D'Anello, Antonio (2013) LA RILEVANZA DEGLI ATTI PREPARATORI IN MATERIA PENALE. [Tesi di dottorato]

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Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: LA RILEVANZA DEGLI ATTI PREPARATORI IN MATERIA PENALE
Autori:
AutoreEmail
D'Anello, Antonioantoniodanello@hotmail.com
Data: 2 Aprile 2013
Numero di pagine: 289
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: Giurisprudenza
Scuola di dottorato: Scienze giuridico-economiche
Dottorato: Sistema penale integrato e processo
Ciclo di dottorato: 25
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Moccia, Sergio[non definito]
Tutor:
nomeemail
Cavaliere, Antonio[non definito]
Data: 2 Aprile 2013
Numero di pagine: 289
Parole chiave: Atti Preparatori
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 12 - Scienze giuridiche > IUS/17 - Diritto penale
Aree tematiche (7° programma Quadro): SICUREZZA > Sicurezza dei cittadini
Depositato il: 10 Apr 2013 10:20
Ultima modifica: 17 Mag 2016 01:00
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/9398

Abstract

“ la rilevanza degli atti preparatori in materia penale” La criminalizzazione degli atti preparatori in diritto penale costituisce ancora oggi uno dei temi più controversi che legislatore, dottrina e giurisprudenza sono tenuti ad affrontare. Si tratta di un problema tra i più dibattuti del diritto penale che ha portato i giuristi quasi alla disperazione che, non a caso, ha indotto Autorevole dottrina a parlare di un problema insolubile, paragonandolo addirittura alla quadratura del cerchio. Una corretta impostazione dell’analisi della tematica impone un sforzo sistematico preliminare. Occorre, cioè, stabilire quali siano le tecniche, o meglio gli istituti di cui il legislatore nel tempo si è avvalso per anticipare l’intervento penale al punto da consentire la criminalizzazione di atti preparatori. La lettura congiunta dell’attuale disciplina codicistica e della normativa complementare consente di affermare che le tecniche di tipizzazione sono essenzialmente due . La prima consiste nella previsione di un limite di rilevanza generale degli atti valido per l’intero sistema penale, attraverso il ricorso ad un istituto di parte generale, il tentativo. Quest’ultimo, come noto, svolge una funzione estensiva della tipicità attraverso un processo di sintesi con qualsiasi reato di parte speciale. La seconda è una tecnica di natura casistica. Si creano singole fattispecie di parte speciale attraverso le quali si criminalizzano atti prodromici rispetto alla realizzazione di ulteriori ipotesi delittuose. In tali casi, cioè, si procede ad una anticipazione dell’intervento ulteriore rispetto a quello già previsto dalla generale disciplina del tentativo, intervento la cui legittimazione sul piano formale risiede proprio nella creazione di una normativa ad hoc. Gli strumenti giuridici di parte speciale utilizzati per ottenere il risultato della anticipazione dell’intervento penale sono tra loro eterogenei. Si passa dalla previsione di fattispecie di attentato, ad ipotesi di reati di pericolo astratto, presunto o concreto, al ricorso a fattispecie associative e reati di opinione ed, ancora, alla criminalizzazione di forme di cospirazione, di mera istigazione o apologia. La fitta rete di strumenti giuridici a disposizione del Legislatore alimenta così la già forte capacità repressiva di cui di per sé è dotato il diritto penale e lascia trasparire non poche perplessità circa la compatibilità di tale sistema di anticipazione dell’intervento penale con i valori costituzionali in materia, anche a causa delle forti oscillazioni che si registrano in sede applicativa. Occorre, pertanto, valutare se la tensione tra l’essere – proprio della normativa penalistica - ed il dover essere – valori contenuti nelle norme costituzionali - è tuttora compatibile con l’intera impalcatura ordinamentale o se è tale da comportare una insanabile rottura con i principi e le garanzie proprie dello stato sociale di diritto. Le difficoltà della tematica suggeriscono, pertanto, di partire da una indagine storica degli istituti in precedenza richiamati. Prendere le mosse dalla normativa meno recente, attraverso un percorso di analisi delle tecniche normative nel tempo utilizzate per reprimere gli atti preparatori, consente di esaminare a fondo le scelte politico-criminale che connotano la materia, e di enucleare validi spunti per un’opera di sistematizzazione degli elementi strutturali degli istituti giuridici utilizzati al fine di garantire forme di criminalizzazioni degli atti preparatori. La prima parte di questo lavoro è stata, di conseguenza, dedicata alla ricostruzione storica delle vicende che si ricollegano alla tematica della anticipazione dell’intervento in materia penale. Nel corso del primo capitolo, difatti, è stato analizzato lo sviluppo dell’istituto del delitto tentato durante il secolo XIX. Particolare attenzione è stata dedicata ai contributi della dottrina italiana e tedesca che hanno individuato con sempre maggiore precisione i requisiti strutturali del delitto tentato. Si tratta di elementi come la idoneità, univocità, messa in opera dei mezzi elaborati già durante il primo decennio dell’ottocento che hanno condizionato in maniera definitiva il successivo sviluppo della scienza penalistica in materia. E’ stato altresì analizzato il dibattito tra teorie oggettivistiche e soggettivistiche del delitto tentato che, come noto, ha influenzato la ricostruzione del c.d. tentativo inidoneo, divenuto vero e proprio terreno di scontro tra le due diverse impostazioni. Nessun dubbio sussiste ( salvo qualche rarissima eccezione ) circa la legittimità della criminalizzazione di atti preparatori attraverso la previsione di singole fattispecie di parte speciale. Sul punto, emblematico appare il contributo di Francesco Carrara il quale nell’affrontare la criminalità politica individua nella cospirazione uno strumento valido per garantire una reale tutela dello stato. Nel corso del secondo capitolo è stata analizzata la struttura del delitto tentato così come disciplinato ai sensi dell’art. 56 c.p. Peculiare attenzione è stata riservata alla individuazione del momento iniziale di punibilità delle condotte per il delitto tentato, tema che dal 1810 in poi risulta strettamente legato alla classificazione atti preparatori-atti esecutivi. L’analisi dei criteri elaborati per qualificare la reale natura dell’atto posto in essere è stata affrontata sotto un duplice punto di vista. Dapprima, sotto il profilo di teoria generale del reato ed, in un secondo momento, sotto il profilo della teoria della interpretazione. La valutazione dei requisiti strutturali del delitto tentato, in particolare il giudizio di idoneità e di univocità, è stata l’oggetto della seconda parte del capitolo secondo. Il capitolo terzo del lavoro, infine, è completamente dedicato ad un approfondito esame delle fattispecie di parte speciale che criminalizzano gli atti preparatori. Si tratta di forme di anticipazione dell’intervento penale che creano una forte tensione con i principi del diritto penale ‘classico’ e, di conseguenza, con vari principi costituzionali in materia penale. Tre sono state le problematiche fondamentali affrontate nel corso di quest’ultimo capitolo. La prima questione concerne la definizione di atto preparatorio valida per tutte le ipotesi di criminalizzazione di attività prodromiche. In un secondo momento si è proceduto ad effettuare la ricognizione delle principali fattispecie di parte speciale che consentono marcate forme di anticipazione dell’intervento penale. Tra esse spiccano i delitti di attentato, di apologia, di istigazione, di cospirazione, di associazione per delinquere, i reati di sospetto e/o di pericolo indiretto. Infine, dopo aver evidenziato il forte squilibrio tra elemento oggettivo e soggettivo che caratterizza la struttura di siffatte ipotesi delittuose, si è analizzato il rapporto tra il ‘fenomeno’ della criminalizzazione degli atti preparatori ed i principi costituzionali in materia penale con particolare riguardo alla disciplina del terrorismo e della eversione.

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