declina la nozione di “portus” e le pause definiscono spazi polifunzionali per l’edutainment: le declinazioni di questi spazi variano a seconda della porzione di territorio che il progetto si tira dentro. I tre casi individuati in relazione alla posizione del terminal crocieristico rispetto alla città si differenziano, infatti, anche per la declinazione del “portus” rispetto alla porzione di territorio investito dalla trasformazione. Questa condizione comporta un’interessante conseguenza che investe la potenzialità del percorso di edutainment - che si concretizza nelle diverse declinazioni del “portus” - rispetto all’aumento di conoscenza dell’origine, della storicità, della contemporaneità della città toccata dal crocierista. È evidente che il senso dell’edutainment contenuto nel “portus” potrebbe andare ben oltre la questione dell’immagine e delle specificità urbane, investendo questioni culturali di diverso spessore; ma nella sua configurazione architettonica è in qualche modo contenuta automaticamente una forma di declinazione conoscitiva di quella che abbiamo definito “porzione di territorio” investita dalla trasformazione. Nel caso di Napoli il “portus” racconterà la città storica, l’antica immagine dell’approdo oggi riconfigurata e la sua trasformazione strutturale segnata dal distacco tra città e porto determinato dall’infrastruttura della Marittima. Nel caso di Venezia racconterà la città ottocentesca, le colmate che hanno dato vita alla Venezia produttiva che occupa il fronte ovest; ma racconterà anche la Venezia dei quartieri residenziali più recenti, del riuso di edifici industriali e dell’arrivo in città dal quartiere di Santa Marta e dal bordo urbano costituito dalla Fondamenta delle Zattere. Nel caso di Marsiglia racconterà la città contemporanea che ha ingombrato progressivamente la zona nord della costa, recentemente ripensata nella sua relazione con il porto che si è esteso nella stessa direzione, attraverso il grande progetto Euromediterranée. Il “passaggio” attraverso la soglia, “l’attraversamento” del bordo e “il traghettamento” lungo il limite, identificano le tre modalità con cui si effettua questa delocalizzazione, identificando, anche in funzione della lunghezza e del carattere della “distanza” che i crocieristi devono compiere, una volta in un oggetto, una volta in un percorso e una volta in un’infrastruttura gli elementi del “portus”. Il passaggio determina il più delle volte la necessità di un luogo fisico, un edificio, all’interno del quale è necessario sviluppare il percorso che si misura con il tema del mercato in forma di bazar. L’attraversamento viene inteso sia come vero e proprio “scavalcamento”, quando c’è la necessità di bypassare un ostacolo, un fiume, un canale, una porzione di territorio, sia come un modo per attraversare lo spazio aperto: in questo senso sarà la strada-mercato il riferimento tipologico che guida l’ipotesi trasformativa. Il traghettamento è usato per indicare lo spostamento più ampio e discontinuo che trasforma il limes in limen con una logica puntuale finalizzata alla definizione di più punti di contatto, di una rete di passaggi che assume il carattere di un’infrastruttura. Il “portus” è questa infrastruttura che rompe il limite in una maniera puntuale determinando punti di connessione con aree-mercato esistenti, configurandosi come la struttura di quell’“agglomerato di mercati” di cui l’infrastruttura misura e colma la distanza. Stavolta l’architettura del “portus” è articolata in tratti e punti; assorbe e aggrega strutture distribuite sul waterfront e le segnala con elementi seriali e riconoscibili che possono alludere alle caratteristiche dei mercati aperti. Ciò che accomuna queste tre modalità di definizione del “portus” è il tema dell’innesto del percorso rispetto alla nave o alla sua estensione terrestre, identificata dalla stazione marittima. Il “portus” come luogo che media il passaggio dalla nave tende a rendere quanto più fluida possibile questa relazione e allo stesso tempo a privarla della sua condizione di puro “transfer”. Considerato che la percezione dalla nave propone un punto di vista sopraelevato rispetto alla quota delle banchine e che il punto di partenza del percorso si colloca proprio alla stessa quota, strutturare questa continuità porta a lavorare su un layer superiore: una condizione che consente anche di non interferire con le normali operazioni legati alla logistica portuale. Attraverso questo layer l’immagine della città che si percepiva dalla nave, quando i porti erano prossimi ai centri storici, e che solo talvolta si ripropone oggi, viene intercettata in modi diversi e più “specializzati” anche con una serie di specifiche inquadrature progressive e rappresenta un “aumento” di conoscenza che dalla nave si estende alla terraferma. L’operazione avviene sia attraverso punti di vista e prospettive privilegiate che aiutano a inquadrare e a sottolineare parti importanti di territorio, sia negli spazi in cui questo percorso rallenta attraverso un’organizzazione funzionale che aiuta la comprensione del paesaggio “contemporaneo” dei porti.
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