Guadagno, Florinda (2014) Studi su Erodoro di Eraclea Pontica. [Tesi di dottorato]

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Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: Studi su Erodoro di Eraclea Pontica
Autori:
AutoreEmail
Guadagno, Florindaflorindaguadagno@yahoo.it
Data: 31 Marzo 2014
Numero di pagine: 338
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: Studi Umanistici
Scuola di dottorato: Scienze storiche, archeologiche e storico-artistiche
Dottorato: Storia
Ciclo di dottorato: 26
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Rao, Anna Mariaannamaria.rao@unina.it
Tutor:
nomeemail
Breglia, Luisa[non definito]
Tortorelli Ghidini, Marisa[non definito]
Data: 31 Marzo 2014
Numero di pagine: 338
Parole chiave: Erodoro; Eracle; Argonautiche; Pitagorismo; Orfismo; Eraclea Pontica
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 10 - Scienze dell'antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche > L-ANT/02 - Storia greca
Depositato il: 09 Apr 2014 13:26
Ultima modifica: 26 Mag 2017 01:00
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/9974

Abstract

L’elaborato è incentrato sulla figura di Erodoro di Eraclea Pontica e sulla sua produzione letteraria. Dal momento che la biografia dell’Eracleota si riduce alle informazioni che possediamo sulla sua città natia e su una sommaria cronologia che colloca l’acme del mitografo sullo scorcio del V secolo a.C., l'attenzione è stata rivolta principalmente alla sua attività letteraria. Considerata la scarsa attenzione che allo scrittore eracleota è stata dedicata dagli studi sia antichi che recenti, la ricerca è basata essenzialmente sull’analisi dei frammenti di Erodoro, raccolti da Karl e Theodor Müller, da Felix Jacoby e da Robert Louis Fowler. Il progetto è articolato in tre parti. Nella prima, oltre alle scarne notizie biografiche e ad una sezione relativa alla patria di Erodoro, sono presentate le opere e discusse le problematiche connesse alla loro trasmissione. Delle opere attribuite dalle testimonianze antiche all'Eracleota soltanto la monografia su Eracle, in almeno diciassette libri, conosciuta come ὁ καθ' Ἡρακλέα λόγος o semplicemente καθ' Ἡρακλέα, non pone alcun problema sia per quanto riguarda la genesi sia per quanto riguarda l’attribuzione. Delle altre (Ἀργοναυτικά/Ἀργοναῦται, Ὀρφέως καὶ Μουσαίου ἱστορία, Πελοπεία, Οἰδίπους) si discute la possibilità, prospettata da alcuni studiosi, di non considerarle opere autonome ma digressioni inserite all'interno del Su Eracle. Si è tentato poi di delineare le modalità attraverso cui l’opera di Erodoro è stata trasmessa, arrivando a individuare nell'erudizione mitografica alessandrina e in particolare nel ‘circolo cirenaico’ (Callimaco e i cirenaici Lisania, Filostefano e Agreta), attivo ad Alessandria, il probabile contesto per l'utilizzo e la diffusione dell'opera erodorea. Sono stati poi discussi i rapporti tra Erodoro e scrittori sia precedenti (soprattutto Ferecide ed Ellanico), sia successivi (soprattutto Diodoro, Plutarco, Pseudo-Apollodoro). La seconda parte è dedicata all’approfondimento di ogni singola opera di Erodoro. Particolare attenzione è stata rivolta al καθ' Ἡρακλέα λόγος. Dopo aver tentato di ricostruire la struttura dell'opera, sono state evidenziate le caratteristiche pregnanti: lettura in chiave razionalizzante e allegorica del patrimonio mitico, espedienti che avvicinano l’opera erodorea alla logografia ionica e all’ambiente sofistico; delineazione di una nuova immagine di Eracle che se da un lato è assimilabile a quella offerta da Antistene e da Prodico dall'altro ci riconduce all'ambiente pitagorico al quale è ascrivibile la formazione di quella tradizione atta a presentare Eracle come eroe morale e civilizzatore; presenza della tradizione locale visibile sia nella stessa scelta della saga mitica sia nella valorizzazione di particolari episodi ambientati ad Eraclea sia infine nella coloritura leggermente beotica che emerge della figura dell'Eracle erodoreo; utilizzo del mito che, seppur ancora fortemente presente, viene usato per veicolare specifiche teorie etiche e ‘scientifiche’; difficoltà riscontrate nella definizione di un genere letterario preciso al quale ascrivere l’opera dal momento che le varie tipologie di informazioni fornite (geografiche, zoologiche, astronomiche, naturalistiche, cronologiche), spesso sotto forma di excursus, conferiscono all'opera una dimensione enciclopedica, estranea alla letteratura propriamente genealogica e mitologica. Se l’interpretazione allegorica e l’esegesi razionalistica sono tra gli aspetti che maggiormente hanno attirato l'attenzione degli studiosi, l'interesse di Erodoro verso ambiti più specificatamente ‘scientifici’, che in taluni casi si allinea con credenze e dottrine diffuse in ambito orfico e pitagorico, non è mai stato adeguatamente preso in considerazione. La presenza di tradizioni orfiche ad Eraclea può esser riportata all’ambiente locale e a tradizioni cultuali, considerata anche la vicinanza di Eraclea alla città di Olbia Pontica dove è attestata una comunità di Orfici. L'analisi dei frammenti ha dimostrato inoltre che appaiono in essi affinità con tradizioni anche scritte, in particolare con concezioni presenti nel papiro di Derveni e in una tavoletta d'osso proveniente da Berezan. Più difficile il problema del Pitagorismo: al ruolo essenziale svolto sia da tradizioni sviluppate in loco e nella zona della Tracia e della Propontide sia da altre riconducibili alla Beozia, madrepatria di Eraclea Pontica, toccata dal Pitagorismo fin dai tempi della giovinezza di Epaminonda, è stata affiancata la mediazione di una figura, quale quella di Democrito di Abdera, che non soltanto condivide con Erodoro alcune speculazioni relative a teorie scientifiche sviluppate in ambito ionico e anassagoreo, ma appare nella tradizione particolarmente legato all'ambiente pitagorico. Dell’opera dedicata alla saga argonautica sono stati evidenziati alcuni aspetti che fanno escludere che le Argonautiche possano essere considerate un excursus del Su Eracle: l'assenza di quegli espedienti privilegiati nell'esegesi del mito relativo ad Eracle (interpretazione allegorica e razionalistica) e la preferenza accordata ad alcune versioni del mito (quali ad esempio la localizzazione dell’Ingresso agli Inferi presso Eraclea, l’episodio di Orfeo e le Sirene, la mancata partecipazione di Eracle all’impresa argonautica) istituiscono un forte legame tra l’opera erodorea e la saga argonautica più arcaica, i cui relitti sono confluiti sia nei Canti Naupatti sia nelle Argonautiche di Apollonio Rodio. Infine, sono state discusse le caratteristiche principali della Ricerca su Orfeo e Museo e della Storia di Pelope. Di quest’ultima opera è stata esclusa la possibilità di considerarla un excursus del Su Eracle, ipotesi che invece non appare del tutto inverosimile per quanto riguarda l’opera su Orfeo e Museo. La terza e ultima parte è dedicata alla traduzione, all'analisi e al commento dei frammenti tratti dal Su Eracle (tranne F 31 che appartiene verosimilmente alle Argonautiche). Dell’opera erodorea sono stati selezionati e analizzati quei frammenti nei quali più visibili sono le peculiari caratteristiche dell’opera: esegesi storico-razionalistica e interpretazione allegorica (FF 4, 13, 14, 20, 21, 22, 28, 30), consonanza con dottrine pitagoriche e orfiche da un lato e concezioni di ambiente ionico e anassagoreo dall’altro (FF 1, 19, 20, 21, 22, 58), predilezione per versioni beotiche del mito di Eracle (FF 13, 17, 18, 20). Erodoro si è presentato, dunque, non solamente come uno storico locale interessato ai miti ‘identitari’ della sua città e incline a inserire Eraclea nelle vicende della Grecia tutta, introducendo la città nella saga di Eracle e in quella argonautica apportando modifiche nelle versioni tradizionali del mito, ma studioso attento alla rilettura in chiave razionalistica e ‘pitagorizzante’ delle vicende di Eracle, attuata attraverso interpretazioni etiche di tipo ‘antistenico’, innovate con la conoscenza di tradizioni pitagoriche e nello specifico filolaiche. Considerati i molteplici spunti di riflessione e le caratteristiche di un’opera quale fu appunto quella erodorea perfettamente inserita nella temperie culturale della sua epoca, della quale recepisce e rielabora gli influssi più originali e innovatori, conveniamo con Jacoby quando, ormai un secolo fa, aveva già evidenziato che «eine Monographie über Herodoros wäre nicht unnütz» (1912, 987).

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