Parità, Giuseppe (2011) Aree di margine."De-liri" urbani della città contemporanea. [Tesi di dottorato] (Inedito)

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Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: Aree di margine."De-liri" urbani della città contemporanea.
Autori:
AutoreEmail
Parità, Giuseppegiuseppe.parita@libero.it
Data: 30 Novembre 2011
Numero di pagine: 174
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: Progettazione urbana e di urbanistica
Scuola di dottorato: Architettura
Dottorato: Progettazione urbana
Ciclo di dottorato: 24
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Miano, Pasquale[non definito]
Tutor:
nomeemail
Amirante, Robertaroamiran@unina.it
Data: 30 Novembre 2011
Numero di pagine: 174
Parole chiave: margine;limite;confine;bordo;buffer zone;frangia urbano-portuale;progettazione urbana;cronomorfologia;
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 08 - Ingegneria civile e Architettura > ICAR/14 - Composizione architettonica e urbana
Depositato il: 13 Dic 2011 16:26
Ultima modifica: 17 Giu 2014 06:03
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/8736

Abstract

Diverse forme di organizzazione spaziale hanno dato forma, nel tempo, alle città che abitiamo. Di quelle forme urbis, sappiamo oggi nominare le diverse parti, riconoscere le logiche che sono state alla base della loro trasformazione, individuare le relazioni che danno forma alle loro figure. Sulla città del tempo contemporaneo, riusciamo spesso solo a parlarne in termini negativi o a definirla, per différance: NON è più una città storica, NON è più una metropoli, NON è più (per questa tesi) fondata sulle tradizionali logiche oppositive centro/periferia, ambiente naturale/costruito, NON è più (talvolta) una città “solida”, NON è più (per alcuni) neanche CITTA’. Partendo dalla considerazione che invece la città È ancora, ed è soprattutto un fatto fisico, si è affrontata la questione dell’esistenza di una “terza specie”, di quei territori che attualmente “de-lirano”, uscendo fuori dai limiti delle sue parti già consolidate, in attesa di essere riportati all’interno di un atlante di forme di città come luoghi del nostro tempo. L’individuazione degli elementi che costituiscono nel loro insieme le diverse modalità di “fare margine” mostra che la costruzione fisica dell’architettura può contribuire non solo al loro ridisegno ma anche ad una nuova maniera di abitarli: le operazioni di definizione di questi spazi vedono la rivincita in campo architettonico di alcuni elementi generalmente visti come ostacolo alla costruzione della città. Riconfigurare limiti, dare dignità ai confini, inspessire i bordi, sono tutti modi di progettare una distanza che si avverte tra parti di città distinte come una condizione ambigua e spiazzante. L’interpretazione del margine come superficie e della sua différance in funzione della posizione rappresenta il passaggio centrale nello sviluppo della tesi. Proprio muovendo da questa specifica interpretazione, lo sguardo si concentra così sulle aree di “retro porto”, dotate, come il tema del waterfront, di uno speciale carattere ricorsivo in differenti condizioni urbane. Identificare queste aree, significa proprio estendere la questione del waterfront dal piano verticale del fronte marittimo al piano orizzontale delle aree che segnano, in molte realtà urbane, la mancata ri-composizione tra la città della storia, affacciata sul mare, e la città contemporanea confinata spesso dietro i nuovi territori portuali. Attraverso il confronto con i casi studio delle città di Porto e Marsiglia, si è tentato di portare all’attenzione uno dei possibili margini da riconfigurare per la città di Napoli, arrivando a costruire, attraverso l’operazione di lettura e le tecniche di rappresentazione sperimentate, una prescrizione atta a definire i temi del progetto urbano. La ricerca si fa supportare da riferimenti di natura teorica e pratica, tra i più discussi ma anche apprezzati all’interno del dibattito disciplinare; vuole essere testimonianza che il progetto urbano ha, spesso in diverse forme, la potenzialità di restituire alla città, oltre che dei bei luoghi, la consapevolezza dell’esistenza di questa bellezza anche al di là di dove, spesso, si è abituati a cercarla.

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