Bruno, Delia Evelina (2006) Analisi della franosità e dei suoi rapporti con il weathering in aree-campione del Massiccio Silano (Calabria). [Tesi di dottorato] (Inedito)

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Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: Analisi della franosità e dei suoi rapporti con il weathering in aree-campione del Massiccio Silano (Calabria)
Autori:
AutoreEmail
Bruno, Delia Evelina[non definito]
Data: 2006
Tipo di data: Pubblicazione
Numero di pagine: 213
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: Geologia applicata
Dottorato: Scienze della Terra
Ciclo di dottorato: 18
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Ciampo, Giuliano[non definito]
Tutor:
nomeemail
Calcaterra, Domenico[non definito]
Data: 2006
Numero di pagine: 213
Parole chiave: Debris-flow, Weathering, Conoidi
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 04 - Scienze della terra > GEO/05 - Geologia applicata
Depositato il: 30 Lug 2008
Ultima modifica: 30 Apr 2014 19:24
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/1041
DOI: 10.6092/UNINA/FEDOA/1041

Abstract

E’ da tempo nota l’incidenza che il disfacimento chimico-fisico delle rocce ha sulla stabilità dei versanti e quindi sulla franosità. La formazione di coltri di weathering, più o meno spesse, predispone infatti il territorio a fenomeni gravitativi e di dilavamento. Molte aree del nostro pianeta sono caratterizzate da pericolosità da frana in litotipi alterati. La Calabria è una delle regioni italiane in cui il rischio da frana, in corrispondenza di rocce cristalline con una sequenza di stadi a diverso grado di alterazione, è particolarmente elevato. Partendo da alcuni riferimenti bibliografici (Cascini, 1986; Cascini et al., 1988, 1990, 1991a, 1991b, 1992a, 1992b; Cascini & Gullà, 1993; Critelli, 1988a, 1988b; Critelli et al., 1991; Critelli & Le Pera, 1991, 1999; Calcaterra et al., 1993, 1995, 1996, 2001, 2004, 2005), è stata individuata la prima e più grande area di studio del presente progetto: il medio bacino del F. Mucone. Successivamente si è esaminato anche il settore centrale del bacino del T. Ilice (Frega et al., 1976; Caloiero et al., 1977; Mercuri & Merenda, 1981), localizzato, come il precedente, sul versante occidentale del Massiccio della Sila e limitrofo al primo bacino. Lo studio si è sviluppato a partire da un’attenta indagine bibliografica seguita dalla caratterizzazione geologico-geomorfologica dei siti d’indagine. Ricordando che il progetto è finalizzato alla definizione delle relazioni esistenti tra processi di degradazione fisico-chimica ed evoluzione geomorfologica, l’approccio metodologico è stato multidisciplinare. Sono stati considerati, quindi, aspetti geologici, geomorfologici, sedimentologici, stratigrafici, idrogeologici e dendrogeomorfologici dei siti d’indagine. Sono state effettuate prove sia in laboratorio (fotointerpretazione, analisi sedimentologiche e dendrogeomorfologiche) che in situ. Per questo settore sono state elaborate una Carta geomorfologica e quattro Carte di suscettibilità alle frane. Per ottenere queste ultime si è applicato un modello su base fisica (SINMAP) che ha consentito di valutare la propensione a franare. E’ sembrato, inoltre, interessante considerare anche le conoidi formate da alcuni tributari del F. Mucone; questi corpi deposizionali, come noto, possono fornire notevoli informazioni sui fenomeni che si verificano all’interno dei sottobacini corrispondenti. Lo studio sulle conoidi è iniziato con indagini fotointerpretative che hanno consentito di ricostruire la loro evoluzione dinamica in un intervallo temporale compreso tra il 1955 ed il 2005. Sono state anche eseguite misure morfometriche confrontate con osservazioni in campagna. Allo scopo di ottenere ulteriori elementi sulla dinamica delle conoidi, si è, infine, proceduto all’analisi della vegetazione presente su di esse. In seguito, in un’area campione, sono state redatte una Carta del weathering, tre Carte dell’uso del suolo ed una Carta della relativa dinamica. Nel bacino del T. Ilice si è verificata, nel 1996, un’importante frana che ha causato notevoli danni alle infrastrutture ed ad un’abitazione. Il fenomeno, localizzato nei pressi del centro abitato di Luzzi, è caratterizzato da corpi di frana superficiali e da una superficie di scorrimento posta a maggiore profondità. La ricerca è stata condotta in campagna utilizzando le stesse metodologie adottate per lo studio geomorfologico nel bacino del F. Mucone. Sono state così elaborate cinque Carte di attività (in un intervallo compreso tra il 1955 ed oggi) ed una del weathering. Inoltre, sono stati integrati i dati derivanti da indagini in laboratorio ed in sito eseguite in passato (quali sondaggi stratigrafici, letture inclinometriche e piezometriche) con i dati ottenuti da prove effettuate nel corso di questo lavoro. Dall’esame stereoscopico condotto sui due bacini risulta che, in un intervallo temporale compreso tra il 1955 ed il 1996, essi mostrano tendenze geomorfologiche differenti. Nel 1955 entrambi i siti sono caratterizzati dalla presenza di numerosi fenomeni d’instabilità. Dal 1979 in poi si registrano un’evidente diminuzione delle aree di dissesto attive ed una complessiva tendenza della maggior parte delle frane alla quiescenza nel bacino del F. Mucone ed un incremento delle aree instabili nel bacino del T. Ilice. Oltre ai settori riconosciuti in forte dissesto, alcune zone dei due bacini rimangono ancora oggi in una condizione d’instabilità “potenziale” dovuta al contesto tettonico, all’assetto geologico, alla topografia ed al regime climatico. Questi fattori predispongono le formazioni cristalline ad intensi fenomeni di weathering, sviluppando profondi profili d’alterazione che spesso si differenziano da un versante ad un altro della stessa area di studio. Ciò è tanto più evidente quando esiste una netta differenza di esposizione dei versanti, come nella valle del F. Mucone, i cui pendii sono esposti prevalentemente a sud o a nord. In questo caso, l’esposizione ha favorito l’accelerazione dei processi di weathering sul versante esposto a sud, sul quale si rilevano soprattutto terreni saprolitici, residuali e colluviali. Infatti, i più attivi ed importanti fenomeni gravitativi (scorrimenti, sacküng, colate detritiche) ed i processi di erosione s.l. sono concentrati particolarmente su questo versante. Anche nel caso del bacino del T. Ilice si registrano diffusi fenomeni di dissesto sul versante esposto a sud. In questo bacino, però, la frana che ha creato maggiori danni negli ultimi decenni è localizzata soprattutto nel settore centrale dell’area (località Santo Miele) in cui affiorano, anche a notevoli profondità, le classi di alterazione maggiormente degradate. Tutto ciò dimostra che, benché la topografia e l’esposizione regolino i meccanismi d’alterazione, la tipologia e l’entità dei fenomeni di dissesto dipendono soprattutto dalla complessità del profilo di weathering. Infatti, l’alternanza irregolare delle classi di alterazione, con rilevanti anisotropie ed eterogeneità strutturali e granulometriche, influenza la circolazione idrica sotterranea e, di riflesso, la franosità. Ad esempio, nel caso dell’Ilice la principale causa predisponente nell’innesco della frana di Santo Miele sembra essere un livello di VI classe, avente matrice arenitico-pelitica, all’interno della V classe. Nel complesso, nei due bacini sono individuabili due tipologie principali di dissesti: fenomeni d’instabilità superficiali nelle classi V e VI (colate detritiche, scorrimenti, scorrimenti evolventi in colata, erosione) e crolli, scorrimenti, lungo superfici di discontinuità preesistenti all’interno delle classi III e IV. I primi, come già segnalato in passato, si attivano senza segni premonitori e, mostrando un carattere intermittente, conferiscono al sito un’alta pericolosità. L’intensità del weathering è strettamente controllata, come è noto, oltre che dal clima e dalla topografia, anche dalla neotettonica che, mediante sforzi diacroni, ha contribuito a generare più sistemi di fratturazione. La tettonica svolge, quindi, un ruolo molto importante nell’evoluzione morfologica di questi bacini poiché controlla nel complesso la genesi delle diverse morfologie presenti. Infatti, il reticolo idrografico che si sviluppa nelle due aree di studio si imposta lungo i piani di faglia principali e l’alveo della valle principale è incassato e stretto con impluvi minori in approfondimento. Solo nella porzione centrale del bacino del F. Mucone si osserva un alveo a canali intrecciati che ritorna, verso valle, nuovamente unicorsale. Queste discontinuità nel profilo longitudinale del corso d’acqua potrebbero essere dovute alla presenza di faglie che alterano profondamente i processi di erosione-sedimentazione. L’apporto di detrito in alveo è strettamente dipendente dai “tempi di ricarica” degli spessori alterati nelle aree-sorgente, dalla granulometria dei terreni coinvolti e dalle precipitazioni che fungono da evento scatenante. Alla luce di ciò le considerazioni derivanti dallo studio delle conoidi del medio F. Mucone sono diverse. Si potrebbe ipotizzare che le conoidi esposte a sud sono il risultato di processi gravitativi e di dilavamento mentre quelle esposte a nord si sono accresciute prevalentemente mediante fenomeni gravitativi. La differenza di facies nello stesso corpo deposizionale e tra quelli posti alla base dei due versanti dipende dalla presenza dei livelli idrofobici (Cannon, 2000) nei bacini a monte. Si è visto che la presenza, anche se discontinua, di tali strati influenza soprattutto l’innesco di processi erosionali in rocce completamente alterate ed in terreni residuali. Sul versante esposto a sud, colpito periodicamente da incendi, si verificano sia fenomeni gravitativi (colate detritiche) che processi di erosione. Al contrario, sul versante esposto a nord, non soggetto ad incendi, si hanno solo fenomeni gravitativi. La valutazione della suscettibilità alle frane superficiali eseguita con SINMAP nel bacino del F. Mucone ha confermato che esiste una notevole propensione ai dissesti di tale tipologia. Nella Carta della suscettibilità, che meglio approssima la situazione reale, il 42,7% dell’area ricade nel campo con soglia d’instabilità inferiore. Concludendo, è stato provato ancora una volta che, nel contesto geologico e climatico in questione, il principale fattore predisponente, per l’instabilità di versante, è l’intenso stato di alterazione in cui versano gli gneiss considerati. Inoltre, la complessità dei profili di weathering controlla la tipologia e l’entità dei dissesti. Dal presente studio emerge, poi, il duplice ruolo della dinamica dell’uso del suolo che risulta, nel corso del tempo, fattore sia stabilizzante nei confronti dei fenomeni di dissesto che predisponente ad incendi. In tale ottica, le due principali cause scatenanti, eventi pluviometrici ed incendi, intervengono modellando il territorio in maniera differente.

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