De Rosa, Angela (2015) Impiego dell'ultrasonografia vescicale e della cistoscopia in bovini affetti da ematuria enzootica cronica (EEC): due tecniche diagnostiche a confronto. [Tesi di dottorato]

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Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: Impiego dell'ultrasonografia vescicale e della cistoscopia in bovini affetti da ematuria enzootica cronica (EEC): due tecniche diagnostiche a confronto
Autori:
AutoreEmail
De Rosa, Angelaangela.derosa2@unina.it
Data: 30 Marzo 2015
Numero di pagine: 151
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: Medicina Molecolare e Biotecnologie Mediche
Scuola di dottorato: Scienze veterinarie per la produzione e la sanità
Dottorato: Scienze cliniche e farmaco-tossicologiche veterinarie
Ciclo di dottorato: 27
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Ciaramella, Paolopaociara@unina.it
Tutor:
nomeemail
Piantedosi, Diego[non definito]
Data: 30 Marzo 2015
Numero di pagine: 151
Parole chiave: EEC,ultrasonografia,cistoscopia,bovino
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 07 - Scienze agrarie e veterinarie > VET/08 - Clinica medica veterinaria
Aree tematiche (7° programma Quadro): SALUTE e TUTELA DEL CONSUMATORE > Sicurezza alimentare, salute degli animali, benessere e salute degli animali e delle piante
Depositato il: 09 Apr 2015 11:52
Ultima modifica: 25 Set 2015 10:41
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/10207
DOI: 10.6092/UNINA/FEDOA/10207

Abstract

L'Ematuria Enzootica Cronica (EEC) del bovino è una sindrome a decorso cronico di natura non infettiva, caratterizzata generalmente da lesioni neoplastiche della parete vescicale associata ad ematuria intermittente ed anemia. Numerosi studi ezio-patogenetici hanno evidenziato che, alla base di tale affezione, è presente una intossicazione cronica da felce aquilina; il potere immunosoppressivo e mutageno dovuto alle sostanze carcinogenetiche contenute nella felce favorisce la replicazione di Papillomavirus, in particolare del BVP-2, a livello della parete vescicale con lo sviluppo di neoplasie a carico della stessa. La sindrome colpisce soprattutto animali al pascolo e rappresenta sicuramente una problematica ambientale che interessa aree estese soprattutto dell'Italia collinare centro-meridionale, particolarmente ricche di felce. L'importanza della patologia risiede non solo nelle perdite economiche legate allo scadimento produttivo della mandria e alla morte degli animali, ma anche alla possibilità di trasmissione di fattori pro-oncogeni all'uomo, inseguito all'ingestione di prodotti lattiero- caseari provenienti dal latte di animali malati. Dal punto di vista clinico, la sindrome evolve più frequentemente in forma cronica, e si presenta con ematuria intermittente associata a deperimento lento e continuo che si manifesta in diversi mesi o anni; per tale motivo la diagnosi della malattia, in passato, veniva per lo più eseguita post-mortem. Attualmente la possibilità di utilizzare tecniche di diagnostica per immagini quali l'ecografia e la cistoscopia permette di effettuare una diagnosi in vitam con vantaggi per l'allevatore e per il consumatore. Il presente lavoro di ricerca ha confrontato due tecniche di diagnostica per immagini, l'ultrasonografia vescicale e la cistoscopia, al fine di verificare i loro punti di forza e i loro limiti per la diagnosi di EEC, in modo da fornire al medico buiatra linee guida per un corretto approccio diagnostico alla patologia. Lo studio ha previsto una fase reclutamento in cui 230 bovine podoliche provenienti da territori ricchi di felce aquilina sono state sottoposte a screening di massa attraverso l'esame delle urine con strisce reattive, al fine di svelare la presenza di ematuria. Al termine di tale fase sono state selezionate 24 vacche podoliche, di età compresa tra i 5 e 12 anni affette da EEC. I soggetti sono stati sottoposti ad esame clinico completo ed indagini ematologiche e ematobiochimiche di routine che hanno rilevato la presenza di macroematuria in 18 soggetti e microematuria nei rimanenti 6, associate ad anemia normocitica e ipocromica. Successivamente gli animali, adeguatamente contenuti, sono stati sottoposti ad esame ultrasonografico della vescica per via transrettale e ad esame cistoscopico. Inoltre, durante l'esecuzione delle due tecniche di diagnostica, è stato valutato il grado di tolleranza degli animali alle manovre mediante una scala del dolore modificata. L'esame ultrasonografico mostrava in tutti i soggetti un ispessimento più o meno localizzato della parete vescicale, associato negli animali con macroematuria a lesioni proliferative di aspetto polipoide e/o vegetante. L'esame cistoscopico ha permesso di evidenziare una mucosa edematosa, corrugata ed opaca, unitamente alla presenza di aree piatte o bottoniformi di colorito rosso-nerastro; nei bovini con evidente ematuria erano inoltre presenti neoformazioni vegetanti e/o di aspetto polipoide endoluminali. L'esame bioptico eseguito in tutti gli animali con l'ausilio della cistoscopia ha evidenziato la prevalenza di carcinoma in situ in 18 animali, 2 displasie di cui una associata ad angioma e l'altra a carcinoma infiltrante di basso grado di invasività, tre carcinomi endoluminali e una forma sarcomatoide. Delle due tecniche diagnostiche impiegate, l'esame ultrasonografico si è dimostrato di semplice esecuzione, rapido e ben tollerato, ma non in grado di fornire precise informazioni relative alla stadiazione delle lesioni osservate, sebbene risulti indispensabile per la valutazione dei linfonodi regionali, talvolta coinvolti nel processo morboso. La tecnica endoscopica ha evidenziato, invece, una notevole sensibilità diagnostica, svelando in tutti i soggetti arruolati una condizione di EEC, indipendentemente dalla fase evolutiva della malattia e dal grado di ematuria presente, permettendo inoltre l'esecuzione di prelievi bioptici mirati. I principali svantaggi nell'impiego di tale tecnica diagnostica risiedono nell'elevato costo dell'attrezzatura, talora non accettabile nella comune pratica di campo, indaginosità della metodica e scarsa praticità nel trasportare le attrezzature in luoghi spesso impervi e poco accessibili. In considerazione di quanto osservato, il rilievo di macroematuria anche in un solo soggetto dovrebbe portare il medico buiatra a valutare tutti gli animali che condividono il pascolo, attraverso un semplice screening rappresentato dall'impiego di strisce reattive per l'esame delle urine. Tale metodica consente di svelare le insidiose forme occulte caratterizzate da una minima quantità di sangue nelle urine, che rappresenta il primo segno clinico di malattia. Successivamente gli animali positivi devono essere sottoposti ad un esame emocromocitometrico per valutare il grado di anemia, nonché ad indagini ematobiochimiche per indagare la funzionalità epato-renale. Il "diagnostic-plane" dell'EEC deve successivamente prevedere l'impiego dell'ultrasonografia transrettale, con valutazione dell'intero apparato urinario, nonché dei linfonodi lomboaortici e iliaci. Nel caso di estese lesioni a carattere proliferativo associate a macroemtauria, è necessario predisporre la macellazione del soggetto, mentre gli animali con solo ispessimento, più o meno circoscritto, della parte vescicale associato a microematuria, dovrebbero essere allontanati dai pascoli infestati e successivamente sottoposti a controlli semestrali, al fine di verificare una eventuale progressione/involuzione delle lesioni riscontrate. In questi ultimi può essere utile l'impiego della cistoscopia, nonostante i limiti oggettivi legati ai costi e alla scarsa praticità sui pascoli o in zone difficilmente accessibili. L'applicazione della cistoscopia comunque consente di studiare le lesioni attraverso il prelievo bioptico e quindi di formulare una prognosi più corretta. In conclusione la corretta applicazione di un protocollo diagnostico che preveda l'utilizzo di entrambe le metodiche utilizzate può, indubbiamente, portare ad una riduzione considerevole delle forme di EEC invalidanti, riducendone cosi l'impatto economico negativo sulle realtà zootecniche di nicchia che rappresentano un valore di biodiversità da tutelare.

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