Vassallo, Christian (2010) Eufonia e stilistica di udibile e dicibile. Sui libri II e III della Repubblica di Platone. [Tesi di dottorato] (Unpublished)

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Item Type: Tesi di dottorato
Resource language: Italiano
Title: Eufonia e stilistica di udibile e dicibile. Sui libri II e III della Repubblica di Platone
Creators:
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Vassallo, Christian
golias30@libero.it
Date: 24 November 2010
Number of Pages: 300
Institution: Università degli Studi di Napoli Federico II
Department: Filosofia "Antonio Aliotta"
Scuola di dottorato: Scienze filosofiche
Dottorato: Scienze filosofiche
Ciclo di dottorato: 23
Coordinatore del Corso di dottorato:
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Di Marco, Giuseppe Antonio
dimarco@unina.it
Tutor:
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Casertano, Giovanni
casertan@unina.it
Date: 24 November 2010
Number of Pages: 300
Keywords: Eufonia; stilistica; estetica; musica; dieghesis; mimesis; generi letterari
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 11 - Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche > M-FIL/07 - Storia della filosofia antica
Date Deposited: 07 Dec 2010 12:10
Last Modified: 30 Apr 2014 19:43
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/7955
DOI: 10.6092/UNINA/FEDOA/7955

Collection description

Partendo da una breve disamina del dibattito sui libri II e III della Repubblica, il lavoro si concentra su quegli elementi eufonici e stilistici che fanno della “sonosfera” una loro possibile cifra ermeneutica, contribuendo ad approfondire i significati politici ed estetici tradizionalmente attribuiti a quella parte del dialogo. Sul piano metodologico, si segue una duplice impostazione: a) quella analitico-testuale che, prescindendo dall’annoso problema dei rapporti dei libri II e III del dialogo con l’ultimo, li prende in considerazione come nucleo originario della complessa stratigrafia compositiva della Repubblica; b) quella interdisciplinare, che allo studio propriamente filosofico del testo, ne affianca uno filologico e antropologico-culturale. A partire dal cap. II, si cerca di dimostrare come il libro II del dialogo possa essere letto quale preparazione “drammatica” alla prospettiva più teorica perseguita da Platone nel libro III. In questa chiave vengono letti, ad esempio, i continui richiami all’apparato acustico di Glaucone, insidiato dalle voci dei “cattivi maestri”; la sofisticazione dell’udito come frutto della società arricchita; il problema stesso della “sociologia” della mitopoiesi, in quanto funzionale al discorso filosofico e, come tale, coinvolgente anche mitologi non professionisti (es. madri e nutrici), chiamati a preservare le “orecchie” dei fanciulli quando ancora non sono stati consegnati all’apparato pedagogico dello Stato. Nel capitolo III si studia invece il passaggio dagli aspetti contenutistici del dicibile a quelli propriamente formali. Metodologicamente, si propone allora una tripartizione del programma di poetica descritto da Platone nel libro III. a) S’individua così innanzitutto una sezione psicagogica, dedicata alle prescrizioni teleologicamente orientate all’acquisizione di un determinato carattere da parte dell’uditore: la saggezza e la temperanza, l’incorruttibilità e la rettitudine etica, il convincimento di una stretta corrispondenza tra giustizia e felicità. b) Segue poi l’esposizione della parte propriamente idolopoietica, contenente prescrizioni rappresentativo-fantastiche, ossia tutti quei contenuti rappresentativi esprimibili a parole, con le conseguenti tre forme di censure: quella icastica, relativa all’immaginario narrativo, mitico e religioso; onomastica, relativa ai nomi attribuibili a quell’immaginario; scenica, con riferimento al teatro e ai messaggi culturali che nell’Atene di V secolo esso era in grado di trasmettere. c) Viene infine passata in rassegna la sezione stilistica: quella incentrata specificamente sul problema della diēghēsis, dei suoi rapporti con la mimēsis e degli aspetti formali del dicibile. Con una minuziosa analisi della nozione platonica di “narrazione” si cerca di mostrare da un lato l’enorme importanza della tripartizione diegetica delineata da Platone per la storia della filosofia antica e per le successive classificazioni estetico-grammaticali dei generi letterari nell’antichità (da Aristotele a Proclo); dall’altro la possibilità, offerta dalla stessa analisi retorica del testo e delle diverse implicazioni anti-gorgiane che da esso emergono, di ridimensionare in Platone la classica frattura tra forma e contenuto del dicibile. Tali elementi risultano invece accomunati proprio dal fattore acustico e dal suo intrinseco significato filosofico. I divieti “mimetici” elencati in Resp. III.395d5-396b8 diventano allora il presupposto per mettere sullo stesso piano lo stile (hōs lekteon) e i contenuti dell’udibile (ha akousteon). Si inserisce così nel problema filosofico della “sonosfera” anche la sezione propriamente musicale dedicata alle armonie (hōs akousteon). A questo problema viene dedicato l’ultimo capitolo del lavoro. Dei numerosi principi teorico-musicali enunciati in questa sezione, si prendono particolarmente in considerazione quelli forse più significativi per la tematica dell’udibile: a) le prescrizioni sulle armonie ammesse e sui divieti acustici, con particolare attenzione alle armonie dorica e frigia; b) il misoneismo melodico di Platone e l’attacco alle strategie del nuovo ditirambo. Per quanto riguarda il primo punto, oltre a studiare le classificazioni platoniche in merito, la ricerca si concentra anche sul problema storico-filosofico della loro ricezione nel pensiero antico: la critica presente nel libro Theta della Politica di Aristotele, la posizione autonoma assunta da Aristosseno di Taranto, l’apologia platonica dello Ps.-Plutarco, gli aspetti divergenti e convergenti che compaiono nei trattati De musica di Filodemo di Gadara e di Aristide Quintiliano, infine l’importante testimonianza del Commento alla Repubblica di Proclo: da quest’ultimo testo, di cui si studiano i debiti compositivi verso i trattati di Elio Dionisio e la corrente pitagorico-damoniana da lui seguita, si torna alla concezione che Damone di Oa ebbe delle armonie e al problema dei suoi influssi sulla posizione platonica in merito. Quanto invece al conservatorismo platonico in campo musicale, si prendono soprattutto in esame i rapporti tra la pagina della Repubblica e l’opera di uno dei massimi esponenti della “nuova musica” del IV secolo: i Persiani di Timoteo di Mileto (PBerol. 9875). Alla fine si scopre come i diversi risultati enunciati da Platone nella sezione musicale dimostrino, ancora una volta, la sovrapponibilità di forma e contenuto e la convergenza metodologica dei problemi dell’udibile e del dicibile nella sua filosofia. Una convergenza che prospetta nuovi orizzonti d’indagine nella misura in cui estende potenzialmente l’approccio acustico-sonoro all’intero Corpus Platonicum e suggerisce, con questo diverso sguardo sull’uso della parola nei dialoghi, una probabile alternativa ermeneutica all’eterno dibattito tra gli oralisti radicali e i loro oppositori.

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