Piazza, Gioacchino (2013) IL RESTAURO DEI CASTELLI IN SICILIA TRA XIX E XX SECOLO Orientamenti culturali e prassi in tre casi studio. [Tesi di dottorato]

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Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: IL RESTAURO DEI CASTELLI IN SICILIA TRA XIX E XX SECOLO Orientamenti culturali e prassi in tre casi studio
Autori:
AutoreEmail
Piazza, Gioacchinopiazza_gioacchino@libero.it
Data: 2 Aprile 2013
Numero di pagine: 244
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: Architettura
Scuola di dottorato: Architettura
Dottorato: Storia e conservazione dei beni architettonici e del paesaggio
Ciclo di dottorato: 25
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Aveta, Aldoaldaveta@unina.it
Tutor:
nomeemail
Scaduto, Rosariorosarioscaduto@alice.it
Data: 2 Aprile 2013
Numero di pagine: 244
Parole chiave: Restauro Castelli Sicilia
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 08 - Ingegneria civile e Architettura > ICAR/19 - Restauro
Depositato il: 12 Apr 2013 10:13
Ultima modifica: 15 Lug 2015 01:00
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/9428

Abstract

Il patrimonio castellano in Sicilia vanta oltre trecento manufatti che afferiscono principalmente a tre tipologie: bizantino-araba, evoluzione del castrum su cui si innesta il tipo normanno; federiciana, modulata su criteri compositivi; aragonese, in spiccato rapporto col territorio. Abbandonati o variamente reimpiegati in Età Moderna, essi vanno incontro, dalla seconda metà dell’Ottocento ad oggi, ad una riscoperta che avvia, sulla secolare stratificazione, significativi ma poco studiati interventi. Pertanto l’obiettivo della tesi è contribuire alla conoscenza dei restauri del patrimonio castellano in Sicilia, eseguiti fra la seconda metà dell’Ottocento e la fine del Novecento. Attraverso la valutazione di istanze e orientamenti culturali, prassi operativa, linee d’intervento, cultura del Restauro, si è suddiviso l’arco temporale della ricerca in ambiti storico-culturali caratterizzati da coordinate concettuali e operative utili ad individuare alcuni interventi-tipo e studiare approfonditamente, tra questi, i più significativi o emblematici. L’analisi del singolo esempio, fondata su indagine d’archivio bibliografia e sopralluoghi, valuta: a) contesto culturale, committenza e architetto; b) la complessa decodifica dello stato di fatto, spesso non attestato, tramite l’analisi delle fonti storiche, iconografiche, bibliografiche, e archivistiche; c) restauro, inteso come approccio operativo, rapporto con le stratificazioni, esiti dell’intervento. La ricerca individua un primo ambito storico-culturale nel secondo Ottocento. In un clima di Gothic revival e ripristino dell’architettura normanna, l’aristocrazia locale avvia il restauro dei castelli di famiglia e li trasforma in residenze, al fine di celebrare il casato ed evocare il medioevo normanno. L’operazione, non sempre priva di riferimenti colti, modifica il volto del manufatto. Il restauro (1872-80) dalle “opere avanzate” del castello di Erice, di fondazione classica, diretto dal conte A. Pepoli (1848-1910) esemplifica il fenomeno riscontrato: riconoscimento del monumento, istanza autocelebrativa, corrispondenza di committente e architetto, ripristino del manufatto, progettazione di giardino pittoresco e dependance eclettica. Un secondo ambito, caratterizzato dai primi studi castellologici e da nuove scientifiche e conservative posizioni della cultura nazionale del Restauro, si individua nel primo Novecento. La giovanissima soprintendenza guida con interesse le prime indagini ed operazioni di consolidamento e liberazione, scongiurando demolizioni e usi incongrui. Un particolare intervento, condotto sul castello aragonese a Mussomeli (1909-11) da E. Armò (1867-1924), che aderisce a nuovi approcci conservativi, è volto al solo restauro del monumento senza contemplarne un riuso. Il rudere è approfonditamente indagato, documentato, consolidato e integrato, in linea con le normative nazionali. Fra rari casi significativi vanno ricordati il ripristino (dal 1932) del catanese Castello Ursino, destinato a museo e supervisionato da F. Valenti (1868-1953), e il restauro dei ruderi di Acicastello (dal 1940) diretto da P. Gazzola (1908-79) che anticipa nuove tendenze. Il terzo ambito prende corpo nella seconda metà del Novecento, contrassegnato dall’avvio della castellologia siciliana, da numerosi interventi e da alcune problematiche: la presenza del demanio militare, la rinnovata fruizione del bene, la ricerca di congrue destinazioni d’uso. I restauri, in mutevole contatto col dibattito disciplinare, attestano varie tendenze, dalla selezione critica dei valori, alla demolizione, fino alla conservazione allo stato di rudere. L’intervento nel federiciano Castel Maniace a Siracusa, pianificato da G. Giaccone nel 1951, riproposto e avviato da G. De Angelis d’Ossat nel 1977 attraversa il passaggio fra diversi indirizzi e conferma dette problematiche. Alla luce della ricerca si può affermare che nell’età contemporanea si assiste ad una nuova fase della storia del castello, in cui il Restauro è un decisivo protagonista e riveste un ruolo determinate nella gestione, conservazione e rifunzionalizzazione della stratificata architettura. Nell’attuale panorama degli studi castellologici siciliani, l’indagine illustra un momento decisivo, tuttavia non sufficientemente sondato, ovvero la stagione dei restauri condotti con nuove consapevolezze ed obiettivi di salvaguardia, dall’indubbio riflesso sul volto storicizzato del patrimonio castellano isolano. Senza pretendere di essere esaustivo, lo studio conduce una prima lettura storico-critica del dato, ne individua ambiti e sviluppi, offre un quadro generale di riferimento e fornisce un indirizzo sistematico per ulteriori indispensabili indagini del vasto soggetto. Inoltre, alla luce delle attuali criticità e potenzialità, si propone come base per un futuro programma strutturato di conoscenza, volto alla conservazione valorizzata di uno specifico, problematico e alquanto sostenibile patrimonio culturale e territoriale.

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