Marcelletti, Vito (2013) ontologia ed evoluzione del pensiero liberale. Radici culturali,percorsi epistemologici,mutamenti di paradigma. [Tesi di dottorato]

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Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: ontologia ed evoluzione del pensiero liberale. Radici culturali,percorsi epistemologici,mutamenti di paradigma
Autori:
AutoreEmail
Marcelletti, Vitovitomarcelletti@hotmail.com
Data: 2 Aprile 2013
Numero di pagine: 202
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: Sociologia
Scuola di dottorato: Scienze sociali
Dottorato: Sociologia e ricerca sociale
Ciclo di dottorato: 25
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Morlicchio, Enricaenmorlic@unina.it
Tutor:
nomeemail
Caramiello, Luigiluigicaramiello@libero.it
Data: 2 Aprile 2013
Numero di pagine: 202
Parole chiave: Parole chiave Individuo / Collettività Logos / Mito Società / Comunità Costituzione / Tradizione Libertà / Schiavitù
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 14 - Scienze politiche e sociali > SPS/01 - Filosofia politica
Area 14 - Scienze politiche e sociali > SPS/04 - Scienza politica
Area 14 - Scienze politiche e sociali > SPS/07 - Sociologia generale
Area 14 - Scienze politiche e sociali > SPS/11 - Sociologia dei fenomeni politici
Aree tematiche (7° programma Quadro): SCIENZE SOCIOECONOMICHE E UMANISTICHE > Orientamenti nella società e relative implicazioni
SCIENZE SOCIOECONOMICHE E UMANISTICHE > Relazioni politiche ed economiche in Europa
Depositato il: 10 Apr 2013 10:32
Ultima modifica: 23 Lug 2014 12:10
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/9526

Abstract

La mia tesi di dottorato, è il risultato di un itinerario di indagine, svolto in forma sintetica e senza alcuna pretesa di esaustività, intorno alle matrici sociologiche del pensiero liberale, alle sue radici culturali e alle implicazioni etiche, nonché ai suoi rapporti con altre dottrine e ideologie politiche. L’obiettivo della ricerca, è stato individuare i possibili punti di rottura, le chiavi di volta, quelle “morfogenesi”, come direbbe Renè Thom, delle istituzioni sociali e delle strutture politiche, più o meno direttamente connesse, come cerco di dimostrare attraverso la mia analisi, alla nascita e all’affermazione del metodo liberale, cercando quindi di chiarire il suo ruolo nei processi di modernizzazione sociale e il proprio specifico contributo ai grandi e importanti traguardi in campo scientifico, economico e culturale, conseguiti dalle moderne società democratiche. Prendendo spunto da alcuni interessanti indizi provenienti da alcuni tra i maggiori interpreti della teoria sociologica contemporanea, principalmente ascrivibili al filone dell’individualismo metodologico e della teoria funzionalista, (ma senza escludere alcune importanti intuizioni di autori appartenenti al cosiddetto filone analitico della teoria del conflitto, Dahrendorf su tutti, così come gli interessanti contributi provenienti dall’ambito dell’antropologia politica e da alcuni studiosi di psicologia sociale di orientamento cognitivista) si sono presi in esame i lineamenti giuridico-istituzionali, le strutture socioeconomiche, i codici etico normativi, di alcune delle più importanti formazioni storiche, o quantomeno le più rilevanti sul piano geopolitico, al fine di rintracciare, nel territorio delle idee e nelle traiettorie dell’ evoluzione culturale, materiale e immateriale, una possibile chiave di lettura dei processi culturali che, anche e soprattutto in quanto esito di dure lotte politiche e battaglie sociali, hanno svolto un ruolo decisivo nella progressiva trasformazione del ruolo sociale dell’individuo da semplice ingranaggio dell’organizzazione statuale a vero e proprio cardine del sistema politico. Il principale risultato conseguito dal mio lavoro di ricerca è dato a mio parere dall’individuazione di un preciso percorso sociologico attraverso cui ho illustrato come la traiettoria del progresso culturale, morale e cognitivo, che si accompagna alla formazione dei primi ordinamenti giuridici, delle prime organizzazioni statuali non fondate (unicamente)sulla forza passando per il graduale consolidamento dello stato di diritto fino all’emergere delle costituzioni liberali non è affatto disgiungibile dal processo di emancipazione dell’individuo, vero motore di quella rivoluzione prima spirituale e poi politica che ha portato alla disgregazione del tribalismo e all’emergere del governo democratico, facendo così maturare l’idea per cui il principio della giustizia non consiste, come si era portati a pensare nell’antichità, nella salute e nell’armonia dello stato, ma piuttosto in un certo modo di trattare gli individui e in quanto tale, essa è indissolubilmente incentrata sulle persone. Il mio obiettivo, è stato altresì spiegare come una impostazione teorica di questo tipo centrata sull’individuo,diversamente da come spesso si è portati a pensare non implica affatto l’egoismo sociale, né come dato né come valore. D’altra parte, come spiega Robert Dahl, se l’espressione interessi umani è comprensiva di tutti gli interessi di un individuo in quanto persona, in quanto essere umano, allora gli interessi umani includono l’appartenenza a una comunità o, vista la situazione odierna a diverse comunità e collettività. Ma il valore di questa forma di appartenenza, diversamente dalle interpretazioni avanzate da Platone in poi, da autori e dottrine politiche di matrice collettivistica, (tesi tra l’altro formulate in maniera indistinta da destra e da sinistra), ha come fulcro proprio gli individui che compongono la comunità, non una fantasmatica entità organica che subisce danni o ricava benefici indipendentemente dal trattamento riservato ai suoi membri. Sono stati quindi esaminate le implicazioni della concezione collettivistica dello stato e della società, una scuola di pensiero secondo la quale il criterio della moralità e anche della razionalità, come sosteneva ad esempio Hegel, sarebbe l’interesse dello stato, ed ogni cosa che lo rafforza è considerata auspicabile, virtuosa e giusta, mentre al contrario ogni cosa che lo minaccia è considerata perversa e ingiusta. Se così fosse, però come spiega puntualmente Popper, il criterio della moralità diventerebbe l’interesse dello stato, e la moralità non sarebbe altro che igiene politica. Ma lo stato, in questa maniera, si trasformerebbe in un moloch, un’entità che trascende un’associazione di individui con finalità razionali, diventando esso stesso un oggetto di venerazione, un totem, alla stessa stregua di come avveniva nelle culture ancestrali e nelle società primitive del passato ma con poteri di controllo, centralizzazione e repressione del dissenso ancora più brutali e pervasivi. Di contro, il pensiero liberale, il cui asse metodologico è incardinato sul principio dell’interesse individuale, asserisce che la comprensione del bene collettivo richieda la conoscenza degli interessi delle persone che compongono la collettività: niente di più e niente di meno. Se come sosteneva Adam Smith per un individuo il principale valore è di potersi considerare con rispetto, questa asserzione implica che ciascun essere umano possiede il senso della propria dignità e dei propri interessi vitali ed ha la capacità di giudicare le istituzioni proprio a partire da tale criterio. L’individuo in questa cornice sociologica, in quanto fonte stessa dei sentimenti morali a loro volta indispensabili al mantenimento di un certo grado di ordine e di coesione sociale, rappresenta, dunque, una forma a priori della vita morale e politica proprio perché egli giudica le norme e le istituzioni di una società alla luce del loro effetto sulla dignità e i bisogni vitali di una qualsiasi persona. D’altra parte, vivere sotto leggi di propria scelta, avere la possibilità di partecipare al processo decisionale ad esse relativo,facilita la crescita personale dei cittadini in quanto esseri morali e sociali, dando loro la possibilità di proteggere e promuovere i propri diritti, interessi, ed occupazioni fondamentali. Di contro, limitare le proprie opportunità di vivere sotto leggi di propria scelta, significa limitare il campo dell’autonomia morale. Poiché in un sistema liberale, il processo democratico massimizza la sfera possibile di autodeterminazione per coloro che sono soggetti a decisioni collettive, allo stesso modo, rispetta al massimo coloro che sono soggetti alle sue leggi. Ovviamente sono stati analizzati i punti deboli e gli elementi critici. Questi si possono analizzare su due diversi fronti. Su un piano culturale la democrazia liberale essendo incentrata sull’individuo quale attore razionale, è minacciata dal ritorno del tribalismo,dal fondamentalismo religioso, in particola modo quello islamico, dal relativismo etico, si tratta di forze che minando il patto costituzionale sui valori, disgregando la comune cornice di diritti e doveri sulla quale si fonda il moderno istituto della cittadinanza, rappresentano un pericoloso cavallo di troia per la democrazia liberale, un sistema quest’ultimo, che per la sua stessa costituzione, per i principi che regola e i diritti di cui si fa garante, davanti a questo genere di minacce mostra di non avere solidi anticorpi. In questi casi, qualora venga meno il senso delle più elementari basi della solidarietà umana e sociale c’è quindi il rischio che la libertà possa diventare un boomerang, ritorcendosi contro i suoi stessi beneficiari, tanto da farci domandare con Pellicani se una civiltà basata sulla critica e sull’autocritica non è destinata forse a distruggere la fede in se stessa e nei suoi valori? Sul piano prettamente politico, invece, essendo un sistema imperfetto, (anche se ad oggi un’alternativa preferibile non si è ancora mostrata all’orizzonte) la democrazia liberale, specialmente nelle società di non consolidata tradizione democratica e il nostro Paese, purtroppo, rientra tra queste, è esposta al costante rischio di derive demagogiche e populiste. Soprattutto nei momenti di crisi economica quando la coesione sociale rischia di disgregarsi vediamo come le spinte antisistemiche portate movimenti e figure di cultura illiberale e di idee politiche spesso totalitarie, possono attraverso regolari elezioni politiche, conquistare il potere e cambiare le regole del gioco, come è purtroppo accaduto nel secolo scorso in Italia e in Germania. A queste urgenti e attualissimi dilemmi ho cercato di fornire una risposta, seppur parziale, con il mio lavoro.

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