Falanga, Fabio (2011) L'eguale libertà religiosa. Dall'ideale filosofico al diritto positivo. [Tesi di dottorato] (Inedito)

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Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: L'eguale libertà religiosa. Dall'ideale filosofico al diritto positivo
Autori:
AutoreEmail
Falanga, Fabiofalanga.fabio@libero.it
Data: 15 Novembre 2011
Numero di pagine: 341
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: Scienze internazionalistiche e studi sul sistema politico ed istituzionale europeo
Scuola di dottorato: Scienze giuridico-economiche
Dottorato: Ordine internazionale e tutela dei diritti individuali
Ciclo di dottorato: 24
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Iovane, Massimo[non definito]
Tutor:
nomeemail
Tedeschi, Mario[non definito]
Data: 15 Novembre 2011
Numero di pagine: 341
Parole chiave: Eguale, libertà, religiosa
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 12 - Scienze giuridiche > IUS/11 - Diritto canonico e diritto ecclesiastico
Depositato il: 14 Dic 2011 10:41
Ultima modifica: 19 Nov 2014 11:28
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/8512
DOI: 10.6092/UNINA/FEDOA/8512

Abstract

Lo scopo di questa ricerca è quello di accertare, innanzitutto, quali siano i fattori giuridici che complicano l’affermazione del diritto di libertà religiosa, compromettendone, contestualmente, il rapporto tra questo ed il principio d’eguaglianza – la cui sussistenza si ritiene essenziale, in un ordinamento giuridico laico e democratico, per l’affermazione piena dei valori del diritto -, e quindi di verificare se esistono i presupposti normativi e di fatto per un’inversione di tendenza, ovvero, per sviluppare un ordinamento giuridico capace di garantire armoniosamente a tutti il diritto all’eguale libertà religiosa. Si dovrà, pertanto, valutare che cos’è la libertà religiosa, cosa deve garantire il diritto di libertà religiosa per non disattendere lo spirito del principio, in che modo deve essere tutelato e riconosciuto questo diritto, quali sono i presupposti giuridici, chi sono i soggetti destinatari del diritto, quale deve essere il rapporto con il principio d’eguaglianza, ed infine, quale è l’oggetto dell’eguaglianza religiosa. L’attuale problema giuridico della libertà religiosa è, infatti, fondato su due grandi questioni: quella della traduzione in diritto del principio che ne è alla base, e quella dell’identificazione di un rapporto congeniale con il principio d’eguaglianza religiosa. Entrambe le questioni rispondono a due effettive necessità, ossia valorizzare in termini giuridici i fattori che compongono il “mosaico” valoriale del principio di libertà religiosa - in modo da non snaturarne i significati, evitando così di garantire un diritto eccessivamente distante dal principio, e che di questo ricordi solo l’aspetto formale -, e consentire a tutti di poter beneficiare in maniera piena - quindi nel rispetto delle diversità culturali e di credenza -, del diritto di libertà religiosa. Questo studio propone, pertanto, una dinamica riflessione sul rapporto tra eguaglianza e libertà religiosa, definendone ed inquadrandone storicamente la portata dei principi, qualificandone gli imprescindibili valori che devono comporre di significato il diritto di libertà religiosa, verificandone lo stato di attuazione nell’Unione Europea, e sviluppando un percorso giuridico che sia potenzialmente capace di perseguire e raggiungere l’eguale libertà religiosa. Non è trascurabile, infatti, che quello di libertà religiosa è un diritto estremamente complesso, ricco di impulsi valoriali, di certo suscettibile d’interpretazioni più o meno estensive, ma che nella sua funzionalità, per potersi ritenere affermato, necessita dell’effettiva ed imprescindibile sussistenza – e quindi del riconoscimento da parte dell’ordinamento giuridico e della comunità civile -, di determinati sottodiritti - o per meglio dire, di diritti ad esso complementari -, che ne compongono la portata etica. Riconoscere a tutti queste prerogative, e riservare ad ogni credenza la possibilità di potersi sentire - nello stesso tempo - tutelata ed integrata all’interno della comunità civile, significa compiere quell’ulteriore passo avanti verso il moderno progresso sociale e giuridico, rappresentato dal passaggio ad una dimensione interculturale della società, che è appunto il presupposto per la piena affermazione dell’eguale libertà religiosa. Difatti, accordare la giusta attenzione a questa fase di “costruzione” giuridica del diritto di libertà religiosa - rilevando ciò che di essenziale dal principio deve essere trasposto in diritto -, e coinvolgere la società in un dialogo formativo e produttivo, significa creare i presupposti per la positiva sedimentazione del messaggio etico ivi contenuto, e per la contestuale piena affermazione del diritto. E si comprenderà bene, come l’analisi del “tessuto” valoriale del diritto di libertà religiosa non possa prescindere dallo studio della genesi politico – filosofica del principio che ne è alla base, in quanto, è quest’ultimo a rappresentare l’integrale composizione degli elementi ideali costitutivi la libertà religiosa, che saranno successivamente recepiti dall’ordinamento giuridico, mediante il processo di traduzione del principio in diritto. Quando, invece, tutto questo non accade, viene a strutturarsi giuridicamente un’idea di libertà religiosa che è molto distante dalla reale portata del principio, finendo così per generare una tutela fin troppo personalistica del senso di religiosità che, come conseguenza, comporta non soltanto la mancata affermazione di quelli che sono i presupposti necessari per l’effettivo esercizio - per tutti - del diritto di libertà religiosa, ma che risulta assai discriminatoria, e che esprime un concetto di libertà e di multireligiosità, di molto inferiore all’ideale di mera tolleranza, che – per quanto storicamente importante – appare oggi retrivo e giuridicamente superato. In conseguenza di tale frattura tra principio e diritto, e tra questi e la realtà sociale contemporanea, la libertà religiosa costituisce oggi un problema sia di forma che di contenuto: se ne comprende la forza politica del messaggio socializzante, se ne utilizza lo spirito per svilupparne pretese materiali, se ne contestualizza la “sostanza” valoriale per adattarla ai diversi ordinamenti giuridici, se ne sviluppa la capacità penetrativa per radicare gli interessi di potere all’interno della comunità civile - vestendo di dignità le più importanti dichiarazioni dei diritti -, ma ciò nonostante, nel mondo, continua a restare un diritto per pochi, interpretato in maniera scorretta – evanescente sotto il profilo giuridico - e alla portata di nessuno - se lo si considera nel suo reale e complessivo contenuto -, essendo in genere rapportato alla sola dimensione collettiva del fenomeno religioso. Trascurare la prevalenza dell’aspetto individuale del diritto di libertà religiosa – ossia l’inviolabilità della libera formazione ed affermazione della coscienza umana -, significa, infatti, precluderne del tutto il riconoscimento. Perché appartenere ad una maggioranza – anche se può garantire una posizione di comodo -, non rende né felici, né religiosamente liberi, in quanto l’induzione ad assumere determinati comportamenti o ad essere in un determinato modo, non presuppone una libera autodeterminazione dell’individuo, che pertanto vive una religiosità riflessa, costituita dai diritti e dalle qualità – o meglio dai privilegi - attribuiti dallo Stato alle confessioni religiose di maggioranza, e che in nulla rappresentano le concrete esigenze delle credenze individuali e l’effettiva volontà dei soggetti consociati. La felicità dell’uomo – intesa come piena affermazione della sua personalità - presuppone, invece, l’armonioso sviluppo della sua identità culturale e del senso della sua credenza, in una relazione di positiva fusione con i temi costituenti e realizzanti la comunità civile a cui egli appartiene. E l’eguale libertà religiosa ne è certamente un presupposto fondante, un tassello decisivo per il perseguimento del bene più importante, quello della sovrana dignità umana.

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