Tomaiuolo, Rossella (2006) Biotecnologie molecolari per la diagnosi prenatale di malattie genetiche. [Tesi di dottorato] (Inedito)

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Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: Biotecnologie molecolari per la diagnosi prenatale di malattie genetiche
Autori:
AutoreEmail
Tomaiuolo, Rossella[non definito]
Data: 2006
Tipo di data: Pubblicazione
Numero di pagine: 52
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: Biochimica e biotecnologie mediche
Dottorato: Scienze biotecnologiche
Ciclo di dottorato: 18
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Marino, Gennaro[non definito]
Tutor:
nomeemail
Pane, Fabrizio[non definito]
Data: 2006
Numero di pagine: 52
Parole chiave: Diagnosi prenatale, Fibrosi cistica, Geni modulatori, Macrodelezioni
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 05 - Scienze biologiche > BIO/12 - Biochimica clinica e biologia molecolare clinica
Depositato il: 01 Ago 2008
Ultima modifica: 30 Apr 2014 19:23
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/751
DOI: 10.6092/UNINA/FEDOA/751

Abstract

Il 3% circa dei nati vivi è affetto da una malattia o anomalia congenita. In molti casi è possibile prevenire e diagnosticare, in epoca prenatale, tale patologia attraverso la conoscenza della storia familiare, l'identificazione dei fattori di rischio e l'adozione di opportune tecniche di indagine. La diagnosi prenatale comprende l'insieme delle procedure che permettono di riconoscere o di escludere la presenza nel feto di anomalie congenite. In alcuni casi, per la diagnosi prenatale sono sufficienti tecniche non invasive di diagnostica per immagini, come l'ecografia, che possono evidenziare alcune malformazioni strutturali del feto, mentre nella maggior parte dei casi per la diagnostica di laboratorio è necessario prelevare un campione biologico fetale. L'evolversi della diagnostica per immagini ha permesso di diminuire il rischio di abortività legato al prelievo del materiale fetale (1-2%). Le tecniche di prelievo di campioni biologici fetali, come l'amniocentesi, la villocentesi e la funicolocentesi, consentono di ottenere cellule del feto, sulle quali effettuare analisi citogenetiche, studi biochimici o di diagnostica molecolare. Queste tecniche si differenziano tra loro per l'epoca di effettuazione (10-13 settimana di gestazione per la villocentesi; 15-20 settimana di gestazione per l'amniocentesi), il tipo di tessuto fetale prelevato (villi coriali, amniociti), le tecniche con cui il materiale può essere analizzato, i tempi di risposta e i rischi di complicazioni associati. La conoscenza sempre più approfondita del genoma umano ha permesso che il numero delle malattie genetiche diagnosticabili in epoca prenatale sia costantemente in aumento. Per molte malattie genetiche, prima della diagnosi prenatale, è importante che siano studiati i genitori del nascituro per poterne valutare la fattibilità. In particolare, è importante studiare l'albero genealogico familiare e programmare la diagnosi prenatale per le malattie autosomiche recessive (per es. la Fibrosi Cistica), dominanti (per es. il morbo di Huntington) e per le X-linked (per es. l'Emofilia A e B) (1). La Fibrosi Cistica (CF) è la più frequente malattia ereditaria ad esito letale nella razza caucasica, con un’incidenza di 1:2500 nuovi nati. Ha una trasmissione autosomica recessiva e la frequenza dei portatori, asintomatici, è di 1:25. La malattia dipende dalle alterazioni di una glicoproteina di membrana di 1480 amminoacidi, espressa e funzionante nella porzione apicale della membrana delle cellule epiteliali, denominata Cystic Fibrosis Transmembrane conductance Regulator (CFTR), che svolge funzioni di canale ionico del cloro. Poiché gli ioni cloro e sodio si associano al transito di acqua, i secreti salini vengono idratati e fluidificati, mentre quando una mutazione impedisce la sintesi o il corretto funzionamento della proteina, le secrezioni diventano più dense, e da ciò derivano i sintomi sistemici della malattia. Queste secrezioni dense a livello polmonare ostruiscono i bronchi favorendo lo sviluppo di infezioni, a livello pancreatico ostruiscono i dotti pancreatici, impedendo agli enzimi digestivi di giungere all'intestino, provocando malassorbimento e deficit di accrescimento, a livello epatico rendono la bile densa, danneggiando il fegato. Inoltre, a livello delle ghiandole sudoripare è compromesso il riassorbimento di ioni cloro e sodio, infatti, i pazienti CF, eliminano nel sudore una quantità eccessiva di NaCl, che può essere dosato, mediante stimolazione delle ghiandole sudoripare con pilocarpina (test del sudore). Il gene che codifica per la proteina CFTR è stato mappato nel 1989 e sequenziato nel 1991. È localizzato sul cromosoma 7, in posizione q31.2, ed è composto da 27 esoni (2). Fino ad oggi sono state individuate circa 1000 mutazioni causative, con una diversa distribuzione etnico-geografica (3). Conoscere l’epidemiologia delle mutazioni CF in una determinata popolazione è di fondamentale importanza ai fini della diagnostica molecolare e della consulenza genetica, in quanto rende possibile calcolare il rischio residuo del carrier. Tuttavia, al momento, l’analisi dell’intera regione codificante del gene CFTR con DGGE, DHPLC o sequenziamento diretto permette di identificare circa il 90% degli alleli CF. Recentemente, sono stati descritti macroriarrangiamenti del gene CFTR (2), che se presenti in eterozigosi, non sono evidenziati con le attuali tecniche di analisi molecolare. Il Southern blotting, usato per l’analisi dei macroriarrangiamenti, è una tecnica molto laboriosa e poco usata per analisi su larga scala. Per valutare la frequenza delle macrodelezioni in pazienti originari del sud Italia abbiamo studiato 44 pazienti CF non consanguinei. L’analisi dell’intera regione codificante del gene CFTR, effettuata mediante DGGE o sequenziamento diretto, in 7 casi non ha permesso di identificare nessuna mutazione, mentre in 39 ha permesso di identificare una sola mutazione. Questo corrisponde ad un totale di 53 alleli CF con una mutazione non nota. Il DNA di ogni paziente è stato analizzato usando: i) un nuovo protocollo di DHPLC messo a punto nel nostro laboratorio e ii) un kit commerciale, basato su PCR quantitativa seguita da elettroforesi capillare (MLPA SALSA kit, MRC-Holland, The Netherlands) (3). Con questo metodo, il numero di copie della sequenza target è confrontato con quello di un campione di controllo; la presenza di una macrodelezione comporta una riduzione del 35-50% dell’area del picco relativa al prodotto di amplificazione della sequenza target. Inoltre i dati ottenuti sono confrontati con quelli di un campione CF eterozigote per una macrodelezione del gene CFTR, di un campione wild-type ed, infine, di un controllo negativo (senza DNA). Lo studio ha identificato cinque diverse macrodelezioni del gene CFTR (dele 2-3, dele 14b-17b, dele 17a-17b-18, dele 22-23 e dele 22-23-24). L’analisi del breakpoint effettuata con sequenziamento diretto del gene ha confermato la presenza delle mutazioni precedentemente identificate (4), e l’analisi di linkage ha confermato che le mutazioni non hanno origine ricorrente. La frequenza totale delle macrodelezioni nei 53 alleli con mutazioni non note è del 32.1%. Considerando che gli alleli non noti reppresentano l’8.5% di tutti gli alleli CF nella nostra popolazione, l’incidenza di macrodelezioni è di circa il 2.7% di tutte le mutazioni CF. Questi dati suggeriscono che, l’analisi delle macrodelezioni del gene CFTR, potrebbe far aumentare significativamente la “detection rate” dell’analisi molecolare per CF.

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