Naldi, Teresa (2006) Studio strutturale di componenti di membrana di batteri estremofili. [Tesi di dottorato] (Inedito)

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Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: Studio strutturale di componenti di membrana di batteri estremofili
Autori:
AutoreEmail
Naldi, Teresa[non definito]
Data: 2006
Tipo di data: Pubblicazione
Numero di pagine: 114
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: Chimica organica e biochimica
Dottorato: Scienze chimiche
Ciclo di dottorato: 18
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Lanzetta, Rosa[non definito]
Tutor:
nomeemail
Corsaro, Maria Michela[non definito]
Data: 2006
Numero di pagine: 114
Parole chiave: LPS, Halomonas pantelleriensis, Escherichia coli K12
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 03 - Scienze chimiche > CHIM/03 - Chimica generale e inorganica
Depositato il: 30 Lug 2008
Ultima modifica: 30 Apr 2014 19:24
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/798
DOI: 10.6092/UNINA/FEDOA/798

Abstract

Gli estremofili sono microrganismi procarioti che crescono in condizioni ambientali estreme, quali alta o bassa temperatura, alta pressione, concentrazioni inusuali di sali e livelli inusuali di pH. La particolare attenzione che oggi viene rivolta a questa classe di batteri è dovuta all’impatto biotecnologico degli enzimi da essi isolati [1,2,3]. Esistono, infatti, numerosi esempi nei processi industriali dell’utilizzo di enzimi estremofili ed i vantaggi che si ottengono derivano dal fatto che, essendo tali batteri capaci di sopravvivere alle condizioni ottimali dell’impianto, è possibile rendere minime le interferenze dovute ad eventuali contaminanti. Essi, inoltre, possono nutrirsi di alcuni materiali di scarto delle lavorazioni. Negli ultimi anni sono stati avviati molti progetti di ricerca allo scopo di approfondire le conoscenze sui meccanismi di regolazione della vita e della riproduzione di questi microrganismi in condizioni proibitive. Nonostante molto sia stato fatto finora, pochi sono gli studi sui componenti della membrana cellulare e sul ruolo da essi svolto nell’adattamento alle condizioni di vita estreme. In questo contesto si inserisce il mio progetto di ricerca, il cui oggetto è lo studio delle componenti glicolipidiche di due diversi batteri estremofili. Il primo è Halomonas (Deleya) pantelleriensis, un batterio alofilo isolato nel lago vulcanico di Venere, nell’isola di Pantelleria, in grado di vivere in ambienti ad elevata concentrazione salina (3-15 % p/v), con valori di pH compresi tra 9 ed 10 [4]. Il primo stadio è stato l’isolamento e la purificazione del LPS: le cellule sono state estratte usando il metodo del fenolo/acqua, e da un’analisi elettroforetica si è potuto stabilire che il lipopolisaccaride ha un carattere semi-rough. Mediante analisi GC-MS dei metil glicosidi acetilati sono, poi, stati identificati i monosi costituenti la catena oligosaccaridica: che risultano essere il glucosio, il 2ammino-2-deossiglucosio (glucosammina), l’ L-glicero-D-mannoeptoso (eptoso), l’acido 2-cheto-3-deossi- D-mannottulosonico, la 6-deossiglucosammina (chinovosammina) e tracce di acido glucuronico. Attraverso lo studio degli alditoli acetilati, inoltre, è stato possibile riconoscere anche l’acido 4-O-lattil glucuronico e l’acido 2ammino-2-deossi-galatturonico. Per quanto riguarda gli acidi grassi presenti sul Lipide A, essi sono stati riconosciuti mediante analisi GC-MS dei loro metilesteri, e sono l’ acido laurico (C12:O) e l’acido idrossilaurico (C12:O(3-OH)). Successivamente si è proceduto con l’isolamento della sua O-chain dall’LPS. A tal fine quest’ultimo è stato idrolizzato con AcOH 1% in condizioni denaturanti allo scopo di migliorare le rese della reazione. Il surnatante è stato sottoposto ad una cromatografia gel filtration, da cui sono state ottenute le frazioni della O-chain separate da quelle del core. Allo scopo di identificare le posizioni dei legami interglicosidici si è effettuata, inoltre, l’analisi di metilazione della O-chain mediante la procedura di Hakomori [5,6]. I risultati di questa analisi hanno mostrato la presenza di acido glucuronico 4 legato, chinovosammina 3 legata e l’acido 4-O-lattil glucuronico 2-legato. Tuttavia non è stato possibile mediante questa analisi riconoscere il legame interglicosidico dell’acido galattoamminouronico, che è stato poi identificato dall’analisi degli spettri di Risonanza Magnetica Nucleare. Da questa analisi risulta che la posizione del legame interglicosidico per tale monoso è la 4. La O-chain è stata sottoposta anche ad analisi spettroscopiche, in particolare sono stati eseguiti spettri 13C e 1H-NMR mono e bidimensionali (COSY, HMBC, HSQC, NOESY, TOCSY) che hanno permesso di identificare per essa un’unità ripetitiva formata da 4 monosi. Tale risultato è stato confermato anche tramite spettrometria di Massa MALDI, in particolare gli spettri sono stati eseguiti in modalità negativa. E’ stata infine determinata la configurazione assoluta dei monosi costituenti la O-Chain. L’acido glucuronico e l’acido galattoamminouronico sono stati determinati come ottilglicosidi acetilati, previa riduzione del gruppo carbossilico, mentre la configurazione assoluta della chinovosammina è stata determinata misurandone il potere rotatorio specifico del suo metil glicoside. Per questi monosaccaridi la configurazione determinata risulta essere la D. Per quanto concerne la configurazione assoluta dell’ 2--[4-O-((S)-1-carboxyethyl)]-D-GlcpA essa presenta il problema di una duplice determinazione, in quanto, oltre a stabilire la configurazione D o L del monosaccaride, è necessario determinare la configurazione del centro chirale dell’ acido lattico. Si proceduto, quindi, all’ isolamento mediante HPLC del monosaccaride come metil glucoside, con successiva completa caratterizzazione all’ NMR. L’esigua quantità di prodotto non ne ha, però, permesso la misura del potere rotatorio. Purtroppo l’esigua quantità di prodotto ottenuto (500 g) non ne ha permesso la misura del suo potere rotatorio specifico. A questo punto è stato necessario sintetizzare i due monosaccaridi aventi configurazione opposta al centro chirale del sostituente. Punto di partenza è stato il D-glucosio, sulla base del fatto che i dati di chemical shifts NMR del 13C concordavano con una configurazione D per l’ acido glucuronico sostituito. Questa configurazione è stata dedotta utilizzando un approccio riportato in letteratura 41,42 che consente di stabilire, sulla base dei dati 13C NMR, la configurazione assoluta di un residuo zuccherino quando è nota quella dello zucchero che lo precede. Quindi la configurazione assoluta del sostituente è stata determinata mediante GC-MS, per confronto con gli spettri di massa dei due diversi diastereoisomeri sintetizzati. Da tale confronto risulta che la configurazione del sostituente è la S. Il secondo batterio in esame è stato, inizialmente, classificato come un mutante del batterio psicrofilo Pseudoalteromonas haloplanktis TAC 125. Anche in questo caso si è proceduto all’estrazione del materiale glicolipidico, dapprima mediante l’utilizzo della miscela PCP e successivamente con la miscela di fenolo/acqua. I risultati hanno mostrato che il glicolipide è un lipooligosaccaride (LOS), così come evidenziato dal suo andamento elettroforetico e dall’analisi condotta mediante spettrometria di Massa con sorgente electrospray. Quest’ultima analisi evidenzia, inoltre, che il LOS risulta essere una miscela complessa, i cui componenti presentano numerosi gruppi fosfato e fosfoetanolammina. Anche in questo caso la composizione saccaridica è stata determinata attraverso lo studio dei metil glicosidi acetilati mediante GC-MS, evidenziando la presenza di glucosio, eptoso, Kdo, glucosammina e galattosio. Per quanto riguarda gli acidi grassi presenti sul Lipide A, anche questi ultimi sono stati riconosciuti mediante analisi GC-MS dei loro metilesteri, essi risultano essere l’acido laurico (C12:O), l’acido miristico (C14:O) e l’acido idrossimiristico (C14:O(3-OH)). La frazione lipooligosaccaridica è stata, quindi, sottoposta al tipico trattamento di deacilazione totale che prevede una serie di reazioni il cui risultato finale è un oligosaccaride alditolo, o una miscela di oligosaccaridi. Sul prodotto completamente deacilato è stata effettuata un’analisi di permetilazione, che ha indicato la presenza di due esosi terminali, che dai tempi di ritenzione sono risultati essere il glucosio ed il galattosio. Si evince, inoltre, la presenza di unità di esosi 2-legati, 6-legati e 3,6-legati ed unità di eptosi terminali e 3-legati. Si nota anche la presenza di unità di Kdo terminale e 4,5-legato e la glucosammina 6-legata. Il prodotto deacilato è stato successivamente sottoposto ad indagini spettroscopiche e spettrometriche, come quelle descritte per Halomonas pantelleriensis, ed ha mostrato la presenza dei seguenti oligosaccaridi: Queste strutture risultano essere completamente diverse da quella riportata per Pseudoalteromonas haloplanktis TAC 125 [7]: Piuttosto, alla luce dei risultati ottenuti dallo studio strutturale della frazione lipooligosaccaridica, è emerso che questo batterio presenta lo stesso core oligosaccaridico di Escherichia Coli K12 [8] a meno della presenza di un’unità di eptoso terminale e di un gruppo fosfato legato alla seconda unità di eptoso:  La forte analogia tra le due strutture ritrovate per il batterio caratterizzato, e quelle riportate per Escherichia Coli K12 ha permesso di ipotizzare che il batterio sotto esame fosse un ceppo di E. Coli, strain S17-λpir. Questi risultati, insieme ad indagini di biologia molecolare, finalizzate all’identificazione del batterio in analisi, hanno permesso di confermare che esso fosse in realtà un mutante appartenente al ceppo di E. Coli K12 strain S17-λpir. Inoltre, da ulteriori indagini, è emerso che il gene waaQ, codificante l’enzima responsabile dell’inserimento dell’eptoso nella catena oligosaccaridica, risulta mutato. Questo batterio, utilizzato per l’espressione di proteine, in esperimenti di coniugazione, è risultato essere un contaminante delle colture di Pseudoalteromonas haloplanktis TAC 125. D’altra parte vi sono evidenze sperimentali che tale batterio presenta corpi di inclusione all’interno della cellula dovuti al non corretto folding delle proteine di membrana (Omp). È noto che gli LPS giocano un ruolo importante nel folding di tali proteine [8] suggerendo, quindi, per il nostro batterio, una correlazione tra i corpi di inclusione e la diversa struttura del LPS. Allo stato attuale sono in corso esperimenti di complementazione volti all’ottenimento della corretta struttura del LPS allo scopo di verificare l’eventuale scomparsa dei corpi di inclusione.

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