Messalli, Giancarlo (2013) Analisi molecolare con Risonanza Magnetica Nucleare del tessuto miocardico in pazienti affetti da malattia di Anderson-Fabry: valore aggiunto della Risonanza Magnetica Cardiaca nell'identificazione e nel follow-up dei pazienti affetti da malattia di Anderson-Fabry in trattamento con enzima ricombinante agalsidase beta a dopo "switch therapy" con agalsidase alfa. [Tesi di dottorato]

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Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: Analisi molecolare con Risonanza Magnetica Nucleare del tessuto miocardico in pazienti affetti da malattia di Anderson-Fabry: valore aggiunto della Risonanza Magnetica Cardiaca nell'identificazione e nel follow-up dei pazienti affetti da malattia di Anderson-Fabry in trattamento con enzima ricombinante agalsidase beta a dopo "switch therapy" con agalsidase alfa
Autori:
AutoreEmail
Messalli, Giancarlogiancarlomessalli@hotmail.it
Data: 23 Marzo 2013
Numero di pagine: 40
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: Scienze Biomediche Avanzate
Scuola di dottorato: Medicina clinica e sperimentale
Dottorato: Imaging molecolare
Ciclo di dottorato: 25
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Salvatore, Marcomarsalva@unina.it
Tutor:
nomeemail
Imbriaco, Massimomimbriaco@hotmail.com
Data: 23 Marzo 2013
Numero di pagine: 40
Parole chiave: Malattia di Fabry; RM Cuore
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 06 - Scienze mediche > MED/36 - Diagnostica per immagini e radioterapia
Depositato il: 04 Apr 2013 09:54
Ultima modifica: 22 Lug 2014 09:10
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/9094
DOI: 10.6092/UNINA/FEDOA/9094

Abstract

Scopo La malattia di Anderson-Fabry è determinata da un disordine multi-sistemico del metabolismo lipidico dovuta alla carenza dell’enzima idrolitico α-galactosidase A (α-Gal A), secondario ad una alterazione del cromosoma X, che provoca un accumulo di “globotriaosylceramide” (Gb3) nelle cellule e nei tessuti in genere per malfunzionamento dei lisosomi. Tale accumulo provoca danni al cuore, ai reni ed al sistema cerebro-vascolare. In particolare la mancata degradazione dei glicosfingolipidi a livello cardiaco agisce come “spina irritativa” provocando una vera e propria ipertrofia con conseguente riduzione della “compliance” ed infine una ridotta “performance” del cuore. Dal 2001 è disponibile una terapia enzimatica sostitutiva rappresentata principalmente da due farmaci 1) agalsidase beta (Fabrazyme®, Genzyme Corporation, Cambridge, MA, USA) e 2) agalsidase alfa (Replagal®, Shire Human Genetic Therapies AB, Lund, Sweden). Nel giugno 2009, in seguito ad una carenza su scala mondiale dell’agalsidase beta, la maggior parte dei pazienti sono stati costretti ad un cambiamento di terapia utilizzando l’agalsidase alfa, unico farmaco facilmente reperibile. Lo scopo del nostro studio è stato quello di monitorare con Risonanza Magnetica Cardiaca gli effetti della “switch therapy” in pazienti affetti da malattia di Anderson-Fabry trattati in primo luogo con agalsidase beta e successivamente “costretti” ad utilizzare l’agalsidase alfa. Materiali e metodi Dieci pazienti (7 uomini e 3 donne) con malattia di Anderson-Fabry geneticamente confermata, trattati in precedenza per una media di 46 mesi con agalsidase beta alla dose di 1mg/Kg ogni due settimane, sono stati successivamente trattati con agalsidase alfa alla dose di 0.2mg/Kg ogni due settimane per almeno 20 mesi. Un estensivo protocollo con Risonanza Magnetica Cardiaca ha permesso di analizzare i parametri funzionali ed indagare i cambiamenti che si verificano a livello molecolare nel miocardio. Risultati Tutti i pazienti sono rimasti in condizioni stabili durante i 20 mesi in cui vi è stato il cambiamento del farmaco; la risonanza magnetica cardiaca non ha documentato cambiamenti significativi nella performance del ventricolo sinistro (FE p>0.05); non si sono avuti incrementi della massa ventricolare né dei massimi spessori cardiaci (p>0.05); la tecnica utilizzata per mostrare i cambiamenti molecolari non ha evidenziato un peggioramento significativo (p>0.05). Conclusioni Possiamo concludere che lo “switch” di trattamento da agalsidase beta ad agalsidase alfa non ha prodotto una recrudescenza della malattia ed ha preservato tutti i benefici della terapia con agalsidase beta sul muscolo cardiaco.

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