Poppiti, Raffaela (2011) Parto pretermine nelle gravidanze complicate: nuove strategie diagnostiche e terapeutiche. [Tesi di dottorato] (Inedito)

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Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: Parto pretermine nelle gravidanze complicate: nuove strategie diagnostiche e terapeutiche
Autori:
AutoreEmail
Poppiti, Raffaelar.poppiti@tiscali.it
Data: 30 Novembre 2011
Numero di pagine: 105
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: Pediatria
Scuola di dottorato: Medicina clinica e sperimentale
Dottorato: Riproduzione, sviluppo ed accrescimento dell'uomo
Ciclo di dottorato: 24
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Pignata, Claudio[non definito]
Tutor:
nomeemail
Locci, Mariavittoria[non definito]
Data: 30 Novembre 2011
Numero di pagine: 105
Parole chiave: parto pretermine, gravidanza gemellare
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 06 - Scienze mediche > MED/40 - Ginecologia e ostetricia
Depositato il: 07 Dic 2011 11:34
Ultima modifica: 30 Apr 2014 19:48
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/8796
DOI: 10.6092/UNINA/FEDOA/8796

Abstract

Parto pretermine nelle gravidanze complicate: nuove strategie diagnostiche e terapeutiche. Il parto pretermine rappresenta una complicanza ostetrica di rilevante entità, interessando il 5-10% delle gravidanze. E’ considerato ormai la principale causa di morbilità e mortalità perinatale e neonatale nei paesi sviluppati, contribuendo al 50-70 % di tutte le morti neonatali. Nelle gravidanze singole, la percentuale di parto prima della 32° settimana è dell’1-2% mentre è pari al 5-10% nelle gravidanze gemellari. E’ evidente che, considerata l’ampiezza del fenomeno, strategie di prevenzione del parto pretermine diventino sempre più fondamentali. Tuttavia, malgrado il notevole interesse prestato dai ricercatori negli ultimi decenni, non si è ottenuta una riduzione sensibile dell’incidenza del parto pretermine, probabilmente a causa dell’ampia disomogeneità nei comportamenti preventivi, nei protocolli terapeutici e nella individuazione e valutazione dei fattori di rischio. L’impiego dell’ecografia per lo studio della biometria e della dinamica della cervice uterina durante la gravidanza è diventata, nell’ultima decade, un importante aiuto nel controllo ostetrico prenatale per l’identificazione delle pazienti ad alto rischio di parto pretermine. In tal senso, un ruolo cruciale sembra essere svolto dalla misurazione ecografia transvaginale della lunghezza cervicale durante il secondo trimestre di gravidanza. Le linee di ricerca seguite sono state tre. 1) Atosiban versus cerchiaggio cervicale nelle pazienti con gravidanza gemellare a rischio di parto pretermine. Nostra esperienza. Nell’ambito di questo studio è stato affrontata la problematica del parto pretermine nelle gravidanze gemellari confrontando l’approccio terapeutico chirurgico con quello non chirurgico. L’obiettivo è stato valutare l’efficacia, in termini di epoca gestazionale al parto, della terapia con Atosiban, antagonista recettoriale dell’ossitocina, rispetto al cerchiaggio cervicale preventivo, nelle gravidanze gemellari a rischio di parto pretermine. Una lunghezza cervicale < 25mm è stata l’indicazione al trattamento, in quanto considerata a rischio di parto pretermine. I risultati dello studio hanno dimostrato come il trattamento con Atosiban nelle gravidanze gemellari a rischio di parto pre-termine sia da preferire al cerchiaggio preventivo. Tale dato è verosimilmente riconducibile al meccanismo d’azione del farmaco, il quale oltre ad antagonizzare l’azione dell’ossitocina, agisce indirettamente anche sul rilascio delle prostaglandine, intervenendo, quindi anche sui meccanismi biochimici che concorrono al fenomeno del ripening cervicale. Di contro, il cerchiaggio cervicale svolge esclusivamente un’azione meccanica, il cui utilizzo, non è stato validato da studi clinici randomizzati controllati. 2) Ripetizione del trattamento con Atosiban nelle gravidanze gemellari. Nostra esperienza. La percentuale di parto pretermine è dell’1-2% nelle gravidanze singole mentre è pari al 5-10% nelle gravidanze gemellari. La valutazione della lunghezza cervicale con ecografia transvaginale identifica con buona sensibilità le pazienti a rischio. L’atosiban rappresenta il tocolitico di prima scelta, in quanto dotato di minori effetti collaterali rispetto agli altri tocolitici, in particolare in tali gravidanze, non aumenta il rischio di edema polmonare. Nelle gravidanze gemellari non sempre un singolo trattamento con atosiban è efficace. Scopo dello studio è stato, valutare l’effetto di una sua ripetizione nelle gravidanze gemellari con persistente rischio. Nelle gravidanze gemellari è ipotizzabile un maggior rilascio di ossitocina o una maggiore espressione dei suoi recettori tale da superare l’azione antagonista del farmaco, che non risulterebbe efficace se somministrato alla dose standard. I risultati dello studio dimostrano come il monitoraggio della lunghezza cervicale e l’eventuale ripetizione del trattamento con Atosiban nelle gravidanze gemellari a rischio di parto pretermine prolunghi la durata della gravidanza. 3. Parto pretermine e patologie autoimmuni. Nostra esperienza. Le malattie autoimmuni sono 5 volte più frequenti nelle donne, raggiungono un picco di incidenza nella vita riproduttiva. Le gravide affette da tali patologie sono ad elevato rischio di complicanze. In questo studio è stata valutata la percentuale di alta positività degli ANA in pazienti con minaccia di parto pretermine con e senza pPROM. Vari studi in letteratura hanno dimostrato come il parto pretermine è più frequente nelle donne affette da malattie autoimmuni rispetto ai controlli (12% rispetto a 4%) e come la rottura prematura delle membrane sia più frequente in tali gravidanze, verificandosi nel 39% dei casi rispetto al 2-5% della popolazione generale. Gli ANA sono presenti nel 98% dei casi di patologia autoimmune, il test di immunofluorescenza per gli ANA è usato come test di screening alla valutazione iniziale di un paziente con sospetta patologia autoimmune. Tale studio mostra come nelle pazienti ANA positive ci sia una maggiore incidenza di pPROM. Probabilmente i fattori coinvolti sono legati allo stato infiammatorio cronico determinato dalla patologia autoimmune di base che agirebbe sia sulla componente connettivale delle membrane amniotiche indebolendone la struttura, sia attraverso un aumento delle citochine proinfiammatorie locali di cui è nota l’ezipatogenesi nel parto pretermine. Uno screening autoimmune nelle pazienti con minaccia di parto pretermine e pPROM potrebbe essere consigliato.

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