Nigro, Raffaella (2006) La nozione di terrorismo nel diritto internazionale. [Tesi di dottorato] (Inedito)

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Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: La nozione di terrorismo nel diritto internazionale
Autori:
AutoreEmail
Nigro, Raffaella[non definito]
Data: 2006
Tipo di data: Pubblicazione
Numero di pagine: 215
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: Scienze internazionalistiche
Dottorato: Diritto internazionale
Ciclo di dottorato: 17
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Conforti, Benedetto[non definito]
Tutor:
nomeemail
Conforti, Benedetto[non definito]
Data: 2006
Numero di pagine: 215
Parole chiave: Nozione, Terrorismo, Autodeterminazione
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 12 - Scienze giuridiche > IUS/13 - Diritto internazionale
Depositato il: 30 Lug 2008
Ultima modifica: 30 Apr 2014 19:24
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/804
DOI: 10.6092/UNINA/FEDOA/804

Abstract

Il fenomeno del terrorismo internazionale è fra quelli che hanno da tempo interessato la comunità internazionale ma che, a seguito degli attentati perpetrati negli Stati Uniti nel settembre 2001, ha suscitato un interesse di rilievo tanto per la gravità di tali attentati, quanto per la necessità avvertita nella comunità internazionale di adottare misure atte a reprimerli. Sin dalle prime occasioni in cui la questione del terrorismo internazionale è stata affrontata nell’ambito delle Nazioni Unite, per limitarsi al secondo dopoguerra, è apparso chiaro quali fossero le profonde divergenze in merito alla sua definizione, ancora oggi attuali. Il dibattito si concentrò all’inizio essenzialmente su quali atti dovessero essere considerati terroristici, e più precisamente se tale nozione comprendesse solo il terrorismo di privati “sponsorizzato” da Stati o anche il terrorismo di Stato. Sin da allora si delineò una spaccatura nella comunità internazionale fra gli Stati occidentali, i quali circoscrivevano il dibattito al terrorismo di privati sponsorizzato da Stati, e gli Stati afro-asiatici ed arabi, che estendevano il dibattito anche e soprattutto al terrorismo di Stato, ovvero agli atti di aggressione compiuti da organi dello Stato in particolare contro i popoli i quali, legittimamente sulla base del diritto internazionale, lottavano per la propria autodeterminazione. Un ulteriore motivo di scontro emerse circa la volontà, manifestata dal gruppo degli Stati afro-asiatici e arabi, di non confondere gli atti terroristici con le azioni dei suddetti popoli. Tali divergenze hanno peraltro determinato l’impossibilità di trovare un accordo generale e/o universale per la predisposizione di strumenti giuridici che, condannando il terrorismo internazionale, prevedessero misure per la sua prevenzione e repressione. Una conferma di ciò è il quadro giuridico alquanto frammentato che risulta dalle varie convenzioni internazionali stipulate in questa materia. Da un lato, sono state stipulate convenzioni che hanno sì un carattere universale ma che si limitano a disciplinare singoli reati tradizionalmente associati al terrorismo internazionale, con ciò eludendo il problema di una sua definizione generale, e dall’altro, convenzioni a carattere regionale che, pur prevedendo una definizione del fenomeno in termini generali, sono limitate quanto alla loro efficacia soggettiva, nel senso cioè che vincolano solo un numero ristretto di Stati. I più recenti tentativi di adottare una convenzione generale a carattere universale, per il cui scopo l’Assemblea Generale ha istituito un Comitato ad hoc nel 1996, mostrano le difficoltà di raggiungere risultati univoci relativamente alla definizione di terrorismo internazionale proprio a causa del mancato accordo sulla distinzione tra atti di terrorismo e atti di resistenza contro potenze occupanti. Per quanto riguarda il terrorismo di Stato, nella prassi internazionale risulta che in tutti i casi in cui uno Stato ha compiuto un illecito internazionale considerato e condannato da altri Stati come atto terroristico, è stata in realtà denunciata la violazione di altre precise norme di diritto internazionale quali il divieto dell’uso della forza o il rispetto dei diritti umani. Tale considerazione sembra confermata non solo dagli Stati che hanno da sempre condannato il terrorismo di Stato chiedendo che fosse compreso nella definizione di terrorismo internazionale, ma anche dagli Stati che, come quelli occidentali, al contrario, vi si sono sempre opposti e che tuttavia non hanno negato, in principio, l’esistenza del terrorismo di Stato, sostenendo piuttosto che la sua disciplina fosse compresa in altre norme del diritto internazionale. Riguardo al rapporto fra terrorismo e autodeterminazione dei popoli, il diritto convenzionale comprende convenzioni a carattere regionale, le quali, quanto meno quelle stipulate fra gli Stati afro-asiatici e gli Stati arabi, pur condannando il terrorismo internazionale, lo distinguono dalle lotte di liberazione nazionale, e convenzioni a carattere universale disciplinanti singoli atti considerati manifestazione del terrorismo internazionale, e alle quali sono state apposte dichiarazioni o riserve da parte degli Stati afro-asiatici e arabi nel senso che tali convenzioni non si applicano ai freedom fighters. Si consideri inoltre che, a livello internazionale, non esistono documenti ufficiali che espressamente condannino gli atti compiuti nell’ambito di simili lotte in quanto terroristici, né la prassi degli Stati depone chiaramente, contrariamente a quanto sostenuto da alcuni commentatori, nel senso che gli attacchi compiuti contro civili nell’ambito di tali lotte siano considerati ipso facto atti terroristici. È significativo il noto parere della Corte Internazionale di Giustizia del 9 luglio 2004 sulla Liceità della costruzione del muro da parte di Israele nei territori occupati palestinesi, nel quale, per indicare gli attacchi palestinesi da cui Israele riteneva di avere il diritto di difendersi, e da esso considerati terroristici, si parla, non a caso e in tutta la sentenza, di “atti di violenza contro la popolazione civile” (par. 141), piuttosto che di atti di terrorismo. In breve, la qualificazione come terroristici degli atti compiuti nell’ambito di lotte per l’autodeterminazione non ha un riscontro oggettivo nel diritto internazionale. Una simile conclusione è rafforzata dalla circostanza che, soprattutto in seguito agli attentati che hanno colpito gli Stati Uniti nel settembre 2001, la gran parte degli Stati sembra avere trovato una base di consenso su una definizione di terrorismo internazionale. Interessanti sono i dibattiti tenutisi a partire dall’11 settembre 2001 nell’ambito dell’Assemblea Generale e del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, laddove può notarsi come le opinioni degli Stati i quali si sono da sempre opposti ad includere nella definizione di terrorismo internazionale gli attacchi compiuti dai freedom fighters, e pur continuando a farlo, sono tuttavia concordi con gli Stati occidentali sulle caratteristiche del terrorismo internazionale, quantomeno su alcuni punti. L’opinione diffusa è che il terrorismo internazionale vada oggi inteso nel senso di atti violenti compiuti da reti transnazionali o globali, cioè distaccate da qualsiasi Stato e non localizzabili spazialmente. In termini più specifici, si fa sempre più strada nella prassi recente l’idea che il terrorismo internazionale abbia delle caratteristiche ben precise, le quali possono sintetizzarsi essenzialmente in tre elementi. In primo luogo, si tratta della perpetrazione di atti di indiscriminata violenza diretti sia contro obiettivi civili, sia contro obiettivi militari/governativi. Il secondo elemento attiene agli autori dei suddetti atti. Si tratta essenzialmente di privati o gruppi di privati che agiscono in quanto tali e che quindi non rispondono ad uno Stato, nel senso che non agiscono per conto, latu sensu, di esso, né necessariamente con la sua protezione, ma che piuttosto ne utilizzano il territorio o altri strumenti per esigenze logistiche e di spostamento. Il terzo elemento riguarda lo scopo perseguito che è quello di sovvertire/destabilizzare l’ordine mondiale, piuttosto che singoli Stati, cosi come inteso dalla generalità degli Stati. Tali caratteristiche del terrorismo internazionale emergono molto chiaramente dal rapporto, del 16 giugno 2004, predisposto dalla National Commission on Terrorist Attacks Upon the United States, istituita negli Stati Uniti in seguito agli attentati dell’11 settembre 2001, per chiarire tutte le responsabilità ad essi relative, e dall’altrettanto importante rapporto d’informazione sulla cooperazione internazionale contro il terrorismo presentato il 6 luglio 2004 nell’ambito della Commissione affari esteri in Francia, oltre che dalla legislazione antiterrorismo degli stessi Stati arabi e afro-asiatici.

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