Franzé, Gayantonia (2009) Interazioni trofiche e predazione interna al microzooplancton. [Tesi di dottorato] (Inedito)

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Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: Interazioni trofiche e predazione interna al microzooplancton
Autori:
AutoreEmail
Franzé, Gayantoniafranze@szn.it
Data: 30 Novembre 2009
Numero di pagine: 142
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: Scienze della Terra
Scuola di dottorato: Scienze della Terra
Dottorato: Scienze e ingegneria del mare
Ciclo di dottorato: 22
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Incoronato, Alberto[non definito]
Tutor:
nomeemail
Ribera D'Alcalà, Mauriziomaurizio@szn.it
Modigh, Monicamodigh@szn.it
Data: 30 Novembre 2009
Numero di pagine: 142
Parole chiave: Microzooplancton, controllo interno, tassi di crescita
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 05 - Scienze biologiche > BIO/07 - Ecologia
Depositato il: 16 Dic 2009 11:36
Ultima modifica: 30 Ott 2014 11:38
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/4261
DOI: 10.6092/UNINA/FEDOA/4261

Abstract

L’obiettivo principale di questo lavoro era ottenere prove sperimentali del controllo esercitato dai protozoi sugli altri protozoi, per poter quantificare la parte di produzione del microzooplancton riciclata all’interno del comparto e la parte che, invece, è disponibile per i livelli trofici superiori. Il microzooplancton consuma, a livello globale, due terzi o più della produzione fitoplanctonica, quindi il destino della sua produzione può avere un forte impatto sui flussi di carbonio che coinvolgono l’interfaccia atmosfera-oceano. Infatti, se riciclata all’interno del comparto, la produzione microzooplanctonica è in gran parte consumata nella respirazione. Se, invece, tale produzione è consumata dal mesozooplancton, allora il carbonio organico è veicolato verso i livelli trofici superiori e la pompa biologica. Per poter determinare la produzione microzooplanctonica e il tasso di predazione interno al comparto abbiamo dovuto in primo luogo elaborare un protocollo sperimentale. Gli assunti base del metodo sono due: fornire risorsa alimentare, in termini di biomassa fitoplanctonica, simile a quella presente in situ, e ridurre la concentrazione dei protozoi per diminuire la pressione predatoria esercitata dai protozoi sugli altri protozoi. Gli esperimenti sono stati effettuati utilizzando campioni raccolti su un sito di studio a lungo termine nel golfo di Napoli, St. LTER-MC. I contenitori sperimentali, con abbondanze decrescenti di protozoi, sono stati incubati per 24h. La regressione lineare tra le variazioni registrate nelle concentrazione dei protozoi nel corso dell’incubazione e l’abbondanza dei protozoi predatori presenti nei contenitori sperimentali, hanno consentito di determinare il tasso di crescita potenziale dei protozoi in assenza di predazione interna e la pressione predatoria dei protozoi sull’intero comparto. I tassi di crescita ottenuti sono: 1.79±0.44 d-1 per i nanociliati, 1.43±0.38 d-1 per i ciliati >20µm e 0.95±0.39 d-1 per i dinoflagellati eterotrofi. Questi tassi di crescita, simili a quelli riportati in letteratura per colture monoclonali di protozoi, sono stati utilizzati per calcolare la produzione microzooplanctonica potenziale alla St. LTER-MC per gli anni 2006-2008. Correlando i tassi di predazione dei protozoi ottenuti sperimentalmente con la concentrazione di clorofilla, la temperatura e l’abbondanza dei predatori, si sono ottenuti, attraverso un’analisi di regressione multipla, tre modelli per calcolare il tasso di mortalità esercitato dai protozoi sulle tre componenti del microzooplancton (nanociliati, ciliati >20µm e dinoflagellati). I modelli così ottenuti sono stati applicati alla St. LTER-MC per i tre anni campionati. La produzione microzooplanctonica calcolata per il sito di campionamento, nello strato superficiale, è compresa tra 2.30 e 532 mg C m-3. La maggior parte di tale produzione, in media il 72%, è riciclata all’interno del comparto, consumata, cioè, da altri protozoi. Ciò significa che la maggior parte del carbonio organico incanalato attraverso il microzooplancton è riconvertito in CO2 ed eventualmente re-immesso in atmosfera. Si può ipotizzare che la riduzione in abbondanza delle grandi cellule fitoplanctoniche a favore di quelle piccole, osservata sia alla St.LTER-MC che in altri siti del Mediterraneo, possa aumentare l’importanza del microzooplancton nel sistema pelagico. In generale, condizioni che favoriscono la produzione microbica, quali il surriscaldamento dello strato superficiale dell’oceano, potrebbero diminuire la capacità dell’oceano di assorbire anidride carbonica. Le evidenze sperimentali ottenute con questa ricerca forniscono nuove ed importanti informazioni sul ruolo dell’ecosistema pelagico nel ciclo del carbonio globale.

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