Di Meo, Anna (2017) La silloge Poemata et epigrammata di Porcelio de' Pandoni. Edizione critica, traduzione e commento. [Tesi di dottorato]

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Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: La silloge Poemata et epigrammata di Porcelio de' Pandoni. Edizione critica, traduzione e commento.
Autori:
AutoreEmail
Di Meo, Annaannadimeo88@outlook.it
Data: 10 Aprile 2017
Numero di pagine: 218
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: Studi Umanistici
Dottorato: Filologia
Ciclo di dottorato: 29
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Gargano, Antonioantonio.gargano@unina.it
Tutor:
nomeemail
Germano, Giuseppe[non definito]
Data: 10 Aprile 2017
Numero di pagine: 218
Parole chiave: Poesia umanistica Cardinale Pietro Riario
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 10 - Scienze dell'antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche > L-FIL-LET/08 - Letteratura latina medievale e umanistica
Depositato il: 01 Mag 2017 09:51
Ultima modifica: 08 Mar 2018 10:51
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/11737
DOI: 10.6093/UNINA/FEDOA/11737

Abstract

Si tratta di una silloge che il poeta compilò a Roma durante il suo soggiorno alla Curia negli anni Settanta e Ottanta del Quattrocento, sotto la protezione del cardinale Pietro Riario e del papa Sisto IV, dedicatari, appunto, dei carmi. L’opera è tramandata unicamente da due testimoni manoscritti, entrambi conservati alla Biblioteca Apostolica Vaticana: si tratta del manoscritto Urbinate Latino 707 e del manoscritto Vaticano Latino 2856, entrambi testimoni autorevoli, essendo il primo idiografo e il secondo autografo. La Dissertazione dottorale si apre con un capitolo dedicato alla vita dell’autore, nel quale si fa il punto sulla sua formazione culturale e sulla sua produzione letteraria. Segue un secondo capitolo, diviso, al suo interno, in due paragrafi: nel primo si espone la struttura dell’opera, tenendo conto delle differenze che emergono dal confronto tra i due codici che la tramandano, e ci si sofferma, in particolare, sui nuclei tematici individuabili al suo interno; nel secondo paragrafo, invece, l’attenzione della candidata si è concentrata sull’esordio della silloge, ovvero sui primi tre carmi, così come trasmessi dal codice Urb. Lat. 707, che mostrano un’evidente costruzione retorica riconducibile, da un lato, ad alcuni topoidell’encomio previsti dalla retorica classica, dall’altro a tutta una tradizione panegirica coeva, di cui il Pandoni può essere ritenuto un valido esponente al pari di altri intellettuali dell’epoca che hanno goduto di maggiore fortuna. Chiude la parte introduttiva della Dissertazione un terzo capitolo,anch’esso suddiviso in paragrafi: nel primo si offre una descrizione dei due testimoni manoscritti; nel secondo, invece, si tenta di ricostruire una loro cronologia sulla base dei materiali poetici contenuti al loro interno e si avanza, alla fine, una prima proposta di stemma codicum. In seguito alle indagini condotte dalla candidata è emerso che il codice Urb. Lat. 707 può essere considerato un idiografo allestito sotto la visione del poeta stesso ed il codice Vat. Lat. 2856 si presenta come autografo del Pandoni; ma, pur essendo quest’ultimo,come è stato dimostrato sulla base della collazione operata, depositario di una redazione più recente dell’opera (sebbene in forma ecdoticamente incompiuta), la candidata ha scelto, tuttavia, il ms. Urb. Lat. 707 come base per allestire l’edizione critica della silloge, dal momento che esso meglio rispecchia quelle intenzioni cortigiane che avevano decretato la genesi e la formazione dell’opera.A conclusione del terzo capitolo è stata inserita una Nota critica ai testi,cui segue l’edizione critica della raccolta Poemata et epigrammata del Pandoni: il testo dei carmi è corredato non solo di apparato critico sincronico e diacronico, per la registrazione degli errori di tradizione e delle varianti d’autore, ma anche di un apparato dei fontes e dei loci paralleli, al fine di individuare i principali modelli linguistici, retorici e letterari, soprattutto classici, adoperati dal Pandoni. Il testo latino dei carmi è corredato di una traduzione in lingua italiana, che è la prima che sia stata apprestata in una lingua moderna di cultura ed alla quale non manca un sintetico apparato di note esplicative su fatti, luoghi, personaggi e peculiarità retorico- stilistiche. Chiude il lavoro una Bibliografia.

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