Amicolo, Romina (2008) La crisi del formalismo, la rivolta dell'antiformalismo e la ricerca dell'equilibrio. [Tesi di dottorato] (Inedito)

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Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: La crisi del formalismo, la rivolta dell'antiformalismo e la ricerca dell'equilibrio.
Autori:
AutoreEmail
Amicolo, Rominarominamicolo@libero.it
Data: 22 Novembre 2008
Numero di pagine: 249
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: Diritto romano e storia della scienza romanistica "Francesco De Martino"
Dottorato: Filosofia del diritto: arte e tecnica della giurisprudenza-ermeneutica dei diritti dell'uomo
Ciclo di dottorato: 21
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Punzi, Antonioantoniopunzi@tin.it
Tutor:
nomeemail
Punzi, Antonioantoniopunzi@tin.it
Data: 22 Novembre 2008
Numero di pagine: 249
Parole chiave: Formalismo giuridico; antiformalismo giuridico; esperienza giuridica; formalità e sostanzialità del diritto; crisi del diritto; Diritto Romano; Teoria generale della forma; esperienza giuridica romana; nichilismo giuridico; filosofia del diritto romano; formatività della giustizia; opera d'arte dell'ermeneutica; metodo casistico; problema della scienza del diritto.
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 12 - Scienze giuridiche > IUS/08 - Diritto costituzionale
Area 12 - Scienze giuridiche > IUS/18 - Diritto romano e diritti dell'antichità
Area 12 - Scienze giuridiche > IUS/20 - Filosofia del diritto
Depositato il: 05 Lug 2010 09:07
Ultima modifica: 02 Dic 2014 10:55
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/3990
DOI: 10.6092/UNINA/FEDOA/3990

Abstract

La crisi del formalismo, la rivolta dell'antiformalismo e la ricerca dell'equilibrio, è frutto dell'attività di ricerca svolta nella Biblioteca dell'Institut für Römisches Recht dell'Universität zu Köln. Si tratta di un lavoro che susciterà reazioni e che è duplicemente interessante per i giuristi, storici e teorici del diritto. Innanzi tutto per la impostazione metodologica. Il lavoro si basa su un felice connubio di Filosofia del diritto e Diritto Romano, che si completano l'un l'altro: la prima trova nel secondo un campo di “verifica” di quanto sostenuto a livello teorico, essendo l'esperienza giuridica Romana ricca di spunti di riflessione e sorprendentemente viva nella ricchezza delle sue implicazioni filosofiche; il secondo si completa nella prima, ricevendo conferma, non soltanto della sua “utilità” nel campo del diritto, ma anche e soprattutto della sua natura giuridica e non soltanto storica, per effetto appunto, della scelta teorica di ampliare la nozione di diritto fino a comprendervi l'intera esperienza giuridica, incluso, naturalmente, il suo profilo storico. In secondo luogo, non può essere taciuta l'originalità con cui è affrontato il tema del formalismo giuridico: senza perdersi nei distinguo che caratterizzano la tradizionale impostazione, si isola -facendo uso della letteratura, non solo Europea, ed in particolare delle Opere di Giuseppe Capograssi, ma anche Anglo-Americana, ed in particolare di Form and Function in a Legal System. A General Study di Robert S. Summers- una nozione positiva di forma, che, ben lungi dall'essere in contrasto o, anche solo in contraddizione con i contenuti del diritto, o le altre componenti non formali, si integra con esse, in una composizione unitaria e tendenzialmente equilibrata. Accanto all'alternarsi di formalismo e antiformalismo, quali tendenze ciclicamente prevalenti nella Storia, anche Romana, del pensiero giuridico, questo lavoro evidenzia come sia possibile isolare una tendenza, nella Filosofia del diritto contemporanea, a perseguire un equilibrio tra formalità e sostanzialità del diritto. Lo scopo del lavoro infatti, non è tracciare o esplicare il formalismo e l'antiformalismo, nelle diverse connotazioni storiche e/o filosofiche, ma dimostrare come entrambe siano dei riduzionismi giuridici: il primo perchè riduce il diritto ad una “carriola vuota”, che può essere riempita di qualunque contenuto, ed è quindi “insensibile” rispetto alla realtà, che con la sua immediatezza, dà origine al diritto; il secondo per il suo scetticismo nei confronti della forma, che alla fine finisce per annullare l'autonomia del diritto, riducendolo alla politica. La struttura della tesi si articola in un crescendo, complesso, ma che non difetta di unitarietà: non manca il collegamento tra i capitoli, che tuttavia sono, ognuno, compiutamente sviluppati e singolarmente fruibili. L'incipit è il significato di “crisi del diritto”, espressione ricorrente nella letturatura giusfilosica Europea degli anni Venti del XX secolo, del Secondo Dopoguerra e degli inizi del Terzo Millennio, in cui, come in passato, si rimprovera al diritto una superfetazione legislativa ed una strutturale carenza valoriale. Quale interprete della “crisi del diritto” degli inizi del XX secolo si è scelto Lopez De Onãte, non soltanto per la sua capacità di sintetizzare lo stato del diritto e degli animi del suo tempo, ma anche per la sua intuizione che la crisi del diritto è un aspetto di quel poliedro che è la crisi dell'individuo. È un filone di pensiero che ha già quale interprete il giovane Giuseppe Capograssi del Saggio sullo Stato, in cui la crisi dell'autorità è intesa quale profilo della crisi dell'individuo e del diritto. Interessante è la lettura che si fa nel primo capitolo della “crisi del diritto”, quale argomento che chiude il cerchio della produzione di Giuseppe Capograssi, dal momento che evidenzia non solo come tale tema sia un filo rosso che attraversa le opere Capograssiane, ma anche come, in realtà, se la letteratura tende ad isolare la crisi del diritto del Secondo Dopoguerra, ricostruendola come diversa ed in nessun modo ricollegabile alla crisi del diritto degli anni Venti, in realtà un legame c'è. Emerge l'idea che la storia del pensiero giuridico sia segnata dall'alternarsi di formalismo ed antoformalismo, di cui Bobbio, non è soltanto interprete nel suo Giusnaturalismo e positivismo giuridico, ma diretto testimone, essendosi affacciato agli studi giuridici proprio negli anni Venti – Trenta ed avendo assistito ad un ripetersi della stessa crisi del diritto anche negli anni Cinquanta. È a questo punto che si delinea la nozione di formalismo giuridico che è utilizzata nel lavoro: la crisi del formalismo giuridico è il vero volto della crisi del diritto. Quando nel testo si parla di formalismo giuridico non ci si intende riferire ad una nozione concettuale, ma ad un fenomeno storico, il cui verificarsi ha un carattere ricorrente, se non ciclico. La delineata nozione di formalismo giuridico comporta la necessità di chiarire quale sia il rapporto tra le nozioni di formalismo giuridico e di forma giuridica. Emerge in questo modo il carattere peggiorativo con cui è inteso il formalismo: la sua versione positiva è la forma. Partendo dalla ambivalenza della forma in Platone e passando attraverso la doppia connotazione, positiva e negativa del formalismo giuridico nella forma Aristotelica, il lavoro approda al Giusnaturalismo Romano ed al modo di intendere il rapporto tra ius e natura in Cicerone, al fine di proporre una nuova chiave interpretativa del formalismo Romano dell'età Arcaica. La lettura tradizionale del Diritto Romano Arcaico quale esempio di un diritto che, per effetto dell'astrazione dai suoi contenuti, è ridotto a mera forma, è decisamente antistorica, non tenendo conto del modo in cui, nel pensiero giuridico Romano, era intesa la natura, il ius e soprattutto il rapporto di queste due nozioni, sia tra loro, sia con l'uomo. Gli argomenti utilizzati per la confutazione della tradizionale interpretazione del formalismo Romano Arcaico si ritrovano anche nella critica del formalismo Kantiano, seguendo le tracce dell'evoluzione che gli studi su Kant hanno avuto soprattutto negli Stati Uniti d'America, e nella critica Capograssiana del formalismo Kelseniano. Si condivide con Capograssi e con la letteratura su Capograssi, che il formalismo giuridico è un fallace riduzionismo del diritto alla sua componente formale, dal momento che elemento costitutivo del diritto non è soltanto la forma, ma anche il suo contenuto. Anche se è generalmente condivisa la inaccettabilità della Teoria pura del diritto, con la sua pretesa di prescindere dalla componente valoriale del diritto, il dibattito formalismo versus antiformalismo è ancora aperto ed acceso nella Filosofia del diritto contemporanea. Il lavoro ne offre un esempio con specifico riguardo alla posizione assunta da Natalino Irti nel suo ultimo lavoro Il salvagente della forma ed alla risposta che al nichilismo ed all'indifferenza contenutistica del diritto offre Bruno Romano, con l'idea centrale ed innovativa di formatività della giustizia nell'opera d'arte dell'ermeneutica. Il lavoro si sviluppa attraverso la serrata critica della negazione nichilistica della possibilità di una fondazione meta-positiva del diritto, dimostrando come lo Stato Costituzionale di diritto, non è la radicalizzazione di un dato contenuto di norme, assunto come fermo e statico, ma segna nuovi percorsi di speculazione filosofico- giuridica, oltre il positivismo giuridico. Inaccettabile è pure la tesi nichilistica della morte del Diritto Romano per effetto della dissoluzione del rapporto tra diritto e tradizione: il ruolo del Diritto Romano, nel pensiero giuridico contemporaneo, non è infatti legato alla nozione di tradizione, ma a quella di esperienza giuridica. Il diritto non può non avere un profilo storico, come affermato da Riccardo Orestano, sulla scia dell'insegnamento di Giuseppe Capograssi. È questo il momento, nel percorso di ricerca seguito, in cui maggiore è la sintesi tra Filosofia del diritto e Diritto Romano, forse perchè il loro legame è evidenziato dal richiamo che il Romanista fa del Filosofo del Diritto. D'altra parte, a sconfessare il ruolo di mera digressione dei contenuti di Diritto Romano presenti nel lavoro, è sufficiente l'impostazione che agli studi Romanistici dà Okko Behrends, la cui ricostruzione dell’evoluzione del rapporto tra le fonti del diritto nel Diritto Romano Classico non solo fornisce un illuminante esempio di equilibrio tra regole formali ed esigenze di giustizia sostanziale, contribuendo, per altro verso, a dimostrare la inconsistenza di ogni pretesa separazione “scientifica” della Filosofia del Diritto dalle altre branche del diritto, siano esse storiche o positive, ma illumina, sotto una luce nuova, il dibattito che si consuma nelle grandi aree che segnano il campo della Filosofia del diritto contemporanea: da un lato, la filosofia razionalista, analitica e positivista, specie nella sua versione anglo-americana, che, pur conservando intatta la razionalità logica, quale fondamento del diritto, si apre alle implicazioni di scopo, e, dall'altro, la filosofia che, rivendicando la ricerca di una autonoma ed indipendente razionalità del diritto, trova un emblematico ed ancora attuale esempio di conciliazione tra formalità e sostanzialità, legalità e giustizia, certezza ed equità, nella nozione di esperienza giuridica di Giuseppe Capograssi, quale emerge da due sue opere decisive: Analisi dell’esperienza comune e Studi sull’esperienza giuridica. Altro esempio di come, sul piano metodologico, non vi siano invalicabili steccati tra la Filosofia del diritto ed il Diritto Romano è offerto dalla Teoria generale della forma di Robert S. Summers, il quale utilizza, a fondamento della sua costruzione filosofica, il pensiero Jheringhiano, realizzando un duplice obiettivo: sul piano della teoria del diritto, la enucleazione di una nozione nuova di forma; sul piano degli studi romanistici, una interpretazione della produzione di Jhering, che supera la contrapposizione tra la componente sistematica e l'approccio teoleologico al diritto, attraverso la dimostrazione di come la loro equilibrata composizione sia il più efficace antidoto contro gli unilateralismi ed i riduzionismi giuridici. Il lavoro arriva così alle conclusioni, e, conservando, fino alla fine, lo spirito che ha informato tutta l'opera, non poteva mancare, anche nell'affrontare il problema della Scienza del diritto, la combinazione di Filosofia del diritto e Diritto Romano. Il Problema della Scienza del Diritto di Giuseppe Capograssi offre un valido ed impagabile ausilio alla soluzione del dualismo presente tra teoria e pratica del diritto e tra costruzione sistematica di concetti ed esegesi pragmatica di fatti. La problematicità, quale carattere costitutivo della scienza del diritto, riceve una conferma dall'esperienza giuridica Romana, essendo il metodo casistico dei Pithanà di Labeone la dimostrazione di come affrontare le questioni giuridiche in termini problematici, non implichi la negazione della certezza del diritto, ma sia la maggiore attestazione della sua scientificità. Questo lavoro merita attenzione, al di là delle imperfezioni, non soltanto per il modo nuovo e comunque originale di affrontare i temi del formalismo e dell'antiformalismo, ma anche perchè ricorda quale è il compito principale della ricerca scientifica: non risolvere in via definitiva ed incontrovertibile i problemi, ma più modestamente, porli.

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