Di Vaio, Raffaele (2018) Due architetture “minime” di Luigi Cosenza La Cabina da spiaggia alla VI Triennale di Milano del 1936 e l’Abitacolo del 1971. [Tesi di dottorato]

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Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: Due architetture “minime” di Luigi Cosenza La Cabina da spiaggia alla VI Triennale di Milano del 1936 e l’Abitacolo del 1971
Autori:
AutoreEmail
Di Vaio, Raffaelestudioraffaeledivaio@gmail.com
Data: 30 Novembre 2018
Numero di pagine: 235
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: Architettura
Dottorato: Architettura
Ciclo di dottorato: 31
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Russo, Michelangelorussomic65@gmail.com
Tutor:
nomeemail
Rispoli, Francesco[non definito]
Data: 30 Novembre 2018
Numero di pagine: 235
Parole chiave: Luigi Cosenza Cabina Abitacolo
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 08 - Ingegneria civile e Architettura > ICAR/14 - Composizione architettonica e urbana
Depositato il: 02 Gen 2019 12:37
Ultima modifica: 30 Giu 2020 09:00
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/12666

Abstract

La tesi indaga due architetture “minime” di Luigi Cosenza, apparentemente atipiche all’interno dell’ampio e poliedrico panorama dei suoi campi di interesse e di impegno progettuale, poco investigate ed in molti aspetti ancora inedite, che l’ingegnere napoletano ha progettato a distanza di ben trentacinque anni in due fasi cruciali della sua maturazione culturale e del suo personale percorso di ricerca progettuale: la “Cabina da spiaggia” progettata nel 1936 ed esposta nello stesso anno alla VI Triennale di Milano, e l’avveneristica capsula dell’”Abitacolo” del 1971. Il lavoro di ricerca s’incentra sulla lettura, sull’analisi e sul confronto delle due opere dal punto di vista compositivo-costruttivo, anche attraverso lo strumento del ri-desegno e della ricostruzione grafica, evidenziando la maniera esemplare con cui entrambe esprimono la piena corrispondenza ed integrazione tra principio costruttivo, istanza funzionale, esigenza tecnica di fabbricazione e assemblaggio (montaggio-smontaggio-rimontaggio), intento compositivo e configurazione formale finale. A cui viene affiancata un’analisi storico-critica in cui le due opere sono inquadrate nel preciso contesto storico-culturale in cui sono concepite, costituendo nodi cruciali del percorso formativo e professionale di Cosenza e manifestazioni nitide della sua capacità di leggere ed analizzare lucidamente la propria contemporaneità, riuscendo al contempo a prefigurare concrete ipotesi di scenari futuri. Prima finalità della lettura delle due opere, è quella di ripercorrere il “sentiero mentale” compiuto da Cosenza nella sua ricerca trasversale sul tema dell’abitazione – ma di conseguenza anche su quello più ampio dell’”abitare” – in cui le opere si inquadrano, per analizzarne l’impianto teoretico e la poetica ideativa, e assumerli a pretesto ed occasione per una riflessione più ampia sul fare architettura, e sui processi specifici della progettazione. Dalle analisi condotte emerge quanto la Cabina e l’Abitacolo portano in sé, come dei géni, la codificazione dei principi fondativi e delle categorie primarie sulle quali Luigi Cosenza ha fondato l’intera sua opera, un progetto culturale perseguito con l’estrema coerenza, l’intransigenza e quella lucida determinazione che ne contraddistinguono la personalità. In tal senso esse si presentano come un deliberato manifesto di intenti e possono essere considerata come precise “conclusioni architettoniche” – di cui una, la Cabina, posta alla fine della fase di formazione e l’altra, l’Abitacolo, nella piena maturità – di un insieme di convinzioni maturate nel corso delle sue esperienze, un condensato di temi e di idee di architettura. Il superamento dell’opposizione tra spazio interno ed esterno attraverso la codifica di una sintassi spaziale basata sull’identificazione di sei declinazioni degli spazi architettonici, la capacità di ricorrere ai riferimenti dell’architettura rurale e dei primordi al fine di estrarne i valori immutabili ed incorporarli in modelli di una modernità anche radicale, la scelta di un sistema costruttivo avanzato e basato sulla totale prefabbricazione delle parti costituenti e quindi su una reale industrializzazione dei processi edilizi, sono tutti principi e categorie fondamentali della pratica del progetto di Cosenza estratti da queste due opere attraverso il loro studio e confronto, e che risultano essere contributi ancora attualissimi, oltre che utili antidoti critici e metodologici, alla persistente crisi del progetto di architettura. L’indagine, che partendo dalla Cabina giunge alla proposta dell’Abitacolo – soprattutto in quanto unità minima per la composizione di una nuova idea d’abitazione – consente inoltre di ricostruire la catena di succesivi sviluppi delle proposte sull’alloggio collettivo, fatta di molteplici reiterazioni e perfezionamenti, che porterà Cosenza, agli inizi degli anni Settanta, ad avvicinarsi maggiormente al suo modello ideale di abitazione collettiva. Elaborazione basata sul modello prescelto della casa a corte, un tipo fondamentalmente unico presente in tutto il bacino del Mediterraneo e che, a suo giudizio, è il più adatto a tradurre in costruzione le libere aspirazioni dell’uomo. Modello che però viene scomposto nei suoi elementi costitutivi e ri-composto in una nuova unità spaziale. Risultati fino ad ora ancora poco, se non del tutto, investigati e che rientrano all’interno di un campo di studi più ampio di Cosenza sullo sviluppo dell’edilizia ad alta densità e destinata alla crescita della città, portata avanti sulla base del continuo sforzo di superamento dell’impianto oppressivo, e tanto osteggiato, del falansterio, e tramite la proposta di razionali quanto organici impianti di edifici collettivi in cui poter inglobare la qualità spaziale della domus. Viene poi riconosciuta la validità di queste due opere all’interno di un filone di ricerca più specifico, incentrato sul tema, attualissimo, dell’”abitazione minima” – legata ai principi di mobilità, transitorietà e mutevolezza – inteso sia come tema fondamentale e più ampio di architettura, in cui ritrovare una sorta di identità tra i modelli delle origini (la tenda, la capanna, l’alcova…) e le più avanzate tecniche della produzione edilizia al fine di riportare al centro l’essere umano ed il pieno soddifacimento dei sui bisogni e delle sue aspirazioni, sia come definizione teoretica e comparativa del problema dell’allogio in risposta ai nuovi pressanti fenomeni sociali, come le migrazioni che diventano strumenti di autoregolamentazione sociale, ed i nuovi nomadismi che interessano non solo le poloplazioni disagiate ma anche nuove categorie sociali del modo, e quindi sia i paesi più avanzati che quelli in via di sviluppo. Tema che necessita di essere intrapreso ed impostato come questione concreta di architettura già per i tempi di oggi, così come per il prossimo futuro, e orientato alla realizzabilità e alla reale operatività delle proposte. Proposte di “abitazioni minime” da intendersi pertanto come occasione di ricerca per nuove forme e modi di abitare legati a sopraggiunti e perentori bisogni sociali, svincolati dalla matrice di instabilità, precarietà e rapidità di usura che ancora investono le architetture temporanee, perché risolte in strutture, che pur assumendo la mutevolezza ed e la mobilità come punti di forza concettuale, siano dotate di stabilità architettonica ed urbana.

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