Marotta, Fabiana (2023) Il discorso del design. Verso un modello teorico-visuale dei Design Studies. [Tesi di dottorato]

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Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: Il discorso del design. Verso un modello teorico-visuale dei Design Studies
Autori:
Autore
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Marotta, Fabiana
fabiana.marotta@unina.it
Data: 9 Ottobre 2023
Numero di pagine: 139
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: Architettura
Dottorato: Architettura
Ciclo di dottorato: 35
Coordinatore del Corso di dottorato:
nome
email
Mangone, Fabio
fabio.mangone@unina.it
Tutor:
nome
email
Perriccioli, Massimo
[non definito]
Data: 9 Ottobre 2023
Numero di pagine: 139
Parole chiave: Design Discourse; Design Methods; Design Studies; Design Issues; Design Journals; Science and Technology Studies; Actor-Network Theory; Controversy Mapping; Situated Knowledge; Knowledge Cartography; Hypertext; Data
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 08 - Ingegneria civile e Architettura > ICAR/13 - Disegno industriale
Depositato il: 13 Ott 2023 16:59
Ultima modifica: 09 Apr 2025 13:23
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/14998

Abstract

È negli anni Sessanta e Settanta che i primi testi critici e storici si interrogano sui metodi e i principi alla base di nuove modalità del design, un design che diviene ambito complesso di riflessione teorica e critica dei modi di produzione industriale, del sistema degli oggetti o del progressivo affermarsi della società dei consumi. In questo dibattito, la definizione di design come campo disciplinare risulta strettamente legata al progetto della modernità: all’affermarsi dell’ideologia del progresso, allo sviluppo di una cultura tecnologica radicata nei successi dell’economia capitalista. Una prima manifestazione della ricerca in design è stata l’estenuante ricerca di un “metodo”, come parte del desiderio generale di sistematizzare processi fino ad allora non sistematizzati. Fondata sulle ricerche antropomorfiche ed ergonomiche degli anni di guerra e del dopoguerra, e collegata all’interesse crescente per la cibernetica, la ricerca in design tentava di minimizzare le definizioni artistiche e commerciali del design che molti professionisti del settore avevano enfatizzato fino ad allora, influenzati dagli sviluppi precedenti negli Stati Uniti. La ricerca mirava a considerare il design come una disciplina radicata in un rigoroso e razionale processo “scientifico”, sostituendo così l’approccio precedentemente visto come pura intuizione. Nel corso di tutto un ventennio, teorici, matematici, economisti, cibernetici, non sempre appartenenti al mondo del design, stabilirono una comunità di ricercatori che provava a sistematizzare la disciplina attraverso principi, valori e pratiche, contribuendo di fatto a formulare una riflessione sul design come pratica scientifica, utilizzata per inquadrare domande sulla conoscenza, diventando metodo intellettuale. Successivamente il campo del design si apre a trasformazioni radicali. Esaurita la spinta della seconda rivoluzione industriale e realizzata la piena meccanizzazione dei sistemi produttivi, la sfera del design inizia ad assumere contorni sempre più sfocati, facendo entrare nella propria dimensione gli studi culturali, filosofici, sociali e politici che tentano una problematizzazione della disciplina. Spinto dall’avvento del digitale e delle reti, inizia a manifestarsi al di là dei prodotti industriali, degli strumenti o degli arredi, si va sviluppando attorno alla centralità assunta dal progetto delle interfacce, all’uso pervasivo delle informazioni e allo studio e alla ricerca sull’esperienza degli utenti prima che sul processo di produzione. Sempre meno limitato al contesto specifico della produzione seriale, il design si sviluppa in aree di applicazione distanti ed eterogenee. Negli anni Ottanta, soprattutto grazie ai contributi di Margolin e di Richard Buchanan, inizia ad entrare nel linguaggio comune del design l’espressione “design discourse”, prefigurando la disciplina come un’attività discorsiva e retorica. Questo cambio di prospettiva genera una trasformazione significativa nella ricerca in design: le scienze dure cessano di considerare marginali e poco influenti le discipline morbide, iniziando ad assumere come fondamentale la dinamica storica sia nella costruzione delle teorie che nella crescita della conoscenza scientifico-disciplinare stessa. Questa trasformazione diventa cruciale nell’evoluzione del ruolo del design, spostandosi dall’essere principalmente centrato sulla ricerca di metodi di progettazione a una fase in cui la dimensione storica e la sua importanza vengono riconosciute nel suo farsi disciplina. Si consolida l’idea che il design sia un’attività “plurale”, singolare e multipla al tempo stesso, che implica la coesistenza di diverse prospettive nel suo campo di azione. Fondandosi su queste premesse, e innestandosi nel contesto della “ricerca in design”, lo studio si propone come osservazione critica volta a indagare e rappresentare la complessità dell’insieme dei “discorsi” del dibattito teorico-critico, riconducibili alla dimensione dei Design Studies o “studi sul design”, che si occupano della disciplina del design, della sua definizione teorica e del circoscrivere il dominio delle sue pratiche. Considerare il design come un processo continuo e in evoluzione, anziché come un atto isolato di progettazione, consente di posizionarlo in un campo esplorativo e aperto. Porre l’accento sulla natura frammentata del design conduce a risultati inediti della disciplina in termini di una sua evoluzione e questo dovrebbe condurre il ricercatore – nel porsi la fatidica domanda “Che cos’è il design?” – a sapere riconoscere la validità e la pluralità dei diversi modi in cui il design è stato concepito, teorizzato e sperimentato, evitando di tracciare le linee di demarcazione tra ciò che è una “vera” definizione e ciò che non lo è.

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