Manco, Cesare (2011) Paesaggi vulcanici in Italia Tutela e conservazione di siti ad alta specificità ambientale nell’ambito del dibattito nel secondo Novecento. [Tesi di dottorato] (Inedito)

[img]
Anteprima
PDF
Dottorato_Cesare_Manco.pdf

Download (4MB) | Anteprima
[error in script] [error in script]
Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: Paesaggi vulcanici in Italia Tutela e conservazione di siti ad alta specificità ambientale nell’ambito del dibattito nel secondo Novecento
Autori:
AutoreEmail
Manco, Cesarecesaremanco@libero.it
Data: 30 Novembre 2011
Numero di pagine: 189
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: Conservazione dei beni architettonici ed ambientali
Scuola di dottorato: Architettura
Dottorato: Conservazione dei beni architettonici
Ciclo di dottorato: 23
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Aveta, Aldo[non definito]
Tutor:
nomeemail
Picone, Renata[non definito]
Data: 30 Novembre 2011
Numero di pagine: 189
Parole chiave: paesaggi vulcanici italia
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 08 - Ingegneria civile e Architettura > ICAR/19 - Restauro
Depositato il: 13 Dic 2011 13:41
Ultima modifica: 30 Apr 2014 19:48
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/8859
DOI: 10.6092/UNINA/FEDOA/8859

Abstract

L’obiettivo di questa ricerca è stato quello di definire attraverso l’analisi di studi specialistici che coprono più ambiti disciplinari il significato della conservazione dei paesaggi vulcanici nei suoi diversi aspetti, in altre parole quel complesso di conoscenze (culturali, storiche, semantiche, metodologiche, teoretiche e tecniche) che concorrono alla formazione della cultura del progetto paesistico per gli operatori chiamati a recuperare, riqualificare, pianificare e progettare questi territori vulcanici ad alta specificità ambientale nell’ambito del secondo Novecento. La tesi si articola in quattro capitoli principali, organizzati in sottoparagrafi. Mentre nel primo di questi capitoli si analizza il rapporto in termini giuridici fra il territorio ed il paesaggio, nel secondo si vuole dare una “lettura” alla controversa nozione di paesaggio in quanto di difficile definizione perché la parola paesaggio esprime insieme la cosa e al tempo stesso l’immagine della cosa e pertanto facilmente criticabile a causa della sua ambigua doppiezza. Per poi affrontare nel terzo capitolo le specificità dei paesaggi vulcanici risultati di strette interconnessioni tra numerose variabili fisiche e biologiche. Fondamentale come in qualunque intervento di conservazione è la conoscenza e l’analisi del paesaggio e la comprensione delle relazioni funzionali che storicamente si sono determinate e che hanno dato luogo ai paesaggi che ci sono pervenuti. L’osservazione del paesaggio trascendendo ogni valenza estetica, può interpretarsi come chiave di comprensione del linguaggio del territorio: comprendere tale linguaggio diviene un processo intuitivo, che si concretizza decifrando e capendo le regole interne che caratterizzano la grammatica e la sintassi del territorio. Ma è possibile leggere il paesaggio? Solitamente quando si parla di lettura ci si riferisce a un insieme di segni di cui si conoscono i significati e grazie ai quali si trasmette un pensiero. Il paesaggio formato da tanti segni riconoscibili può essere “letto”, interpretato. Una interpretazione che non riguarda però semplicemente i singoli elementi, isolati attraverso una operazione di scomposizione, ma il loro significato in quanto parti di un insieme, come e perché sono connessi nello spazio. La varietà degli elementi visibili può essere tale da rendere estremamente complicata la lettura, senza contare tutto ciò che nel paesaggio resta celato, impercettibile. Le numerose aree disciplinari impegnate negli studi e nelle riflessioni sul paesaggio testimoniano la complessità della questione paesistica, dove gli approcci operativi interdisciplinari hanno permesso di superare la complessità di molti problemi e di guidare in modi sostenibili le trasformazioni del paesaggio. In questa ottica, la conservazione del paesaggio mira ad approfondire la conoscenza, l’etimologia, la genesi ed ad individuare le forme di tutela. La nostra società riconosce nella tutela del patrimonio culturale una necessità inderogabile, connaturata all’essenza stessa del bene, che fonda nel proprio valore intrinseco il suo diritto ad essere tramandato alle generazioni future; dove la stessa Costituzione Italiana all’articolo 9 dichiara che “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. In questa ottica legislatori e soprintendenze hanno operato ed operano per la conservazione dei beni culturali con strumenti come vincoli, cataloghi, archivi, anche se poi avviene che il riconoscimento di un valore ed un regime vincolistico non sono sufficienti a preservarli. Questo perché il vincolo nel senso stretto del termine, può comportare la “cristallizzazione” di una entità vitale, che spesso finisce per danneggiare ciò che voleva proteggere. Nel quarto capitolo analizzando dei casi specifici effettuando un confronto tra gli strumenti di tutela e urbanistici di dette aree vulcaniche ho dedotto che per poter proteggere e conservare il nostro patrimonio non basta individuare e bloccare le azioni potenzialmente dannose, magari conservando le testimonianze più preziose con una sorta di “congelamento” che in ultima analisi negherebbe la più elementare fruizione potenzialmente nociva, ma occorre avere un atteggiamento propositivo fermo restando il rispetto dello stesso. Anche perché da non molti anni il dibattito sui temi paesistici ha imboccato una svolta, dalle preoccupazioni conservative e vincolistiche alla ricerca di metodologie d’intervento e norme attive, che consentano lo sviluppo del territorio compatibile con il mutare delle esigenze collettive. In questa ottica la progettazione paesaggistica che richiede un complesso di conoscenze (culturali, storiche. semantiche, metodologiche, teoriche e tecniche) che concorrono alla formazione della cultura del progetto paesistico può rappresentare un valido strumento per il raggiungimento di questo obiettivo. La svolta è stata sancita dalla Convenzione Europea del Paesaggio che ammette tra gli obiettivi delle politiche del paesaggio anche la creazione di nuovi paesaggi per soddisfare le aspirazioni della popolazione interessata. Leggiamo nella presentazione della Convenzione: ”Il testo prevede un approccio operativo articolato in relazione ai diversi paesaggi. Le specifiche caratteristiche di ogni luogo richiederanno differenti tipi di azioni che vanno dalla più rigorosa conservazione, alla salvaguardia, riqualificazione, gestione, fino a prevedere la progettazione di nuovi paesaggi contemporanei di qualità”. In questo modo viene ad essere superato l’approccio settoriale al Bene Culturale, con la usuale azione di tutela puntuale concentrata sui singoli “oggetti”: il Bene è ora messo in relazione con il contesto, in una visione di sistema. Il Codice dei Beni culturali e del paesaggio ha riconosciuto i Beni paesaggistici come parte del patrimonio culturale superando la vecchia dicotomia che vedeva da un lato i Beni culturali e dall’altro i Beni paesaggistici e ambientali. Il testo di legge ha cosi recepito i nuovi orientamenti che distinguono il concetto di paesaggio e quello di ambiente, il primo risultante dell’opera dell’uomo e dagli agenti naturali sul territorio, il secondo come sistema degli elementi fisico-chimici fondamentali (suolo, acqua, atmosfera) e biologici. Il paesaggio è infatti definito dall’art.131 del Codice come “una parte omogenea di territorio i cui caratteri derivano dalla natura, dalla storia umana o dalle reciproche interrelazioni” in una visione quindi improntata di storicità e in grado di recuperare quella dimensione estetica che sembrava perduta. La legge 9 gennaio 2006, che ha ratificato la Convenzione Europea del paesaggio costituisce una sorte di “rivoluzione copernicana” nella politica paesaggistica italiana. Per la prima volta nel nostro ordinamento giuridico compare una definizione univoca di paesaggio e di politiche paesaggistiche. Dopo decenni d’incertezze viene affermato in modo chiaro che il paesaggio è costituito essenzialmente dalla percezione del territorio che ha chi ci vive o lo frequenta a vario titolo e viene altresì detto che le persone hanno il diritto di vivere in un paesaggio che risulti loro gradevole. Infine si è giunti al recente Decreto Rutelli 26 marzo 2008 n.63, nel quale si afferma ancor di più che il paesaggio è un valore primario e assoluto che va tutelato, Decreto subito battezzato dagli organi di stampa “salva paesaggio”. Quest’ultimo ha innescato una stagione di nuovi conflitti fra Stato e Regione per la determinazione delle rispettive attribuzioni, in tema di paesaggi, con conseguenti motivi di incertezza e confusione sul piano applicativo. Secondo il Decreto Rutelli la materia della tutela del paesaggio spetta alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, in forza degli artt. 9 della Costituzione. Le Regioni, invece mirano a far ricadere la “materia” nell’ambito del governo del territorio o della “valorizzazione dei beni culturali ed ambientali”(art. 117 Cost.), convinti che il paesaggio sia solo un aspetto del governo del territorio, che rientra nella potestà legislativa concorrente delle Regioni. L’intrinseca ambiguità della questione paesaggistica emerge peraltro fin dalla questione teorica sull’argomento a causa dell’ambivalente capacità del termine di definire insieme l’oggetto e le sue rappresentazioni. Né consegue che i paesaggi sono tanti quanti sono le modalità di percezione-proiezione che di volta in volta vengono messe in azione, dando luogo a inevitabili frizioni interpretative. Questo perché sia paesaggio che territorio sono termini che si riferiscono a concetti, sono cioè paradigmi che servono ad estrarre da una realtà non definita alcuni caratteri significativi rispetto alle intenzioni del soggetto, conseguentemente non esistono concetti univoci e consolidati, bensì relativi e variabili a secondo delle epoche, degli apparati disciplinari, della cultura e delle pratiche reali all’interno dei quali il termine viene concretamente definito. La scelta dei vulcani della Sicilia e della Campania, è dovuta anche al fatto che essi sono stati d’eccezionale richiamo per gli artisti e gli scienziati d’ogni tempo, ed in particolare degli anni dell’illuminismo e del romanticismo, hanno rappresentato motivo d’ispirazione nella letteratura, nel teatro, nella pittura, nella scienza della terra. Pertanto restano una risorsa per il turismo internazionale culturale sempre più interessato ai problemi dell’origine della terra e della sua evoluzione, nel tentativo anche di dare una risposta alle domande essenziali dell’uomo, una risorsa da valorizzare ed utilizzare per il cammino della scienza, che noi tutti abbiamo il dovere di conservare; essi sono il risultato di strette interconnessioni tra numerose variabili fisiche e biologiche, luoghi dove la natura e la storia hanno plasmato il paesaggio, dove gli scenari naturali fanno da sfondo alle vicende umane, in un susseguirsi di avvenimenti che hanno costruito il patrimonio storico, la sua identità culturale. La ricchezza dei paesaggi vulcanici è testimoniata dalla loro evoluzione geologica, la cui valutazione è complessa e spesso di non immediata percezione a causa dei segni e caratteri complessi che si sono succeduti nel tempo. Valorizzare il patrimonio rappresentato dai vulcani ed i loro paesaggi, un’eredità tangibile dell’intera umanità, per le sue capacità di attrarre l’immaginario collettivo mondiale, costituisce una importante risorsa economica che se gestita con accortezza, può contribuire a sostenere lo sviluppo del territorio. Tutelare e sviluppare le potenzialità di questi giganti del fuoco significa salvaguardare tutto il patrimonio culturale, sociale del luogo. Il paesaggio vulcanico per la sua natura, presenta situazioni paesaggistiche particolari: dove valori naturalistico-storico-culturali coesistono con grandi sistemi antropici; l’uso residenziale del suolo ha prodotto le più rilevanti alterazioni dal punto di vista paesaggistico, generando pressioni sul territorio. Alla forza della presenza vulcanica, che modella il paesaggio, si contrappone la forza creatrice dell’uomo, che paradossalmente distrugge. La pressione antropica comporta la perdita semiologica e quindi la perdita d’identità del paesaggio; alla distruzione operata a vario titolo nel passato, possono e devono contrapporsi processi di ricostruzione; tra questi interventi mirati alla salvaguardia e valorizzazione dell’immagine, col massimo rispetto delle dinamiche evolutive naturali connesse al vulcanismo. Uno studio del paesaggio diretto alla formulazione di un contributo per la definizione generale ed operativa di suggerimenti inerenti alla tutela e l’uso del territorio nell’ambito individuato: cioè siti ad alta specificità vulcanica. Considerando il paesaggio non come “risorsa” ma come “patrimonio” Territoriale, cioè come un sistema costituito da strutture di lunga durata con regole inerenti la loro conservazione. Per ciò che concerne gli obbiettivi della ricerca: premesso che il paesaggio è, insieme fenomeno e concetto, entità reale e rappresentazione; esiste in presenza di elementi fisici, i quali prendono senso per le relazioni reciproche, mi sono proposto di fornire suggerimenti ai fini della conservazione dei beni protetti (paesaggi vulcanici), che non si riducono a porre ulteriori parametri di controllo del territorio, ma devono promuovere i valori paesaggistici, con la conseguente valorizzazione degli stessi.

Downloads

Downloads per month over past year

Actions (login required)

Modifica documento Modifica documento