Quaranta, Maria Carmen (2018) ASPETTI CIVILISTICI DELLA PROFESSIONE SANITARIA. [Tesi di dottorato]

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Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: ASPETTI CIVILISTICI DELLA PROFESSIONE SANITARIA
Autori:
AutoreEmail
Quaranta, Maria Carmenquarantamariacarmen@virgilio.it
Data: Giugno 2018
Numero di pagine: 210
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: dep07
Dottorato: phd018
Ciclo di dottorato: 30
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Quadri, Enrico[non definito]
Tutor:
nomeemail
Botta, Consiglia[non definito]
Data: Giugno 2018
Numero di pagine: 210
Parole chiave: MEDICINA DIFENSIVA;PROFESSIONE SANITARIA;RESPONSABILITA'MEDICA
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 12 - Scienze giuridiche > IUS/01 - Diritto privato
Depositato il: 10 Lug 2018 13:32
Ultima modifica: 06 Mar 2019 09:12
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/12301

Abstract

ABSTRACT L’elaborato ha inteso affrontare, in maniera trasversale, i principali aspetti civilistici della professione sanitaria. Il lavoro ha infatti principiato da una indagine storica sul rapporto medico paziente, per comprendere le cause endogene ed esogene del patologico fenomeno della medicina difensiva, per poi soffermarsi sul complesso e mai sopito dibattito sulla natura della responsabilità civile del sanitario, soprattutto alla luce dei recenti sviluppi normativi in materia. Seguendo questo filo conduttore, come premesso, si è inteso operare nel primo capitolo una ricognizione dell’evoluzione del rapporto medico paziente esaminando prima il fenomeno del “paternalismo medico” e poi quello della medicina difensiva evidenziando come di recente il legislatore abbia tentato, pervero con difficoltà, di ricostruire l’ormai da tempo compromessa “alleanza terapeutica”. Tale indagine ha inteso sottolineare come nel settore sanitario, appaia ancor più chiaro il rapporto diritto- società infatti in questa particolare materia, l’evoluzione normativa riflette fortemente l’evoluzione sociale. Imprescindibile in questa ricostruzione, il ruolo assolto dal consenso informato che si è inteso trattare nei suoi caratteri ontologici, ma soprattutto nei suoi limiti, con veloci escursioni anche nel settore penale ed alla luce del recentissimo intervento normativo sul biotestamento. La seconda parte dell’elaborato, invece, ha inteso affrontare il problema della natura della responsabilità civile del medico analizzando le varie tesi che si sono avvicendate sulla ricostruzione della responsabilità sanitaria e le relative critiche, senza tralasciare anche alcuni casi problematici attenzionati dalla Suprema Corte. L’indagine si è soffermata in primo luogo sulle teorie più “forzate” quale quella della immedesimazione organica per passare poi a quella del contratto a favore di terzo, a effetti protettivi verso terzi evidenziandone i limiti e le criticità, per giungere poi all’esame delle teorie che hanno maggiormente trovato riscontro nella prassi ovvero la teoria della responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c. e quella responsabilità da contatto sociale. Si è inoltre inteso porre l’accento sulle sostanziali differenze pragmatiche nell’adesione all’una o all’altra teoria in punto di onere probatorio per il medico e termini di prescrizione. Necessario è stato anche fare un cenno al tipo di danno risarcibile in caso di intervento sanitario non riuscito e alle modalità di liquidazione dello stesso. Il capitolo conclusivo invece, è stato sviluppato principalmente soffermandosi sulle novità, in punto di responsabilità civile, introdotte dalla legge 8 marzo 2017 n. 24 c.d. legge Gelli, entrata in vigore a quattro anni dall'approvazione del decreto Balduzzi con l’intento di superare le criticità emerse nella concreta applicazione giurisprudenziale dello stesso decreto, puntualmente sottolineate. A tal fine, la legge Gelli, con spirito innovativo, ha scelto di articolare la responsabilità in ambito sanitario secondo un c.d. “doppio binario” : responsabilità contrattuale a carico delle strutture sanitarie pubbliche e private, extracontrattuale per gli esercenti la professione sanitaria che operano in una struttura sanitaria, salvo che non abbia stipulato un vero e proprio contratto con il paziente. L’obiettivo di tale ultimo capitolo è stato, dunque, quello di analizzare l’impatto della nuova disciplina sull’ordinamento civile, approfondendo gli aspetti critici posti dall’intervento di riforma e fornendo spunti di riflessione sulla materia. La novella legislativa ha infatti delineato, un modello di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, la quale risponde sia nei casi in cui l’inadempimento riguardi obbligazioni proprie dell’ente, sia in quelli casi in cui l’inadempimento dipenda da un fatto del personale medico e paramedico che svolge la propria prestazione all’interno della struttura.Ricostruita in termini extracontrattuali la responsabilità dei professionisti, l’indagine si è necessariamente soffermata sul profilo dell’onere probatorio gravante sul paziente. Tale riflessione si è concentrata non solo sulla distribuzione dell’onere probatorio tra professionista-struttura e paziente, ma anche sul contenuto delle rispettive obbligazioni dando atto della evoluzione giurisprudenziale in materia di onere della prova nei giudizi in materia di responsabilità medica e dell’assenza di una precisa presa di posizione sulla prova liberatoria dell’ente e del sanitario. L’indagine è proseguita affrontando anche le altre novità rimarchevoli della L.Gelli-Bianco, in particolare l’art. 3 della L. n. 189/2012 che, come risaputo, ha previsto che, anche nel caso di insussistenza di responsabilità penale, “resta fermo l’obbligo di cui all’art. 2043 c.c. del codice civile” e, a tal fine, ha richiamato le linee guida come parametro della determinazione del risarcimento del danno evidenziando la continuità con l’art. 3 della legge Balduzzi. Si è inoltre inteso affrontare il rilievo delle linee guida sotto il profilo risarcitorio e delle conseguenze che la loro osservanza potrebbe avere anche sul piano dell’onere e del contenuto della prova verificando se il rispetto delle linee guida possa costituire prova dell’esatto adempimento dell’obbligazione del sanitario e, quindi, anche della struttura sanitaria che sia chiamata a rispondere dell’operato dei propri collaboratori. Tale valutazione, peraltro, non poteva prescindere da un’analisi sul valore e la natura delle suddette linee guida, senza trascurare che anche dopo l’entrata in vigore della legge Balduzzi che ha qualificato il rispetto delle linee guida come vera e propria esimente, dottrina e giurisprudenza hanno iniziato ad attribuire valore indiziario al rispetto delle linee guida, verificando di volta in volta se la loro osservanza sia idonea a risolvere il singolo caso prospettato. Dato atto di ciò, il capitolo conclusivo ha inteso verificare se il tentativo della Legge Gelli di risolvere gli aspetti problematici ora illustrati sia o meno riuscito. È possibile sicuramente sottolineare che, a ben vedere, la novella legislativa individua una soluzione di compromesso, qualificando le linee guida come regole di soft law ormai regolarmente codificate, grazie ad un complesso sistema di accreditamento senza però trascurare la specificità del caso concreto. In conclusione è possibile, in merito all’ultimo intervento normativo, sottolineare che la nuova disciplina deve essere considerata in modo unitario e, sebbene perfettibile in ogni singolo aspetto, va salutata con favore quantomeno perché intende creare delle certezze in un settore tanto complesso ed incerto. Si può sicuramente in questa ottica apprezzare la modernità dell’intervento normativo e i suoi scopi, il sistema binario della responsabilità medica elaborato dalla legge Gelli-Bianco infatti, non appare volto a creare un condotto “salva medico”, quanto piuttosto a garantire la sicurezza delle cure e ad arginare la dilagante piaga della medicina difensiva, la cui principale vittima è proprio il paziente. L’obiettivo era infatti quello di garantire la sicurezza delle cure, una maggiore certezza nel settore sanitario e nei giudizi nei confronti dei sanitari. Allo stesso tempo però, non possono non essere comunque evidenziate le criticità di questo intervento, che risulta efficiente ma perfettibile.Non si può infatti non considerare che la crisi della responsabilità sanitaria e l’incedere del fenomeno della medicina difensiva, è sicuramente dovuta anche allo stato di precarietà del Servizio Sanitario Nazionale e, quindi, il tentativo di introdurre maggiore efficienza nel servizio sanitario mediante l'aziendalizzazione entra in crisi laddove le scelte politiche si orientino verso netti tagli alle spese. A fronte di tali problematiche, la pur pregevole opera di sintesi effettuata dal legislatore della riforma Gelli rischia di non produrre una scelta risolutiva. Non può omettersi, infatti, al riguardo di considerare che, tra gli effetti negativi della riforma, vi è il passaggio di numerose Regioni a meccanismi di auto-gestione dei sinistri e di auto-assicurazione o auto-ritenzione dei rischi. Resta sicuramente un dettato normativo necessario e che ha comunque introdotto dei punti fermi in un settore contraddistinto dall’incertezza; resta un intervento in linea con la legislazione europea nel settore e volto ad evitare la burocratizzazione di un ars, come quella medica; resta la modernità della nuova legge che attribuisce un ruolo chiave alle linee guida, che introduce un sistema dicotomico, che prevede strumenti deflattivi del contenzioso; resta fermo l’obiettivo centrato ma perfettibile: la tutela del diritto alla salute del singolo paziente.

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