Forte, Fabrizio (2017) La disciplina penale in materia di stupefacenti. [Tesi di dottorato]

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Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: La disciplina penale in materia di stupefacenti
Autori:
AutoreEmail
Forte, Fabriziofabrizioforte84@gmail.com
Data: 10 Aprile 2017
Numero di pagine: 216
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: Giurisprudenza
Dottorato: Sistema penale integrato e processo
Ciclo di dottorato: 28
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Moccia, Sergiosergio.moccia@unina.it
Tutor:
nomeemail
Cavaliere, Antonio[non definito]
Data: 10 Aprile 2017
Numero di pagine: 216
Parole chiave: stupefacenti diritto penale
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 12 - Scienze giuridiche > IUS/17 - Diritto penale
Depositato il: 20 Apr 2017 08:03
Ultima modifica: 14 Mar 2018 14:08
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/11847
DOI: 10.6093/UNINA/FEDOA/11847

Abstract

Il candidato, a partire da una prospettiva “teleologicamente orientata” dai principi del diritto penale dello stato sociale di diritto, quale è quello delineato dalla nostra Carta costituzionale, nonché dalla consapevolezza delle interazioni esistenti tra sistema del diritto penale ed istanze di politica criminale perseguite dal legislatore, analizza la disciplina penale delle condotte aventi ad oggetto sostanze stupefacenti e psicotrope. In particolare, l’elaborato, dopo aver dato conto dell’evoluzione normativa in materia a partire dai primi decenni del secolo scorso – allorquando, cioè, il legislatore nazionale iniziò ad interessarsi del fenomeno della produzione, del traffico e del consumo di sostanze stupefacenti, al fine di regolarlo e, progressivamente, proibirlo tout court, coerentemente con l’opzione proibizionista che si andava affermando al livello di convenzioni internazionali in materia –, si sofferma sull’analisi della disciplina attuale, dettagliatamente ricostruendola (pur nelle insidie che i continui mutamenti legislativi ed i recenti, numerosi interventi della giurisprudenza costituzionale e di legittimità tendono ad una corretta interpretazione ed alla stessa individuazione del dato normativo vigente) e criticandola, alla luce dei summenzionati principi, nonché delle indicazioni provenienti dal diritto di produzione europea (ci si riferisce, in particolare, alla decisione-quadro 2004/757 GAI) ed internazionale. Dall’analisi svolta, emerge infatti, in tutta evidenza, come, anche all’interno di un’opzione di fondo di tipo proibizionista, certe soluzioni normative, marcatamente repressive, adottate dal legislatore italiano – alcune delle quali espunte, com’è noto, dal nostro ordinamento per effetto della recente sentenza n. 32/2014 della Corte costituzionale, sia pure per ragioni ‘formali’ relative al metodo di approvazione dell’ultima (contro)riforma organica in materia – non possono che apparire irrazionali, aporetiche rispetto ai principi costituzionali in materia penale ed, in definitiva, altresì inefficaci sia pure dal mero punto di vista del controllo sociale. Particolare attenzione viene dedicata al ‘problema’ dei beni giuridici asseritamente tutelati dalle fattispecie incriminatrici esaminate, mettendo in risalto la vistosa eccentricità dell’attuale disciplina rispetto ad una teoria costituzionalmente fondata del concetto di bene giuridico e del principio di offensività. La parte finale dell’elaborato, poi, enuclea, in una prospettiva de lege ferenda, gli (eventuali) margini di intervento legittimo del legislatore penale in materia di stupefacenti, attraverso la coordinazione dei principi e limiti a carattere costituzionale, rilevanti direttamente od indirettamente in quest’ambito, con premesse di fatto ed istanze – legittime – di ordine sociale ed individuale. Si tenta, altresì, di avanzare delle prospettive di intervento integrato in materia di droghe, individuando ed analizzando le possibili alternative astrattamente in campo, in un’ottica multiagenziale che tenga conto delle direttive provenienti dalle altre scienze sociali (e prendendo in considerazione, comparatisticamente, anche esperienze di cd. riduzione del danno e di liberalizzazione/legalizzazione di alcune condotte sperimentate da diversi Paesi europei ed extraeuropei) e si conclude nel senso del provato fallimento delle politiche proibizioniste – quantomeno rispetto agli scopi manifesti dichiarati dai loro fautori – risultando di tutta evidenza che alla diffusa percezione, nel senso comune, della loro indispensabilità, non si accompagni in alcun modo un’uguale efficacia delle stesse.

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