Schiano, Gennaro (2014) Paradigmi Autobiografici. Ramón Gómez de la Serna, Christopher Isherwood, Michel Leiris, Alberto Savinio. [Tesi di dottorato]

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Paradigmi Autobiografici. Ramón Gómez de la Serna, Christopher Isherwood, Michel Leiris, Alberto Savinio.pdf

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Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: Paradigmi Autobiografici. Ramón Gómez de la Serna, Christopher Isherwood, Michel Leiris, Alberto Savinio
Autori:
AutoreEmail
Schiano, Gennarogennischiano@gmail.com
Data: 31 Marzo 2014
Numero di pagine: 369
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: Studi Umanistici
Scuola di dottorato: Scienze dell'antichità e filologico-letterarie
Dottorato: Filologia moderna
Ciclo di dottorato: 26
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Di Girolamo, Costanzo[non definito]
Tutor:
nomeemail
Gargano, Antonio[non definito]
Manferlotti, Stefano[non definito]
Saccone, Antonio[non definito]
Data: 31 Marzo 2014
Numero di pagine: 369
Parole chiave: Letterature Comparate; Autobiografia; Teoria Letteraria
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 10 - Scienze dell'antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche > L-FIL-LET/11 - Letteratura italiana contemporanea
Area 10 - Scienze dell'antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche > L-FIL-LET/14 - Critica letteraria e letterature comparate
Area 10 - Scienze dell'antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche > L-LIN/03 - Letteratura francese
Area 10 - Scienze dell'antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche > L-LIN/05 - Letteratura spagnola
Area 10 - Scienze dell'antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche > L-LIN/10 - Letteratura inglese
Depositato il: 09 Apr 2014 09:18
Ultima modifica: 26 Gen 2015 12:13
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/10009

Abstract

Nel secondo capitolo di Entre lo uno y lo diverso Claudio Guillén definisce la «disposizione d’animo» del comparatista come «coscienza di certe tensioni fra il locale e l’universale», «fra il particolare e il generale». Una disposizione d’animo atta a comprendere una «serie di opposizioni generali» applicabili a situazioni differenti. L’autobiografia è un oggetto di studio decisamente sensibile alle opposizioni e alle tensioni che Guillén identifica nell’approccio comparativo alla letteratura: il suo complesso e indeciso statuto di genere impone una riformulazione costante dei rapporti tra singole forme e canoni poco affidabili; la sua particolare struttura narrativa permette di osservare da un punto di vista privilegiato i rapporti tra il fatto letterario e il mondo rappresentato. Queste due opposizioni, identificative del genere autobiografico e delle sue strutturali tensioni tra particolare e generale, assumono caratteristiche inedite nel Novecento quando il cambiamento sensibile dell’immaginario letterario altera in modo irreversibile la rappresentazione del sé in letteratura. Occuparci di autobiografie novecentesche ci permetterà da un lato di sondare i cambiamenti sensibili tra le forme del racconto di sé e il canone autobiografico che si afferma a fatica tra la fine del Settecento e l’Ottocento, dall’altro di misurare la facoltà mimetica del racconto autobiografico e il suo particolare rapporto tra documento e finzione proprio nel momento storico-letterario in cui questo rapporto sembra complicarsi notevolmente. È noto che il limite più complesso con cui chi voglia occuparsi di autobiografia si scontra sia quello del canone: quali testi sono conformi alla mia definizione di autobiografia? Come distinguere le loro caratteristiche da quelle del romanzo e degli altri generi memorialistici nel Novecento, quando l’inedito gradiente di finzionalità dei testi rende poco definibili i confini tra i generi? Sia lo studio di Franco D’Intino, L’autobiografia moderna. Storia, forme, problemi, che la mastodontica Encyclopedia of life writing curata da Margaretta Jolly indicano nell’autobiografismo multiplo un fenomeno letterario tipico del ventesimo secolo: mentre D’Intino fa riferimento soprattutto a quegli autori il cui racconto retrospettivo «si estende nel corso di più volumi separati e autonomi ordinati cronologicamente» , nelle pagine della voce enciclopedica è definito come produzione di molteplici autobiografie con differenti approcci al passato referenziale, in momenti della scrittura distanti nel tempo, con modalità scrittorie eterogenee . Le numerose prove autobiografiche creano necessariamente un sistema, un mosaico composito che l’autore tiene insieme attraverso rimandi intertestuali ed epitestuali, nel ritorno su personaggi, luoghi ed episodi narrati nelle prove precedenti e nel rendere le opere scritte in passato un vissuto del narrato autobiografico di quelle successive. Il sistema di testi costituito dalle eterogenee prove autobiografiche permette quindi di affidarsi a un canone dai margini meno arbitrari e labili, selezionato dallo stesso autore reale nei rimandi e nei ritorni sulle tappe autobiografiche precedenti. Gli autori in studio ci permetteranno di esaminare quattro sistemi autobiografici, relativi a quattro differenti letterature nazionali e in un arco temporale organico ed esteso, circoscrivibile negli ottant’anni che separano la data di pubblicazione di Morbideces (1908) e quella di À cor et à cri (1988). Le opere di Ramón Gómez de la Serna (1888-1963), Alberto Savinio (1891-1952), Michel Leiris (1901-1990) e Christopher Isherwood (1904-1986) presentano un comune e ossessivo impegno per l’autorappresentazione letteraria, gli autori scrivono numerose autobiografie, tornano più volte sul vissuto e sul narrato che in esse è rappresentato, mostrano problematicamente lo statuto novecentesco del genere autobiografico testimoniando del suo valore letterario ed esistenziale. L’interesse comune si estende inoltre a una più generale attitudine per la letteratura memorialistica: tutti i nostri autori producono prove eterogenee di biografie, diari e testi odeporici nei quali non è difficile ritrovare molte delle sperimentazioni che rintracceremo nei testi autobiografici. A questi due decisivi elementi comuni ai quattro autori e legati alla singolare produzione autobiografica di cui proveremo a occuparci si aggiungono relazioni differenti tra di essi a cui faremo riferimento nelle pagine dello studio quando i referenti rappresentati ci porteranno ai contesti storico-letterari e alle fisionomie intellettuali dei protagonisti autobiografici. L’approccio ‘problematico’ all’inedito statuto novecentesco del genere autobiografico si traduce per i nostri autori in una composita sperimentazione morfologica condotta attraverso i differenti momenti delle numerose prove autobiografiche. Se, come avremo modo di chiarire più avanti, il racconto di sé è strutturalmente fondato su un’ibrida natura di genere, su una mescidanza del carattere documentale dei referenti e di quello finzionale delle strutture narrative, e questa natura ibrida muta nel Novecento inclinandosi vertiginosamente verso i poli della fiction, le diverse tappe autobiografiche dei nostri autori esprimono nature di genere e gradazioni di documentalità e finzionalità composite. Se, come detto, la produzione multipla di autobiografie è un fenomeno letterario diffuso tra l’Ottocento e il Novecento, - D’Intino nomina autori come Carossa, Maurois, Canetti e Yeats - è dall’eterogenea campionatura di identità di genere dei nostri sistemi di testi che muove il presente lavoro. Se la natura del sottotitolo e la selezione dei nomi dei quattro autori ivi annunciati assume una prima fisionomia riconoscibile, sembra opportuno definire sinteticamente le ragioni del nostro titolo anche se, come si dimostrerà, la sua totale giustificazione si ritroverà nelle argomentazioni del discorso. Una parte degli studi sull’autobiografia ha dedicato attenzione ad autobiografie multiple simili a quelle composte dai nostri autori rifacendosi alla categoria definita da Lejeune come «spazio autobiografico»: l’architettura di testi diventa lo strumento per la ricostruzione della personalità dell’autore reale attraverso le diverse tappe autobiografiche. Se l’elemento fondamentale del sistema di relazioni tra i testi dello spazio è la costante biografica, questo studio proverà a muoversi da costanti testuali tese all’analisi dell’evoluzione della forma autobiografica nella produzione degli autori selezionati. Il paradigma autobiografico sarà quindi inteso come selezione di forme tra tutte quelle collegate al genere. Lo studio è diviso in quattro parti differenti. Nel primo capitolo tracceremo i limiti dei campi di forze entro cui il nostro discorso sarà articolato: faremo riferimento ad alcune delle questioni più spinose che hanno interessato gli studi sull’autobiografia nel tentativo di delimitare un suo definito statuto di genere e una sua storicizzazione attendibile; vaglieremo la validità di queste questioni nel Novecento quando il sostanziale cambiamento dell’immaginario letterario altera anche i connotati di «quella scrittura che si credeva di dominio autentico e incontrastabile del Soggetto» ; proveremo a definire le caratteristiche dei nostri paradigmi autobiografici fornendo una prima e sintetica rassegna dei corpora dei testi dei singoli autori. Nel secondo capitolo osserveremo le costanti morfologiche e retoriche dei testi in studio selezionandole tra quelle che più testimoniano dell’evoluzione delle forme dell’autobiografia nel Novecento: prenderemo in esame ad esempio i dispositivi di ricezione, dagli apparati prefativi e dalla loro ambigua delimitazione dell’identità di genere ai rapporti intertestuali ed epitestuali tra i testi dei corpora degli autori. Faremo riferimento ad alcuni degli strumenti più noti della narratologia per sondare i cambiamenti dei punti di vista dell’autobiografia, facendo leva sui nostri sistemi di testi in cui lo stesso autore reale produce numerosi autori impliciti che narrano da differenti modulazioni di modo e voce di diversi personaggi pur rappresentando, paradossalmente, tutti lo stesso referente: la vita dell’autore reale. Appureremo l’esautoramento di una struttura cronologica lineare sondando i differenti rapporti tra tempi della storia e del racconto che i nostri autori propongono nelle numerose tappe autobiografiche. Nel terzo capitolo l’analisi tematologica proverà a mostrare in che modo il cambiamento di statuto del genere autobiografico novecentesco ne condizioni profondamente anche i contenuti. I tre macromotivi vagliati attraverso l’esame delle costanti e delle varianti più significative che rintracceremo nei corpora e tra i corpora dei testi in studio, metteranno in rilievo un mutamento sostanziale nella rappresentazione delle fasi della vita e dei modelli di identità e di soggettività ad esse collegati. Partiremo dall’infanzia, dalle sue metafisiche e dai suoi feticci, passeremo, attraverso il motivo del Ritratto d’artista, per la giovinezza, per le sue formazioni disattese e per le sue vocazioni tese tra impegno e atarassia, arriveremo, col Motivo della Fine, ai presenti della scrittura e alle retrospezioni più nostalgiche e perturbanti, alla morte e al tentativo strenuo di esorcizzarla attraverso la scrittura. Nel quarto capitolo torneremo sulle premesse teoriche e critiche poste nel primo capitolo e le vaglieremo alla luce dei sondaggi condotti nel secondo e nel terzo capitolo. Ricomporremo i fili del discorso soffermandoci in particolare sulla nostra prospettiva euristica contestualizzandola alle riflessioni più recenti sul genere autobiografico.

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