Vatrella, Sandra (2013) Coercizione e trattamento. Il cammino da Poggioreale a Secondigliano, tra detenuti stranieri. [Tesi di dottorato]

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Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: Coercizione e trattamento. Il cammino da Poggioreale a Secondigliano, tra detenuti stranieri
Autori:
AutoreEmail
Vatrella, Sandrasandra.vatrella@unina.it
Data: 2 Aprile 2013
Numero di pagine: 234
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: Sociologia
Scuola di dottorato: Scienze sociali
Dottorato: Sociologia e ricerca sociale
Ciclo di dottorato: 25
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Morlicchio, Enricaenmorlic@unina.it
Tutor:
nomeemail
Gambardella, Doradogambar@unina.it
Data: 2 Aprile 2013
Numero di pagine: 234
Parole chiave: coercizione; trattamento; controllo sociale; prigionizzazione; istituzione totale; carcere; immigrazione
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 14 - Scienze politiche e sociali > SPS/07 - Sociologia generale
Aree tematiche (7° programma Quadro): SCIENZE SOCIOECONOMICHE E UMANISTICHE > Orientamenti nella società e relative implicazioni
Depositato il: 10 Apr 2013 10:32
Ultima modifica: 06 Giu 2016 01:00
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/9507

Abstract

La tesi di dottorato è stata sviluppata nell’arco di un triennio durante il quale 21 mesi sono stati dedicati ad una ricerca empirica condotta col metodo etnografico (Cardano 1997; 2011) in due istituti penitenziari: la Casa Circondariale (CC) di Poggioreale e la Casa di Reclusione (CR) di Secondigliano. Nella corposa base empirica confluiscono: 34 interviste; materiale prodotto a scopi interni dagli Istituti in esame e note etnografiche. Queste ultime sono state redatte nel corso di 6 mesi di osservazione focalizzata condotta presso le scuole elementari e medie di Poggioreale; il corso di lingua italiana per stranieri presso la CR di Secondigliano; il corso di formazione per volontari nelle carceri, organizzato dal Centro Diocesano di Pastorale Penitenziaria di Napoli; 2 giornate di shadowing realizzate al fianco di un’educatrice della CR di Secondigliano. Il focus della ricerca è consistito nell’analisi dei meccanismi di controllo sociale quotidianamente messi in atto dall’istituzione penitenziaria nei confronti di detenuti stranieri. Le domande sociologiche alle quali si è risposto sono relative alle modalità con le quali i fattori universali di prigionizzazione (Clemmer 1941 et al.) agiscono sulle componenti allogene (Gennaro 2012); e, di conseguenza, al modo in cui si combinano coercizione (Etzioni 1967) e trattamento nei meccanismi di controllo sociale dell’istituzione totale - carcere (Goffman 1961; Foucault 1975). Sul piano dei risultati conseguiti, l’impiego del metodo etnografico si è rivelato euristicamente valido per l’accesso e l’analisi di un campo, il carcere, che mette quotidianamente in predicato la possibilità stessa di fare ricerca ed esige l’incessante rinegoziazione della propria presenza. La circolarità, il costante rinvio tra riflessioni metodologiche e teoriche e l’inverarsi delle une nelle altre hanno permesso la specificazione delle domande cognitive e la qualificazione della linea teorica e interpretativa emergente. Si è riusciti, inoltre, a rispondere alle due domande di fondo della tesi, proponendo una ridefinizione del concetto di prigionizzazione (Clemmer 1941 et. al.). Ebbene, al fine di rintracciare categorie che riuscissero a raggiungere il cuore dei meccanismi in cui si sostanziano i fattori di prigionizzazione ci si è rivolti al pensiero di Goffman (1959; 1961; 1974) e in particolare alla riflessione sugli “adattamenti”. Integrando l’analisi di Clemmer e le riflessioni di Goffman (1961) si è pervenuti ad una classificazione del processo di prigionizzazione in quattro tappe: la vicenda predetentiva; l’ingresso in carcere; il processo di stabilizzazione e le prospettive di uscita. In particolare, quanto alla fase di stabilizzazione, essa confluisce in tre diversi tipi di adattamento, situati lungo un continuum ai cui estremi si collocano la detenzione e la prigionizzazione. Queste due dimensioni sono connesse da una “terza via”, la resilienza, che si dispiega dilatandosi in entrambe le direzioni. La valutazione del peso relativo di ciascuna fase e la combinazione sui generis dei segmenti nel testo hanno, poi, consentito di aggregare le storie raccolte in tre idealtipi, rispettivamente denominati: il Cocito, la Pira di Er e il Lete. Questa ‘tipizzazione’ alla quale si è pervenuti in virtù di uno specifico modo di interrogare il campo, ossia tramite l’acquisizione di uno schema comparativo che ha permesso di pensare i due istituti stessi come gli estremi di un continuum ideale, permette altresì di seguire il percorso che conduce dal primo impatto con la dimensione detentiva fino all’istituzionalizzazione del detenuto; quando divenuto membro “normale” e “programmato” (Goffman 1961), il prigioniero si fa persona assoggettata secondo i meccanismi di disciplinamento indicati da Foucault (1975). La ricerca sul campo ha reso possibile anche comprendere la relazione complessa tra trattamento e coercizione, rivelando come il primo sia una forma di controllo sociale di cui, però, i detenuti possono appropriarsi, almeno in parte, tramite pratiche ed adattamenti propri di uno dei tre gruppi individuati. Di qui la tesi mostra nella parte finale l’ambivalenza semantica del trattamento, il diverso uso che di esso possono fare i detenuti, nonché i possibili esiti della prigionizzazione anche quando essa pare pienamente compiuta. In linea con quanto notano Foucault (1970; 1975; 1978), Bauman (2001) e coloro che, in tempi più recenti si sono occupati di coercizione sociale (Melossi 2002; Santoro 2004; et al.), il carcere modifica, in parte, il suo tradizionale ruolo di strumento di disciplina e si erge a perno di politiche selettive che fanno dei detenuti stranieri non soggetti da includere, ma da respingere, controllandoli a distanza.

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