Clarelli, Maria (2008) Architettura contemporanea in contesti storici italiani. Dalla centralità del dibattito sulle preesistenze ambientali alle esperienze attuali. [Tesi di dottorato] (Inedito)

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Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: Architettura contemporanea in contesti storici italiani. Dalla centralità del dibattito sulle preesistenze ambientali alle esperienze attuali
Autori:
AutoreEmail
Clarelli, Maria[non definito]
Data: 28 Novembre 2008
Numero di pagine: 430
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: Storia dell'architettura e restauro
Dottorato: Conservazione dei beni architettonici
Ciclo di dottorato: 20
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Casiello, Stella[non definito]
Tutor:
nomeemail
Dezzi Bardeschi, Marco[non definito]
Villari, Sergio[non definito]
Data: 28 Novembre 2008
Numero di pagine: 430
Parole chiave: Antico-Nuovo nei contesti storici
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 08 - Ingegneria civile e Architettura > ICAR/19 - Restauro
Depositato il: 10 Nov 2009 14:13
Ultima modifica: 27 Nov 2014 11:20
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/3206
DOI: 10.6092/UNINA/FEDOA/3206

Abstract

La ricerca è finalizzata a inquadrare gli aspetti più significativi della questione “Città antiche, edilizia nuova” in Italia, attraverso la disamina del dibattito teorico e delle prassi architettoniche a partire dal’ultimo dopoguerra. Spostare nell’attualità i temi dibattuti nel complesso periodo della ricostruzione significa interrogare in modo insolito e volutamente artificiale i mutamenti in atto della scena contemporanea. Se il nucleo centrale della riflessione che ha dato luogo a tale dicotomia rifletteva una coscienza storicamente determinata della distanza tra presente e passato, è necessario domandarsi quale significato debba essere conferito oggi ai termini della questione per verificare se abbiano ancora un senso nel mutato orizzonte della nostra cultura, e per individuare quale possa essere il sistema di riferimento per un punto di vista attuale, sebbene parziale e relativo. L’obiettivo pertanto è stato quello di investigare da un lato i presupposti teorici che hanno animato tale dibattito, dall’altro di analizzare le forme attraverso cui oggi, in architettura, si esprime il rapporto tra tradizione e innovazione. Le conclusioni della tesi tendono a evidenziare quanto sia imprescindibile per il nostro Paese, forse più che per altri, il processo di integrazione del nuovo nei contesti storico-artistici urbani, ponendo l’accento sulla fusione e sulla necessità di interventi che riescano ad associare nuovi linguaggi formali e nuove tecnologie, al passo coi tempi e ad integrazione di una già tanto ricca stratificazione artistica e tecnica. Al fine di collegare i diversi percorsi di riflessione legati al tema, la ricerca si è articolata in tre parti. Nel primo capitolo sono stati chiariti i concetti chiave intorno ai quali si è sviluppato il dibattito sull’incontro antico-nuovo a partire dal dopoguerra fino agli inizi degli anni ’70. Lo scopo di tale indagine non sta certamente nel voler esaurire nella brevità della sua trattazione la complessità dell’argomento, quanto piuttosto di rintracciare le radici culturali del dibattito antico-nuovo, evidenziando come le argomentazioni di allora non esaurirono il nodo teorico né contribuirono a risolverlo, bensì solo a spostarlo o a rimandarlo. Pur riconoscendone una forte vivacità culturale, nel dibattito del dopoguerra non sempre furono adeguatamente considerati i temi di connessione fra nuovi edifici e struttura urbana antica, a vantaggio invece di teorie risolte spesso in termini solo estetici e formali. Nel secondo capitolo sono state inquadrate alcune questioni specifiche del rapporto tra tradizione e modernità, attraverso la narrazione di interventi all’interno dei centri storici italiani maggiormente rappresentativi del patrimonio artistico nazionale. In particolare, è stata affrontata la relazione concettuale tra memoria storica e futuro della memoria stessa, per poi concentrare l’attenzione sulle necessità intrinseche alla progettazione e dell’impossibilità di definire modalità uniche d’intervento. Questi temi inevitabilmente conducono a riflettere sulle esigenze di rinnovamento della città, intesa come il risultato di una sequenza di contrasti e trasformazioni, costituita da un insieme di elementi già storicizzati e da altri dichiaratamente moderni. Da qui la volontà di ricondurre il rapporto con la città storica all’interno della progettazione, dove la questione non è più posta solo dal punto di vista della relazione tra vecchio e nuovo, ma della necessaria modificazione che si produce con ogni intervento d’architettura. Da questa analisi è emersa anche una sostanziale incertezza. Quando si affronta l’argomento dell’incontro tra architettura contemporanea e centri storici, infatti, sembra che la dialettica conservazione-innovazione implichi esclusivamente la difesa dell’antico minacciato dall’invadenza del nuovo. Questo è senza dubbio un polo saliente della questione. Ma ve n’è anche un secondo, che spesso viene trascurato: l’affermazione dei valori architettonici contemporanei insidiati da pregiudizi culturali e difficoltà amministrative locali. La storia dei progetti negati o stravolti dalle Soprintendenze, a favore talvolta di falsi ambientati, dimostra ancora una volta come la difficoltà maggiore non sia tanto quella di costruire all’interno dei centri storici ma di adeguarsi alle regole proprie di quegli organi istituzionali. Nel terzo capitolo, infine, l’attenzione si è concentrata su interventi specifici realizzati negli ultimi venticinque anni nelle sette maggiori città d’arte italiane: Venezia, Milano, Torino, Genova, Firenze, Roma e Napoli. Mentre il dibattito approfondisce temi che poco influenzano la prassi quotidiana, si assiste alla sostituzione del patrimonio storico con architetture assai spesso prive di qualità. I progetti presi in esame, realizzati o in fase di realizzazione, si propongono come terreno di verifica per gli sviluppi concreti del dibattito sull’inserimento del nuovo nell’antico, e consentono di verificare quale qualità producono (se la producono). Tale panoramica consente inoltre di notare le difficoltà di un approccio interpretativo comune che giunga a leggere l’organismo architettonico nella sua dimensione urbana a prescindere dalla coscienza del progettista. Simili riflessioni portano a concludere che un esito coerente del dibattito sarebbe quello di riportare l’architettura a una sua dimensione etica, allontanandola e liberandola dai moralismi che l’hanno contaminata nel corso del Novecento. Meditando sulle riflessioni di Jacques Deridda, potrei dire che forse l’unica soluzione alla questione del rapporto antico/nuovo, possa essere ritrovata solo nella volontà di Maintenant l’architecture. Non nel senso di ora, o di oggi, come precisa il filosofo francese, ma inteso nella sua forma riflessiva di se maintenir, nel senso di andare avanti, progredire verso un “discorso amoroso” tra Antico e Nuovo, coscienti che la storia deve muovere dalla consapevolezza che la vita è in continuo movimento.

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