Fiore, Antonio (2012) La strutturazione del fenomeno camorrista nelle fonti della polizia borbonica, 1840-1860. [Tesi di dottorato]

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Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: La strutturazione del fenomeno camorrista nelle fonti della polizia borbonica, 1840-1860
Autori:
AutoreEmail
Fiore, Antonioanto.fiore83@gmail.com
Data: 13 Aprile 2012
Numero di pagine: 508
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: Studi Umanistici
Scuola di dottorato: Scienze storiche, archeologiche e storico-artistiche
Dottorato: Storia
Ciclo di dottorato: 24
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Rao, Anna Mariaannamaria.rao@unina.it
Tutor:
nomeemail
Marmo, Marcellamarcellamarmo@libero.it
Data: 13 Aprile 2012
Numero di pagine: 508
Parole chiave: camorra; polizia; Napoli; 1848; carceri Due Sicilie
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 11 - Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche > M-STO/04 - Storia contemporanea
Depositato il: 09 Apr 2013 07:39
Ultima modifica: 22 Apr 2016 01:00
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/9366

Abstract

Nei precedenti filoni di studio sulla criminalità e sull’istituzione di polizia era rimasto sostanzialmente escluso l’Ottocento borbonico. Nella ricerca da me approntata si è cercato di colmare, almeno in parte, il ritardo accumulato dalla storiografia su questi importanti campi, in particolare per quanto riguarda precipuamente la prima associazione a delinquere di stampo mafioso aggregatasi in Italia: la camorra. Il punto di osservazione di questo atipico fenomeno criminale è avvenuto principalmente attraverso lo sguardo del suo immediato antagonista sul campo, e cioè la polizia borbonica, con la quale peraltro i camorristi sviluppavano cogestione dell’ordine pubblico nella città densa di delinquenza e pratiche illecite: fenomeno in buona parte sommerso ma a tratti emergente nelle fonti. La consultazione del fondo di polizia giudiziaria ha permesso da una parte di esaminare molti interessanti casi di matrice camorrista, e dall’altra di cogliere e analizzare il concreto funzionamento dell’istituzione di polizia, sulla quale, almeno dagli anni Cinquanta dell’Ottocento, continua ad aleggiare una consolidata leggenda nera che è parte integrante, e per certi versi preponderante, del più generale mito del malgoverno borbonico. In questa documentazione si riscontra fin da subito una precisa percezione della camorra da parte delle autorità di polizia, che tendono a distinguerla dalle estorsioni più casuali ricorrenti. I casi registrati dall’istituzione si concentrano per l’intero arco degli anni Quaranta soprattutto sugli originari ambiti del gioco e del carcere, con qualche rilevazione sul mercato della prostituzione nella seconda metà del decennio, mentre nel corso dei successivi anni Cinquanta si rivela una camorra operante su molteplici aree: dai vari mercati di alimenti, al facchinaggio, fino agli orefici e al contrabbando. Intanto durante il Quarantotto viene rilevata un’attiva partecipazione di alcuni camorristi allo scontro politico, che provocherà da una parte una spaccatura evidente (con conseguente contrapposizione) tra una camorra filorealista ed una liberale, e dall’altra una maggiore attenzione delle autorità di polizia verso questo particolare gruppo criminale. Di qui le informazioni più articolate ricorrenti negli anni Cinquanta, quando le difficoltà borboniche nel controllo politico della rivendicazione costituzionale si manifestano anche nell’effervescente insubordinazione camorrista nelle carceri e in alcuni significativi disordini contrattati all’interno di una rete attiva fin dal 1848 tra alcuni camorristi e alcuni liberali. Infine, con il crollo dello Stato borbonico, analogamente a quanto avvenuto poi con il Quarantotto, la camorra approfitta della congiuntura di unificazione per espandere a dismisura i propri circuiti economici, principalmente attraverso la ben nota cooptazione nella Guardia cittadina di Liborio Romano, che permise un’espansione straordinaria del contrabbando e aprirà quindi però la strada di lì a poco alla grande repressione guidata da Silvio Spaventa, dopo quelle del periodo borbonico condotte nell’ordine da Gaetano Peccheneda nel postquarantotto e da Luigi Aiossa tra la fine del 1859 e il 1860.

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