Rizzo, Domenicantonio (2011) Geist und Drang. Contributi per un'interpretazione unitaria del pensiero scheleriano. [Tesi di dottorato] (Inedito)

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Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: Geist und Drang. Contributi per un'interpretazione unitaria del pensiero scheleriano
Autori:
AutoreEmail
Rizzo, Domenicantoniodomenicantonio.rizzo@libero.it
Data: 22 Novembre 2011
Numero di pagine: 550
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: Filosofia "Antonio Aliotta"
Scuola di dottorato: Scienze filosofiche
Dottorato: Scienze filosofiche
Ciclo di dottorato: 24
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Di Marco, Giuseppe Antonio[non definito]
Tutor:
nomeemail
Ivaldo, Marco[non definito]
Data: 22 Novembre 2011
Numero di pagine: 550
Parole chiave: Scheler, Geist, Drang, Dio in divenire, Antropologia filosofica, Metafisica, Etica materiale dei valori
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 11 - Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche > M-FIL/03 - Filosofia morale
Depositato il: 13 Dic 2011 22:59
Ultima modifica: 30 Apr 2014 19:47
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/8657
DOI: 10.6092/UNINA/FEDOA/8657

Abstract

Il dottorando ha tentato di costruire un discorso coerente intorno all'ultima fase del pensiero scheleriano, ponendo ferma la convinzione che l’utilizzo di strumenti ermeneutici che tendano ad ermetizzare le fasi della speculazione di un filosofo giovino poco alla sua comprensione. Assunta una simile condotta interpretativa, gli si è posto di fronte un complesso problematico, sinteticamente esponibile in questo interrogativo: alla luce degli ultimi lavori contenuti nel Nachlass, è esegeticamente corretto parlare ancora di uno Scheler positivo e cattolico e uno negativo, dualista ed apostata? Ha ancora valore, insomma, la tesi che intende l'ultimo periodo dell'autore secondo la categoria della rottura nei confronti dei precedenti, etichettandolo sbrigativamente come un capovolgimento assurdo e ingiustificato delle posizioni pregresse, anzi una vera e propria «tragedia senza uguali» (Fries). Il porre in discussione una siffatta Vulgata è ciò che ha generato prima e concretato poi il tentativo di giungere a proposte ermeneutiche diverse, tese a conferire continuità alla speculazione scheleriana, confortato in questo dalla precisa affermazione di N. Hartmann che parlò della Wendung dell’amico come il risultato di «intime conseguenze filosofiche». Le ricerche, dapprima più generiche, si sono successivamente addensate sul volume undicesimo e dodicesimo dell'opera postuma, per poi fare ritorno ai saggi del secondo periodo, disaminati attraverso una prospettiva imparziale e con la maggiore acribia possibile. Solo in una terza fase del lavoro il dottorando si è approcciato alla comparazione dei due periodi speculativi, abbozzando una rilettura del secondo alla luce del primo. I risultati sono stati oltremodo soddisfacenti: se, da un lato, è vero che ci si è accertati delle differenze ben rilevate dall'esegesi canonica, dall'altro si è costatato con compiacimento l'emersione di elementi che avvalorano quelle riflessioni sulla continuità, già presenti nel progetto di ricerca, ma in maniera sostanzialmente soltanto intuitiva. Gli esiti sono confluiti nella stesura della tesi, cui si è preferito dare una struttura tematica nei primi due capitoli, che hanno per oggetto lo Scheler fenomenologo, e cronologica nel terzo, che riguarda invece la sua ultima stagione speculativa, di modo che, sulla base di un nesso stringente con i testi, ossia “lasciando parlare” loro stessi secondo una determinata prospettiva, il lettore potesse rilevare in maniera graduale, ma spontanea, quelle che sono state le risultanze della ricerca. Pertanto si è deciso di organizzare il lavoro finale, iniziando proprio dai tratti maggiormente noti del pensiero, l'etica materiale dei valori, nella sua precipuità emozionale, ed il concetto di persona, per poi concludere il primo capitolo con la disamina degli atti di amore-odio e la concezione della persona-amore. In uno schema così tradizionale per la trattazione di Scheler, il dottorando ha lasciato poi trapelare sia quegli elementi che manterranno una marcata costanza sia quelli che possono essere concepiti come embrioni, ovvero componenti che avrebbero potuto evolversi o meno, e che costituiranno successivamente i portanti dell'ultima stagione speculativa. Il dottorando ha riservato il secondo capitolo all'analisi della fenomenologia e della religione, affidando la loro trattazione al medesimo schema metodologico descritto: avviare il discorso da aspetti noti e incontestabili e, attraverso un'attinenza stringente ai testi, convogliare progressivamente il lettore verso conclusioni innovative e inconsuete. Per quel che riguarda la fenomenologia, si è esplorato la concezione fenomenologica nei suoi tratti generalissimi, enucleando la (già testata dalla critica) diversità con l'Einstellung husserliana, così da preparare il terreno all'esame dei due concetti di riduzione. Dalla loro comparazione si è dovuto concludere che, qualora, così com'è, il reale assuma quella prevalenza crescente che si è palesato, la seconda concezione di riduzione deve essere reputata come una necessaria conseguenza del procedimento di risoluzione delle contraddizioni presenti nella prima. È dunque il Realsein che prende piede e lo spazio, che crescentemente gli accorda l'autore, deriva da quegli stessi embrioni teorici che si è detto, dapprima quiescenti e poi, nel loro sviluppo, tanto impetuosi da ergersi a cardini speculativi, tanto insomma da giungere a possedere la potenza di intronizzare il reale, nel suo essere inteso come Drang, a uno degli attributi del divino. Per l'analisi di questo processo, il dottorando ha dovuto indagare necessariamente l'ambito religioso. L'angolazione prospettica con cui lo si è fatto è stata quella di chi cerchi di individuare le ragioni teoretiche che hanno condotto un autore, che con i suoi Konformitätssystem e fenomenologia della fede era considerato il riferimento della filosofia cristiana della propria epoca, ad un abbandono del teismo. Il dottorando ha mostrato, dunque, come i prodromi per quest'ultimo fossero insiti in tratti, neanche poi così marginali, presenti nella sua speculazione religiosa. Il terzo capitolo è fondamentalmente una disamina della metafisica e dell'antropologia dell'ultimo Scheler. Pensato come più breve rispetto ai precedenti, in quanto fruitore delle loro conclusioni, non solo si concentra sulla genesi dei saggi editi dello “Scheler apostata”, rivelando come a causa della loro occasionalità e frammentarietà sia scorretto esegeticamente (ma così per lo più è stato fatto, anche a causa della tardiva pubblicazione completa del Nachlass) procedere ad una ricostruzione della totalità del pensiero solo a partire da essi (e pertanto senza tenere in considerazione dell'intero patrimonio postumo), ma pone anche in atto la comparazione con le opere della fase precedente, esibendo la linea di sviluppo. L'idea è quella di lasciare sfaldare, tramite una virtuale sinossi testuale, la tesi della rottura: assaltarla non dal nucleo, ma dalla periferia, e ostentarne l'inconsistenza pagina per pagina, riga per riga, palesando le contraddizioni rispetto alla lettera dei testi scheleriani. In questa prospettiva, si è preso in esame tale tesi nelle sue diverse declinazioni, concentrandosi in particolar modo su quanto sostenuto da D. von Hildebrand e Fries. In secondo luogo, si è analizzato in che modo essa si sia imposta in Italia e più in generale nel contesto europeo, e quali conseguenze abbia avuto sull'interpretazione scheleriana. Si è quindi mostrato come una rilettura dell'ultimo Scheler in chiave unitaria non solo fosse possibile, ma anche necessaria. Il dottorando ha infine discusso nelle conclusioni la propria visione, secondo cui, non essendo corretto costringere Scheler in gabbie cronologiche, si deve intendere la fase finale dell'autore come il notevole tentativo di risolvere le contraddizioni presenti nel pensiero precedente, contraddizioni che la riflessione sul reale e sul male aveva lasciato emergere. Concezioni come quelle del Dio in divenire, dell'impotenza dello spirito, della compenetrazione di Geist e Drang costituirebbero quindi non i presupposti di un pensiero panteista, dualista, anti-cristiano, ma la concrezione in ambito teoretico dell'estremo sforzo dell'autore di rinnovamento del pensiero cristiano stesso. In sintesi, secondo il dottorando, l'ultimo Scheler conserverebbe pertanto le proprie categorie di speculazione radicalmente cristiane, riformandole attraverso una metafisica “genuinamente eretica”, che rinvia a figure fondamentali della Cristianità, in primo luogo a Francesco d'Assisi e Agostino d'Ippona, con l'intento di attualizzare il Cristianesimo e renderlo capace di fornire risposte alle istanze dell'uomo contemporaneo.

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