Salvati, Gianmarco (2018) Le immagini del futuro dei giovani di Mekelle. [Tesi di dottorato]

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Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: Le immagini del futuro dei giovani di Mekelle
Autori:
AutoreEmail
Salvati, Gianmarcosalvatigianmarco@gmail.com
Data: 10 Dicembre 2018
Numero di pagine: 217
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: Studi Umanistici
Dottorato: Scienze storiche, archeologiche e storico-artistiche
Ciclo di dottorato: 31
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Caglioti, Francescofcagliot@unina.it
Tutor:
nomeemail
Petrarca, Valerio[non definito]
Data: 10 Dicembre 2018
Numero di pagine: 217
Parole chiave: Giovani; Etiopia; Futuro; Aspirazioni; Migrazioni
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 11 - Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche > M-DEA/01 - Discipline demoetnoantropologiche
Depositato il: 06 Gen 2019 08:33
Ultima modifica: 26 Giu 2020 20:19
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/12593

Abstract

Al centro della mia indagine, come si evince dal titolo di questo contributo, ci sono le immagini – da intendere secondo la facoltà di immaginazione descritta da Arjun Appadurai (1996) – che i giovani di Mekelle, capoluogo della regione del Tigray, in Etiopia, prendono in considerazione per il proprio avvenire. Ho innanzitutto individuato i soggetti della ricerca, specificando cosa voglia dire, nel contesto di Mekelle, parlare di “giovani”. Assieme alle nozioni teoriche che definiscono il concetto di gioventù, ho cercato di mostrare etnograficamente cosa comporti essere una persona giovane: quali sono i criteri che determinano la collocazione di un individuo in questa categoria e quali siano, al contempo, i marcatori sociali che segnano il passaggio allo status di adulto. Una volta chiarito il concetto di gioventù, analizzo le aspirazioni, i desideri e quelli che chiamo obblighi sociali: norme comunitarie a cui i giovani sembrerebbero essere chiamati ad aderire. Due delle “immagini” del futuro maggiormente presenti nelle retoriche dei miei interlocutori sono quelle dell’autoimprenditorialità e dell’istruzione superiore, indicate con una frequenza schiacciante nel corso delle mie interviste e considerate le vie principali per realizzare i propri ideali di successo personale, da un lato, e riconoscimento sociale, dall’altro, andando in questo modo a realizzarsi in quanto individui adulti, rispettati e di successo. Anche all’interno dei discorsi pubblici e istituzionali, l’istruzione superiore e l’autoimprenditorialità vengono visti come modelli virtuosi tramite cui assicurarsi la crescita e il successo individuale e quindi, quelli della nazione. Tuttavia, non soltanto si tratta di due opportunità precluse alla maggior parte della popolazione giovane ma che non possono esaudire le lusinghiere aspettative che esse promettono. È per questi motivi che larga parte di questo lavoro mette in evidenza le storie di vita di quanti si sono trovati ai margini del sistema educativo o che, una volta completato il proprio percorso di studi, hanno fatto esperienza di lunghi periodi di disoccupazione o di lavori sottopagati che poco o nulla avevano a che fare con le conoscenze acquisite durante gli anni universitari, assieme alle testimonianze di chi non poteva contare, date le gravi ristrettezze economiche che segnano le loro esistenze, sulla possibilità del lavoro autonomo. Al centro dell’indagine vengono pertanto considerate le strategie di quanti – per motivi molto vari – navigano l’economia dell’informalità – e talvolta dell’illegalità – allo scopo di esperire quella mobilità sociale che contraddistingue le aspirazioni di tutti i miei interlocutori. Viene inoltre affrontato il tema della dipendenza dei giovani da sostanze stupefacenti. In particolare, vengono presi in considerazione le attività e i discorsi di un gruppo di giovani dipendenti dal khat, uno stimolante di origine naturale coltivato nel Corno d’Africa e ampiamente diffuso anche nel contesto di Mekelle. Attraverso le parole dei miei interlocutori cercherò di evidenziare come la loro dipendenza sia legata in modo diretto all’incapacità di figurarsi futuri speranzosi e narrazioni positive. Nel caso dei protagonisti di queste storie, si vedrà infatti come l’incapacità di farsi carico delle responsabilità e degli obblighi a cui sono chiamati, assieme al fallimento – per alcuni di essi – delle retoriche positive circa l’alto valore simbolico dato allo studio come mezzo per ottenere lavori ben remunerati e posizioni vantaggiose, contribuisca in modo decisivo alla mancanza di speranza, alla frustrazione e al rancore che provano i protagonisti di questi paragrafi e che si lega a filo doppio con lo sviluppo delle loro dipendenze. Un’ulteriore immagine del futuro tenuta in considerazione dai giovani di Mekelle è la possibilità dell’emigrazione internazionale. In particolare, larga attenzione sarà dedicata ai modi attraverso cui l’immaginario legato alla mobilità prende piede nel contesto mekellese, unitamente alle retoriche di quanti vedono nella migrazione lo strumento principale per cambiare la propria vita. A incidere sui desideri di mobilità dei giovani di Mekelle contribuiscono, come si cercherà di evidenziare, una moltitudine di fattori, fra cui la volontà di accedere a borse di studio e programmi di scambio di università straniere per completare e perfezionare il proprio percorso di studi, il desiderio di “vedere” il mondo, di toccare con mano un mondo altro che, attraverso i media internazionali, i racconti degli emigrati e la presenza stessa di individui stranieri a Mekelle, è sempre più presente nel capoluogo tigrino col suo carico di immagini e aspettative che contribuiscono a renderlo potentemente attrattivo.

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