Corvigno, Valentina (2013) Terremoto e ricostruzioni in Irpinia. [Tesi di dottorato]

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TERREMOTO E RICOSTRUZIONI IN IRPINIA.pdf

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Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: Terremoto e ricostruzioni in Irpinia
Autori:
AutoreEmail
Corvigno, Valentinavalentinacorvigno@gmail.com
Data: 2013
Numero di pagine: 283
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: Architettura
Scuola di dottorato: Architettura
Dottorato: Storia e conservazione dei beni architettonici e del paesaggio
Ciclo di dottorato: 25
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Aveta, Aldo[non definito]
Tutor:
nomeemail
Casiello, Stella[non definito]
Pane, Andrea[non definito]
Data: 2013
Numero di pagine: 283
Parole chiave: recupero, centri storici, irpinia, restauro
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 08 - Ingegneria civile e Architettura > ICAR/19 - Restauro
Depositato il: 12 Apr 2013 10:12
Ultima modifica: 15 Lug 2015 01:00
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/9347

Abstract

Le catastrofi naturali come i terremoti sono le forze che maggiormente si oppongono al lento scorrere della storia garante dell’identità culturale di un territorio e, indagando ogni luogo, si ritrovano i segni causati da sismi, inondazioni, frane e il tentativo dell’uomo di ristabilire la propria supremazia sulla forza naturale ricostruendo il proprio habitat. Ogni epoca l’ha fatto a proprio modo e con propri mezzi. Le delocalizzazioni di abitati così come le ricostruzioni in sito sono avvenute sempre nel corso dei secoli e le motivazioni della scelta sono dovute a contingenze culturali, politiche o economiche, o a evoluzioni della scienza delle costruzioni e dei materiali: questo produce un’inevitabile frattura nella concezione dell’architettura e nel rapporto tra questa e l’esistente, riscontrabile nel disegno e nell’organizzazione delle città. È il caso dei terremoti del XX secolo, in Italia: le delocalizzazioni dei centri siciliani dopo il terremoto del Belice, motivate anche dalla volontà di sperimentare la nuova urbanistica, le ricostruzione in sito dove era, come era, in Friuli. Ed è anche il caso delle ricostruzioni post-terremoto in Irpinia, oggetto del presente studio che si pone come obiettivo generale l’analisi dello stato attuale dei centri storici minori, ricadenti nell’area del cratere sismico, dove maggiori furono i danni agli aggregati edilizi. La scelta dell’ambito territoriale d’indagine è stata fatta valutando le similitudini di centri dell’Appennino meridionale, geograficamente e storicamente interconnessi, con radici nel mondo sannita e romano, formazione medievale pressoché completa e sviluppo omogeneo nel tempo fino alla fine del XIX sec., da cui un progressivo declino fino agli anni 60 del XX sec. Gli avvenimenti storici benché restituissero paesi semiabbandonati permisero la persistenza di caratteri distintivi figurativi, tipologici e costruttivi, lasciando leggere nella stratificazione l’identità culturale del luogo. Il terremoto rappresenta la battuta d'arresto, l'anno zero da cui inizia una nuova storia riformatrice del disegno di ognuno dei paesi scelti come casi studio per la loro esemplarità rispetto al modo di affrontare la ricostruzione. La legge 219/81, post-terremoto, offre il piano di recupero come strumento di intervento e con questo ogni centro affronta la ricostruzione in maniera diversa. La ricerca indaga, attraverso il reperimento degli elaborati di piano, quali furono i principi ispiratori dei piani, se e dove tali principi furono rispettati, l’iter e le modalità di intervento e i risultati, oggi, riscontrabili. Lo studio si è svolto, maggiormente, come indagine sul campo, declinatosi nella ricerca dei documenti di P.d.R., nel confronto tra questi, nella sovrapposizione degli elaborati così da sintetizzare le differenze tra le diverse stesure dello stesso, analizzandole in base alle motivazioni che le hanno causate, infine confrontandole, attraverso rilievi fotografici, con la situazione attuale. Nell’approcciarsi alla lettura degli strumenti urbanistici è stato necessario il confronto con gli elementi culturali e tecnici a disposizione in quegli anni, dalle precedenti esperienze, Belice e Friuli, procedendo a visite ai luoghi interessati (Poggioreale, Gibellina, Salaparuta e Salemi in Belice, Gemona e Venzone in Friuli), ai dibattiti sulla materia specifica della tutela dei centri storici svoltisi fino ad allora nell’ambito della cultura del restauro, fino a quelli scaturiti all’indomani della catastrofe stessa e che determinarono spesso la scelta riguardo la ricostruzione in sito o la delocalizzazione. La maggiore difficoltà riscontrata è stata il reperimento degli elaborati e la ricostruzione dell’iter del piano che subì, ovunque, numerose varianti, ma al contempo molto interessante è stato il confronto diretto con gli uffici tecnici locali, preziosa memoria storica dell’accaduto. La ricerca svolta, senza pretesa di essere esaustiva, rappresenta, oggi, un primo approccio sistematico ed una prima lettura storica e critica di ciò che in trenta anni è avvenuto in Irpinia. La ricerca e lo studio dei piani attraverso i quali si è svolta la ricostruzione, il rilievo dello stato di fatto ed il confronto tra questi restituiscono, nell’ambito ancora ristretto dei casi studio, un abaco di pratiche, buone e cattive, che rappresentano il bagaglio culturale formativo della storia di questi paesi e di quell’esperienza che dovrebbe essere base per i successivi approcci di conservazione dei centri storici ma anche di intervento e prevenzione. Lo studio, che andrà necessariamente allargato agli altri comuni irpini, inizia a fornire un quadro più approfondito dal quale è necessario ripartire per valutare perdite o arricchimenti dei centri, ricomputandone, ove fosse necessario, i valori posseduti, al fine di procedere alla conservazione dei singoli aggregati e dell’insieme paesaggistico dato dal sistema dei “paesi-presepe” e dal territorio di cui sono parte e al quale sono inscindibilmente legati nell’ottica di un progetto di pianificazione e conservazione più ampio.

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