Varricchio, Francesco (2006) New historicism e nuovi storicismi. [Tesi di dottorato] (Inedito)

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Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: New historicism e nuovi storicismi
Autori:
AutoreEmail
Varricchio, Francesco[non definito]
Data: 2006
Tipo di data: Pubblicazione
Numero di pagine: 388
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: Filosofia "Antonio Aliotta"
Dottorato: Filosofia
Ciclo di dottorato: 16
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Mazzarella, Eugenio[non definito]
Tutor:
nomeemail
Cacciatore, Giuseppe[non definito]
Data: 2006
Numero di pagine: 388
Parole chiave: New historicism, Historical ontology, Narrativism
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 11 - Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche > M-FIL/05 - Filosofia e teoria dei linguaggi
Depositato il: 01 Ago 2008
Ultima modifica: 30 Apr 2014 19:23
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/579
DOI: 10.6092/UNINA/FEDOA/579

Abstract

La tesi, prendendo in considerazione principalmente alcuni aspetti del dibattito culturale nordamericano, affronta la questione dell’insorgere, in varie aree del sapere, ma inizialmente in quella degli studi letterari, di un rinnovato atteggiamento storicista nei confronti del proprio oggetto di studio. Sviluppatosi principalmente come reazione ad un eccesso di formalismo e ad un’adesione spesso incondizionata alla critica decostruzionista, il new historicism, nel campo degli studi letterari segna, dall’inizio degli anni Ottanta, una svolta all’interno del dibattito accademico e contemporaneamente impone all’attenzione generale una serie di temi che ripropongono in maniera completamente rinnovata, grazie anche all’influenza del pensiero post-strutturalista, ed in particolar modo di Foucault, il problema del rapporto del testo con il contesto storico, culturale e sociale. Proprio l’area geografica dove si sviluppa, permette al movimento culturale del new historicism una certa flessibilità nei confronti del termine adottato come carta intestata (la critica, non tanto indiretta, è di Derrida) tralasciando di portare a termine una resa dei conti teorica e filosofica nei confronti del vecchio storicismo, prediligendo, al contrario, una pratica critica che è applicata alle opere letterarie classiche (le epoche privilegiate sono il Rinascimento inglese, Greenblatt è uno dei maggiori esperti e critici dell’opera di Shakespeare, ed il Romanticismo). In ogni caso questo storicismo può essere definito nuovo, non solo perché si pone in contrapposizione ad un vecchio storicismo, ma proprio perché utilizza strumenti critici che provengono da una generale situazione culturale completamente mutata rispetto a quella che aveva visto il sorgere dei vecchi (il plurale si impone data la polisemanticità del termine così come viene utilizzato nella polemica). La tesi affronta queste novità che sono sì teoricamente eterogenee, che rispondono, cioè, ad un reale rinnovamento nell’ambito della critica grazie agli apporti del decostruzionismo, della nuova storia culturale, delle nuove forme di scrittura storica e di riflessione sulla storiografia, ma che rispondono anche ad esigenze più squisitamente politiche intervenute con l’emergere di nuove situazioni storiche e di nuove istanze: da qui l’attenzione principalmente verso il dibattito che il new historicism ha sollevato. Sono proprio queste nuove istanze, che scardinano ogni monolitica ed autosufficiente visione della storia, che contestano il racconto storico e la liceità dell’assunzione del suo protagonista universale, che ripropongono sotto luce nuova la coppia subversion-containment (che è una delle tematiche che la critica neo-storicista si trova a dover affrontare, in quanto critica leftist) ad imporre ai vari storicismi la loro novità. Queste novità possono essere considerate da un punto di vista meramente storiografico, e difatti la tesi affronta in un capitolo l’analisi del narrativismo di Ankersmit, autore che insieme a White pone al centro della sua attenzione la natura di narrazione che è ineludibile in ogni forma di riproposizione conoscitiva del passato, oppure come il frutto di una consapevolezza che il nostro rapporto con la storia è sempre un rapporto che ci induce a dire qualche cosa della realtà. Partendo da premesse lontane da quelle della critica letteraria (che aveva dovuto chiedere, per il suo rinnovamento, un supporto teorico alla filosofia continentale) Hacking, da filosofo della scienza proveniente da una tradizione analitica, utilizza le riflessioni di Foucault proprio per giungere a parlare delle varie normalità che disegnano il nostro mondo sociale, le nostre percezioni di coloro che lo abitano e delle cose che lo riempiono. Usando, quindi, un linguaggio colloquiale, pur partendo da considerazioni su come abbia agito la scienza, possiamo arrivare a parlare della nostra storia. Anche nell’ambito della filosofia nordamericana (Hacking è canadese) il termine historicism è stato pertanto usato in vari ambiti ed in vario modo (p. es. da Rorty) per sostenere, pur da posizioni teoriche spesso lontane, un distacco da un universalismo tematico ed astorico e, spesso, per riproporre un impegno più diretto e responsabile della filosofia verso quel reale che rimane pur sempre la ragione principale del contendere, anche quando viene definito un feticcio creato dalla volontà di conoscenza.

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