Rettura, Barbara (2011) Modello analogico di meccanismi eruttivi. [Tesi di dottorato] (Inedito)

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Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: Modello analogico di meccanismi eruttivi
Autori:
AutoreEmail
Rettura, Barbarabarbararettura@yahoo.it
Data: 30 Novembre 2011
Numero di pagine: 132
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: Scienze della Terra
Scuola di dottorato: Scienze della Terra
Dottorato: Scienze della Terra
Ciclo di dottorato: 24
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Boni, Mariaboni@unina.it
Tutor:
nomeemail
Luongo, Giuseppeluongius@unina.it
Scarpati, Claudiocscarpat@unina.it
Data: 30 Novembre 2011
Numero di pagine: 132
Parole chiave: modello analogico; caldera; Campi Flegrei
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 04 - Scienze della terra > GEO/10 - Geofisica della terra solida
Depositato il: 06 Dic 2011 08:36
Ultima modifica: 30 Apr 2014 19:48
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/8766
DOI: 10.6092/UNINA/FEDOA/8766

Abstract

Negli ultimi decenni gli studi vulcanologici sono stati concentrati sulle grandi eruzioni esplosive a cui sono associati collassi calderici. Un accurato rilevamento per l’individuazione dei limiti strutturali, l’analisi delle successioni stratigrafiche dei prodotti affioranti, della loro distribuzione a grande e piccola scala e dei meccanismi deposizionali, consentono di ricostruire sia la successione degli eventi che le diverse tipologie di eruzioni. L’acquisizione dei dati di campo permette la definizione di alcuni vincoli necessari alla corretta interpretazione di tali fenomeni tra cui: lo studio del meccanismo di risalita dei magmi, della geometria della sorgente e dei campi di sforzi generati da tali processi. Lo studio del meccanismo di formazione di una caldera è stato, quindi, prevalentemente affrontato utilizzando metodologie e conoscenze proprie della geologia, della geofisica, della vulcanologia, della magmatologia, della petrografia che tuttavia mostrano ancora elementi di ambiguità causati dalla complessità dei meccanismi che generano una struttura calderica. In questo lavoro sono stati studiati i Campi Flegrei, sulla cui formazione ed evoluzione il dibattito scientifico è attivo da lungo tempo, allo scopo di apportare nuovi dati per la comprensione delle complesse fasi del processo di calderizzazione. L’area in esame è un sistema vulcanico caratterizzato dalla presenza di due caldere annidate associate alle eruzioni dell’Ignimbrite Campana e del Tufo Giallo Napoletano, e da diversi centri monogenici. L’area è stata, altresì, sede del fenomeno di risorgenza ed è, anche, nota per l’attività bradisismica caratterizzata da processi di subsidenza intervallati da rapidi sollevamenti. Questo lavoro di tesi è stato focalizzato allo studio del processo di formazione della caldera dei Campi Flegrei, attraverso l’utilizzo di modelli analogici. Sono stati realizzati più modelli analogici utilizzando gelatina e soluzioni di gum rosin e acetone (GRA) in diverse condizioni fisiche, spessore degli strati e diverse sorgenti di deformazione, rappresentanti il comportamento del magma, modellando i processi deformativi superficiali, la formazione di fratture e apertura di bocche eruttive, la formazione di flussi lenti e duomi, con lo scopo di fornire un quadro del succedersi dei fenomeni associati alla risalita o ad un aumento della pressione magmatica fino alle manifestazioni superficiali. La modellizzazione analogica è una procedura che ha come scopo la riproduzione dei processi naturali a scala di laboratorio, tramite l’utilizzo di materiali “simili” ai corrispondenti naturali. Un modello analogico è efficace se ben vincolato da parametri geometrici (es. numero e spessore degli strati) e fisici (es. densità, viscosità, parametri elastici etc.). La gelatina è un materiale derivante dall’idrolisi parziale del collagene, si presenta come un solido chiaro e trasparente, con comportamento viscoelastico per temperature superiori ai 7°C e fragile per temperature poco inferiori 5°C. Il gum rosin è una sostanza organica amorfa a temperatura ambiente derivante diverse varietà di pino del Nord America e dell’Europa, la viscosità del mezzo è condizionata dalla temperatura e varia di cinque ordini di grandezza passando da ~10^2 Pas ad 80°C a ~10^7 Pas a 40°C, la dissoluzione di una piccola quantità dei più comuni solventi organici converte il rosin in un fluido Newtoniano. Le fasi sperimentali hanno permesso di misurare le deformazioni iniziali dell’overburden soggetto alla risalita del magma, osservare lo sviluppo di fratture sia tripartite dal centro di spinta che ad emiciclo, ed il recupero della deformazione con l’azzeramento della sorgente di spinta. Le tipologie e l’evoluzione delle fratture sono condizionate dalla velocità d’incremento della pressione della sorgente. Il confronto dei dati di laboratorio con quelli di campo, noti in letteratura, ha consentito una ricostruzione del processo evolutivo della formazione della caldera dell’Ignimibrite Campana. Il processo di fatturazione dell’overburden inizia con la formazione di una frattura semicircolare, causata da una rapida risalita del magma, attraverso la quale giunge in superficie. L’incipit dell’intero fenomeno interesserebbe la parte orientale della città di Napoli, come suggerito dai dati di campo. La formazione di questa struttura unitamente alla crescente viscosità del magma ed alla conseguente riduzione di velocità di risalita condizionano i processi successivi generando una frattura che si propaga verso occidente, dove si concentrano gli sforzi generati dal magma in risalita e si genera una frattura tripartita. La depressurizzazione del magma, in seguito alla formazione del sistema di fratture a tre rami, genera un’eruzione di elevata energia con la deposizione dell’Ignimbrite. La diminuzione di pressione nella sorgente magmatica e l’azione erosiva del magma espulso, determineranno la formazione della caldera

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