Di Palma, Maria (2006) Analisi critico-interpretativa dei recenti interventi di restauro nel parco archeologico di Baia. [Tesi di dottorato] (Inedito)

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Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: Analisi critico-interpretativa dei recenti interventi di restauro nel parco archeologico di Baia
Autori:
AutoreEmail
Di Palma, Maria[non definito]
Data: 2006
Tipo di data: Pubblicazione
Numero di pagine: 217
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: Discipline storiche "E. Lepore"
Dottorato: Conservazione integrata dei beni culturali ed ambientali
Ciclo di dottorato: 17
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Greco, Giovanna[non definito]
Tutor:
nomeemail
Paone, Rosario[non definito]
Data: 2006
Numero di pagine: 217
Parole chiave: Rudere; Restauro; Baia
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 08 - Ingegneria civile e Architettura > ICAR/19 - Restauro
Depositato il: 11 Lug 2008
Ultima modifica: 30 Apr 2014 19:32
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/2775
DOI: 10.6092/UNINA/FEDOA/2775

Abstract

Questa ricerca, avente per oggetto l’analisi critico-interpretativa dei recenti interventi di restauro effettuati negli ultimi decenni nel parco archeologico di Baia, si pone l’obiettivo principale di “controllare” la velocità di deperimento delle operazioni conservative condotte in un passato a noi vicino sul sito in esame. Ogni qualvolta, infatti, viene portato a termine un intervento su un manufatto di interesse storico-artistico o architettonico, ed ancor di più di natura archeologica, si pone il problema della valutazione e del “collaudo” temporale di quanto è stato fatto. Partendo dalla consapevolezza che non esistono procedure codificate per la verifica di un intervento conservativo e, d’altra parte, la grande varietà di operazioni possibili e di metodi impiegabili rende difficili i tentativi di “codificazione”, verificare nel tempo significa assumere all’interno di un progetto la dimensione temporale, facendo i conti con il degrado, considerato come elemento di conoscenza ancor prima che come accezione negativa di uno stato di alterazione del bene archeologico. Di fronte alla necessità attuale di conferire al rudere il ruolo di bene inalienabile da custodire e consegnare al futuro attraverso la conservazione non solo del suo contenuto culturale, ma anche e soprattutto della sua consistenza materica, nasce l’esigenza della massima inalterabilità del patrimonio archeologico: tale inalterabilità, tuttavia, può essere concepita solo sul piano teorico, mentre sul piano pratico essa si scontra spesso con l’esigenza di durabilità del reperto, facendo oscillare l’approccio alla conservazione tra la necessità di intervenire e l’esigenza di non indurre alterazioni. La scelta del parco archeologico di Baia (un complesso di edifici termali e residenziali costruiti tra la fine del II sec. a.C. ed il III sec. d. C.), oltre ad essere dettata dall’esigenza logistica dell’analisi diretta e delle facili accessibilità al sito, è stata effettuata come stimolo verso la concreta necessità di recuperare la memoria storica del luogo e di valorizzare e salvaguardare questo episodio archeologico, incentivando la fruibilità turistica ed inserendo l’area nel sistema economico attuale. Punto di partenza della ricerca è l’affermazione dei concetti fondamentali di valorizzazione, conservazione, restauro archeologico, alla luce dei principi generali di tutela e sulla base di un’analisi puntuale del concetto di “conservazione integrata dei beni culturali ed ambientali”, sintesi dell’attuale atteggiamento promosso dalle moderne teorie e dagli operatori nel settore, nonché titolo del Dottorato di Ricerca. In particolare, la cosiddetta conservazione integrata, che presuppone l’integrazione sinergica del bene archeologico con le moderne esigenze della società, attraverso la sua fruibilità pubblica ed il suo inserimento nel sistema economico ed antropico, necessita un continuo e costante rapporto di collaborazione professionale non solo tra l’architetto, l’archeologo, lo specialista restauratore, il chimico ed il biologo, ma anche con l’urbanista e l’economista. Viene così a stabilirsi un carattere interdisciplinare della conservazione, fondato su un lavoro di gruppo nel quale ogni operatore fornisce il proprio contributo settoriale finalizzato al recupero globale del bene in esame. Dopo una rapida ma necessaria analisi dell’area dei Campi Flegrei – nella quale il parco archeologico di Baia si trova inserito – basata sull’excursus storico ed iconografico e sull’inquadramento geologico, è stato doveroso soffermarsi sulla normativa sismica di riferimento, data la natura vulcanica dell’area e la conseguente vulnerabilità geotecnica e strutturale del sito. Passando poi ad esaminare il parco nella sua suddivisione organica in settori e nell’organizzazione funzionale dei vari ambienti, l’attenzione si è focalizzata su due episodi archeologici che meglio si prestavano ad essere analizzati dal punto di vista della verifica temporale: il portico angolare che delimita l’area della cosiddetta “natatio” nel settore inferiore della Sosandra, e la grandiosa sala coperta a cupola (crollata per metà) del Tempio di Diana. Si tratta di due testimonianze archeologiche che, sebbene concepite nell’organizzazione spaziale e nell’uso dei materiali e delle tecniche costruttive in maniera diversa, sono state entrambe oggetto di interventi di restauro recenti pressoché coevi, e che pertanto consentono di effettuare una valutazione sugli esiti conseguiti a distanza di tempo, anche alla luce di un eventuale raffronto e di un’ipotesi di intervento futuro. La ripetuta osservazione diretta del sito e la personale propensione all’immagine fotografica come documentazione temporale di un determinato stato di fatto, hanno ampliato poi l’indagine all’intero parco archeologico, individuando le situazioni di maggior degrado e proponendo interventi spesso anche minimi, ma indispensabili per la concreta conservazione dell’area.

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